Il 21 settembre è il giorno fissato dal governo di Angela Merkel per il raggiungimento dell’immunità di gregge in Germania, o perlomeno, quando “tutti i cittadini tedeschi adulti avranno ricevuto un invito a vaccinarsi”. Non è certo una data a caso. Cinque giorni dopo, si terranno infatti le elezioni federali, probabilmente le più importanti degli ultimi 20 anni per la Germania. Da una parte perché si assisterà all’addio della Kanzlerin, dall’altra perché mai come oggi l’Unione cristiano-democratica (CDU), il partito della cancelliera, è in difficoltà. Le elezioni in Baden-Württemberg e Renania-Palatinato hanno assestato un duro colpo al partito ora guidato da Armin Laschet, tanto da metterne in dubbio la leadership. I sondaggi di questa settimana non sono certo incoraggianti. Con l’Unione cristiano-sociale (CSU), i cristiano-democratici arrivano al 29% e i Verdi salgono al 21%. In assenza di cambiamenti, a settembre si arriverebbe al 50%, che potrebbe portare al governo l’auspicata coalizione tra conservatori e Verdi. Tuttavia, con queste percentuali, i rapporti di forza sarebbero mutati, tanto da far ipotizzare alla stampa tedesca un ruolo sempre più forte degli ecologisti, fino al cancellierato per Annalena Baerbock, co-presidente dei Verdi con Robert Habeck.
Da osservatori attenti della realtà tedesca, la situazione potrebbe ricordare lo Schulzzug, il “treno Martin Schulz”, su cui il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) montò nel 2017. Poco dopo l’elezione di Schulz a suo presidente, la formazione sperimentò un aumento nei sondaggi, con il relativo calo della CDU. Certo, erano altri tempi. Merkel era solidamente alla guida di un paese che aveva attraversato indenne diverse crisi. A capo della CDU vi era la stessa cancelliera, non Laschet, che 3 persone su 4 non ritengono in grado di fare il cancelliere. Mancava poi Markus Söder, il König di Monaco che, da presidente della CSU, gode di consensi tali da poter divenire il candidato dei conservatori al voto del 26 settembre. Senza queste variabili, nei 6 mesi prima delle elezioni del 2017, Merkel era riuscita a riprendere i consensi e a vincere ancora.
Tuttavia, questa volta è differente, anche perché la Große Koalition è piuttosto ammaccata e litigiosa. I problemi sono tanti: l’approvvigionamento dei vaccini, le carenze nella strategia vaccinale, le dosi consegnate che non vengono inoculate. Tutto fa ipotizzare che il piano di vaccinare l’intera popolazione entro l’autunno non sia molto realistico. Nel frattempo arriva la terza ondata della pandemia, con il Robert Koch Institut che prevede 40.000 contagi giornalieri entro Pasqua e un terzo lockdown. Il blocco non sarebbe altro che il prolungamento del secondo in corso dal 16 dicembre, ma con bar e ristoranti chiusi ormai dal 2 novembre.
A ogni ondata di Covid-19 il governo tedesco ha risposto con le chiusure e ancora sembra non avere una vera e propria strategia per il futuro(ne abbiamo già parlato qui e qui): la convivenza con il virus, l’estate, l’autunno, ma anche per il 2022. Intanto, l’Associazione dei medici di terapia intensiva (DIVI) chiede di restringere le timide aperture avviate dall’8 marzo. In sostanza, la Germania si ritrova in una situazione piuttosto difficile: mentre diverse categorie richiedono aperture e regole meno ferree dopo un lockdown estenuante, i numeri non lo permettono. L’unica soluzione sarebbe aumentare le vaccinazioni, ma al momento non sembra possibile o almeno non lo è stato fino ad oggi. Con l’ultima consegna il 9 marzo, la Germania al 18 marzo aveva utilizzato l’82,1% delle dosi (10.261.545 su 12.495.345). Nelle ultime settimane, si sono registrati picchi di 290.000 dosi inoculate al giorno, con l’8,3% della popolazione che ha ricevuto almeno la prima somministrazione. Tuttavia, secondo il quotidiano Bild, entro Pasqua ci sarà un accumulo di circa 4.000.000 di dosi. A questa lentezza che viene recriminata al governo, e in particolare al ministro della salute Jens Spahn, si è aggiunto anche il caos sul vaccino AstraZeneca, bloccato per 7 casi di trombosi poi saliti a 13 di cui tre letali. Lo stop al preparato non solo ha rallentato ulteriormente la campagna vaccinale, ma ha anche portato ad aspre critiche da parte di Karl Lauterbach, esperto della SPD per la salute, che non riteneva si dovesse bloccare il vaccino dell’azienda anglo-svedese.
A seguito alla decisione dell’EMA su AstraZeneca, a Berlino si è tenuto un vertice tra la cancelliera e i primi ministri dei Länder, allo scopo di imprimere una svolta alla campagna vaccinale. La strategia è coinvolgere, come in Italia, i medici di base nelle vaccinazioni e arrivare a 15 milioni di dosi inoculate nelle 4 settimane dopo Pasqua. Quanto sia importante questo piano è molto semplice da intendere. All’inizio della pandemia, l’effetto Rally ‘round the flag aveva fatto in modo che la popolazione si stringesse intorno alla cancelliera e ai partiti di governo. Ora, dopo un anno di ricette che si ripetono e di mancanza di programmazione, un punto di rottura è arrivato dalla prima chiamata alle urne del super anno elettorale. Quindi, anche se inoculare soltanto ad aprile 15 milioni di dosi significherebbe aumentare del 150% il ritmo delle vaccinazioni tenuto fino a oggi, questo potrebbe essere anche l’unico modo per riconquistare la fiducia dei tedeschi. Fiducia che è notevolmente diminuita nelle ultime due settimane a causa dell’incertezza sulle riaperture, ma anche per lo scandalo delle mascherine che ha travolto CDU e CSU. Sarà, quindi, proprio sulle vaccinazioni che si giocherà il risultato elettorale dell’Unione e forse quello dei Verdi, che al momento stanno godendo degli errori e delle difficoltà del governo, in particolare di quella parte dell’esecutivo che potrebbe diventare loro alleato dopo il voto del 26 settembre.
E se alla fine dell’Impfgipfel Merkel ha lanciato il motto “Impfen, Impfen, Impfen” (vaccinare, vaccinare, vaccinare) che ricorda i suoi slogan come il “Wir schaffen das”, questa volta il timore è che le parole della cancelliera rimangano tali, in un rituale stanco che sa tanto di promessa difficile da mantenere. Perché è chiaro che non solo Merkel, ma anche Spahn, si giocano la credibilità sulla partita dei vaccini. Il 21 settembre, se il 70% della popolazione sarà vaccinata, i conservatori potranno far dimenticare gli scandali, recuperare gli errori e ripulire la propria immagine. In caso contrario, difficilmente l’elettorato accorderebbe alla CDU e alla CSU una seconda chance.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.