Bruxelles – Una leggera boccata d’aria per il mercato del lavoro. Alleggerire le restrizioni per il contenimento della diffusione del coronavirus nel terzo trimestre del 2020 ha permesso alla maggior parte dei 27 Stati membri dell’UE una breve ripresa dell’occupazione. Lo dice l’Eurostat rispetto ai dati sul mercato del lavoro relativi al periodo luglio-settembre 2020.
L’avvento della stagione estiva, ha permesso il ritorno al lavoro di molte delle persone che durante i primi mesi della pandemia erano state impossibilitate a lavorare in virtù delle restrizioni esistenti in tutta Europa e ha stimolato inoltre la ricerca attiva del lavoro per chi invece è stato colpito dalla perdita del proprio impiego. Queste sarebbero le ragioni per cui nell’UE, sostiene Eurostat, i tassi di occupazione e i tassi di disoccupazione hanno assistito a un rialzo nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti.
In effetti il tasso di occupazione (il rapporto tra gli occupati e la popolazione in età lavorativa) tra luglio e settembre si è attestato a una media del 72,4 per cento, una percentuale superiore di tre decimi rispetto al dato del secondo trimestre del 2020 (ma comunque inferiore dello 0,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019). In alcuni Paesi, come l’Austria, la Bulgaria e la Grecia l’occupazione è aumentata mediamente dell’un per cento rispetto al periodo aprile-giugno.
La tendenza alla crescita ha riguardato purtroppo anche il tasso di disoccupazione (la percentuale di persone che non hanno un lavoro ma che lo stanno cercando). L’accresciuta ricerca da parte di persone rimaste prive di impiego ha contribuito ad aumentare il tasso di disoccupazione nell’UE dal 6,7 per cento al 7,3 per cento. Il fenomeno, contrariamente a quanto si potrebbe pensare nell’osservare in maniera isolata questo indicatore, è stata favorito dalla minore stasi nel mercato del lavoro registrata durante il terzo trimestre. Si è ridotto infatti il numero di persone che avevano smesso di cercare lavoro rispetto ai primi mesi della pandemia.
L’indicatore di stasi del mercato del lavoro, che somma i disoccupati, i lavoratori costretti a lavorare part-time e coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano (i cosiddetti “Neet”), ha registrato una leggera flessione tra luglio e settembre, passando dal 14,1 per cento del secondo trimestre al 13,9 per cento del terzo (una percentuale comunque lontana dal 12,6 per cento dello stesso periodo del 2019).
Con una riduzione dell’1,7 per cento l’Italia è lo Stato membro che ha fatto registrare il miglioramento più significativo nell’UE, malgrado il suo 22 per cento contribuisca a peggiorare la media europea. In altri Paesi, invece, il dato sull’immobilismo del mercato del lavoro è persino peggiorato, nonostante l’allentamento delle misure di contenimento: in Estonia il tasso è aumentato dell’1,2 per cento, in Francia e Portogallo dell’1 per cento.
Senza dubbio luglio, agosto e settembre sono stati per molti europei i mesi del ritorno al lavoro. Rispetto al secondo trimestre 2020 i lavoratori greci hanno lavorato il 33 per cento delle ore in più nel terzo trimestre, e percentuali simili si sono registrate anche in Italia, Spagna e Grecia. Negativa la variazione in Svezia, dove le misure di contenimento durante il “primo lockdown” sono state pressoché inesistenti.