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Home » Politica » Migranti, Parlamento UE si spacca su diritti alle frontiere: le sinistre contro Frontex, popolari e destre per chiusura ermetica

Migranti, Parlamento UE si spacca su diritti alle frontiere: le sinistre contro Frontex, popolari e destre per chiusura ermetica

Dopo la crisi umanitaria in Bosnia, Commissione e Consiglio riportano agli eurodeputati che "la situazione è ancora preoccupante". Scontro su pushback dalla Croazia, ruolo dell'agenzia e Patto per la migrazione

Federico Baccini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@federicobaccini" target="_blank">@federicobaccini</a> di Federico Baccini @federicobaccini
19 Gennaio 2021
in Politica

Bruxelles – È scontro totale al Parlamento Europeo sulla questione dei diritti umani alle frontiere dell’Unione. La relazione della commissaria UE per gli Affari interni, Ylva Johansson, e della segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei (a nome della presidenza di turno portoghese del Consiglio), Ana Paula Zacarias, ha suscitato un ampio dibattito nell’emiciclo non solo sulla crisi umanitaria in Bosnia, ma soprattutto sulla gestione della politica migratoria dell’UE e sull’operato dell’agenzia europea Frontex.

La segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei, Ana Paula Zacarias (19 gennaio 2021)

“Con l’impatto della pandemia Covid-19 la situazione umanitaria alle nostre frontiere esterne è peggiorata”, ha esordito Zacarias. “In Libia la situazione è pessima, sulle isole Canarie le autorità spagnole stanno faticando a gestire il flusso, in Grecia ci sono condizioni di sovraffollamento nei centri di accoglienza sulle isole”. Ma preoccupa soprattutto la rotta balcanica: “Sotto la presidenza saranno costantemente monitorate le condizioni d vita dei 5 mila migranti attualmente in Bosnia [l’UNHCR e le organizzazioni internazionali parlano invece di almeno 9 mila profughi nel Paese, ndr] perché non vediamo una strategia a lungo termine da Sarajevo“.

In vista di una Conferenza per le migrazioni a Lisbona, la presidenza di turno portoghese cerca una collaborazione con la Commissione “per un sistema organico di accoglienza e soluzioni efficaci e sostenibili”. Il punto di contatto è il Patto per la migrazione e l’asilo presentato il 23 settembre scorso. La sponda è arrivata proprio dalla commissaria Johansson: “La questione centrale riguarda i valori al centro del dibattito europeo“. Perché “se non tutte le persone che cercano di entrare in Europa hanno diritto alla protezione internazionale”, comunque “si parla di esseri umani con diritti e dignità”. Secondo la commissaria “le regole sostenibili per la migrazione sono già nel Patto e ora serve l’appoggio del Parlamento“.

La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson

Per quanto riguarda la situazione in Bosnia, Johansson è rimasta nel solco tracciato dall’alto rappresentante Josep Borrell: “La Commissione ha lavorato per evitare la crisi umanitaria a Lipa, ma c’è un problema di governance nel Paese e le autorità non hanno agito in maniera responsabile”. La linea della Commissione è nota e poggia sui fondi erogati (“altri 3,5 milioni per aiuti umanitari, oltre agli 88 che sono arrivati a Sarajevo dal 2018”), sul dialogo con la presidenza della Bosnia ed Erzegovina (“abbiamo parlato con Milorad Dodik per migliorare la situazione”) e sulla presenza di un centro già pronto per accogliere gli sfollati di Lipa (“è frustrante installare tende temporanee quando a 30 chilometri c’è la struttura di Bira che non viene aperta dalle autorità locali”).

Lo scontro tra popolari e socialdemocratici

Il dibattito che ha seguito le relazioni di Zacarias e Johansson è stato particolarmente acceso dal primo minuto. È spiccata non solo la contrapposizione feroce tra il fronte composto da Verdi/Ale, Renew Europe e sinistra radicale, contro gli schieramenti di destra di Identità e Democrazia e di ECR, ma soprattutto la diatriba interna alla maggioranza che sostiene la commissione von der Leyen, quella tra popolari e socialdemocratici.

“La crisi sulla rotta balcanica richiede soluzioni sostenibili, ma bisogna essere chiari verso coloro che con una scusa qualsiasi cercano di venire in Europa”, ha esordito l’eurodeputato olandese Jeroen Lenaers, tra le fila del PPE. “Serve un controllo migliore alle frontiere esterne, la condizione base per il rispetto dei diritti fondamentali”. Tra i popolari è chiara la linea della chiusura e della protezione dei confini dell’Unione. “La vera radice del problema in Bosnia è da ricercare nelle frontiere che non sono abbastanza sigillate e nella scarsa solidità delle istituzioni bosniache”, ha insistito il croato Karlo Ressler. Il greco Vangelis Meimarakis  e lo spagnolo Gabriel Mato hanno invece insistito sulla “pressione insostenibile sui Paesi di primo arrivo” e sulla necessità di “sorvegliare meglio le frontiere di terra e di mare grazie anche alle nuove tecnologie”.

Dai socialdemocratici sono arrivate accuse pesanti nei confronti dell’agenzia Frontex (“attacchi di bassa lega”, ha contrattaccato Ressler del PPE). Per Isabel Santos “è chiaro che le autorità bosniache hanno fallito, ma è altrettanto chiaro che anche l’UE ha responsabilità quando respinge i migranti con il coinvolgimento di Frontex”. Il gruppo S&D chiede ancora le dimissioni del direttore, Fabrice Leggeri, per le indagini sui respingimenti illegali nelle acque greche: “È insopportabile che un’agenzia europea sia a conoscenza o sia parte delle violazioni, ma il direttore si rifiuti di dare chiarimenti”, ha aggiunto l’eurodeputata tedesca Birgit Sippel.

L’eurodeputato italiano, Pietro Bartolo (S&D)

La presidente della sottocommissione per i Diritti umani, Maria Arena, è stata caustica nel sottolineare le responsabilità europee sull’ultimo confine prima della fortezza-Europa: “La Bosnia è l’esempio del prezzo della politica di contenere gli ingressi a tutti i costi. Sul confine con la Croazia si assiste alla violenza su migliaia di persone per impedire loro l’accesso all’UE“. Stesso punto su cui ha fatto leva Pietro Bartolo: “Come osiamo lavarci la coscienza inviando solo altro denaro?”. L’eurodeputato italiano ha chiesto di “non trasformare la Bosnia in una zona cuscinetto dove lasciare intrappolate migliaia di persone”, ma soprattutto di “non nascondere a noi stessi i respingimenti sulla frontiera e le riammissioni a catena che impediscono la richiesta alla protezione internazionale“.

Destre contro tutti

Le destre di ID ed ECR hanno portato avanti, come prevedibile, una linea dura nei confronti della Commissione e del Parlamento. “Siete irresponsabili a dare false speranze a chi non ha diritto a venire in Europa e poi non sapete gestire la situazione”, ha accusato violentemente Silvia Sardone (ID). Le ha fatto eco il collega francese Nicolas Bay: “È l’ennesimo inutile dibattito che non risolve il flusso migratorio alle porte dell’Unione. Le vostre vigliaccherie hanno causato morti in mare e condizioni di vita insostenibili agli europei sulle frontiere”. Per Joachim Stanisław Brudziński (ECR) “Lipa dimostra quanto è poco intelligente la politica delle porte aperte dell’Europa e della cancelliera tedesca Merkel. Abbiamo dato il benvenuto a immigrati illegali, non ai profughi”. Jorge Buxadé Villalba ha insistito che “la solidarietà si difende con la protezione alle frontiere, non accogliendo falsi profughi”.

Gli altri gruppi del Parlamento UE si sono opposti nettamente alle destre e al PPE, portando fino in fondo la linea tracciata da S&D. Per il gruppo Renew Europe è necessario “un meccanismo indipendente di monitoraggio, perché non ci fidiamo delle autorità croate alla frontiera bosniaca”, ha dichiarato l’eurodeputato tedesco Jan-Christoph Oetjen, mentre la collega olandese Sophia in ‘t Veld ha accusato la Commissione che “è inutile dare soldi a paesi extra-UE per l’accoglienza, quando poi siamo noi a respingere i migranti illegalmente”. Linea simile a quella dei Verdi/Ale: “Le violazioni sono tollerate sull’altare della fortezza-Europa”, ha puntato il dito la belga Saskia Bricmont, mentre il francese Damien Carême ha fatto un parallelismo con la politica di Donald Trump: “In molti lo abbiamo criticato per aver innalzato un muro alla frontiera col Messico, ma qui stiamo facendo la stessa cosa. Abbiamo mille chilometri di filo spinato pattugliati da Frontex”.

La sinistra radicale di GUE ha annunciato che verrà portato all’attenzione della Commissione e del Consiglio un dossier di un migliaio di pagine sulle politiche di respingimento illegale e sulle violenze alle frontiere esterne dell’UE. “Non basta accusare le autorità bosniache”, ha sostenuto la svedese Malin Björk, “non siamo all’oscuro della situazione, vogliamo sapere cosa sarà fatto per far cessare la catastrofe umanitaria”. Con l’ultima bordata a Frontex: “È un’agenzia di mercenari fuori controllo con scandali ricorrenti, contratti opachi e menzogne in sede istituzionale”, ha denunciato Sira Rego. “Se vogliamo garantire il rispetto dei diritti umani dobbiamo investigare questa agenzia europea”. Il Movimento 5 Stelle, con le parole di Laura Ferrara, si schiera sulle posizioni di denuncia delle violenze “inaccettabili e cicliche sulle frontiere esterne dell’UE”, mentre si discute di “emergenze umanitarie annunciate”. Per questo è necessario mettere in atto “un’equa ripartizione delle responsabilità tra tutti i Paesi dell’Unione”.

Tags: campo Lipacommissione europeaConsiglio dell'Uediritti umaniFrontexparlamento europeopatto per immigrazione e asilopolitica migratoriapresidenza portogheseunione europeaYlva Johansson

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