Bruxelles – Si parla tanto, forse anche un po’ più del dovuto, si compare sempre. L’impressione è che la Commissione europea, a partire dalla sua presidente Ursula von der Leyen, sia troppo attenta agli annunci e alle apparizioni in video che al resto. Ma in realtà c’è molto lavoro svolto dall’esecutivo comunitario. A ‘fare le pulci’ al team von der Leyen è il servizio ricerche del Parlamento europeo, in un’analisi sullo stato di avanzamento delle sei priorità politiche dopo un anno e mezzo di lavori.
Innanzitutto i numeri grezzi, che aiutano a dare un’idea di quanto si sia prodotto e di quale sia il percorso di vita delle proposte legislative e iniziative a firma von der Leyen e commissari. L’organismo di ricerca dell’Eurocamera rileva che delle 397 iniziative legislative e non legislative prefigurate dalla Commissione von der Leyen al momento dell’insediamento o da allora, quasi la metà è già stata presentata (192). Dei documenti avanzati, uno su cinque è già stato adottato (43), mentre “la grande maggioranza del resto procede normalmente” nel processo legislativo (97) o è prossima all’adozione (26). Mentre un certo numero di proposte risulta procedere molto lentamente o essere bloccate (26).
Nel complesso, dunque, tutto bene. A questo punto punta la qualità delle proposte e i loro contenuti, ma l’analisi non entra nel merito politico delle scelte. Green deal, digitale, pilastro sociale, un’Europa più forte nel mondo, promozione degli stili di vita europei, promozione e tutela della democrazia. Ecco le sei grandi priorità politiche su cui si fa un punto della situazione, e il bilancio provvisorio fin qui è tutto sommato positivo.
Mentre al 31 marzo 2021 la prima priorità della Commissione, il Green Deal europeo, è al primo posto nel numero di iniziative annunciate (87), la terza priorità, “Un’economia che lavora per le persone”, ha il maggior numero finora effettivamente adottato (15). Vale la pena notare che quasi una delle iniziative della Commissione su sei ha carattere non legislativo, come strategie, piani d’azione e altre comunicazioni.
L’evidenza, si sottolinea, suggerisce che, invece di minare l’agenda originale o mandarla fuori rotta, la Commissione “è stata in grado di utilizzare lo slancio degli eventi per affermare la maggiore rilevanza delle loro priorità, specialmente nell’azione per il clima e nei settori digitali, e per renderli ancor più operativo attraverso meccanismo per la ripresa Next Generation EU da 750 miliardi di euro, che a sua volta aiuta a portare avanti la terza priorità”, vale a dire il pilastro sociale e le politiche per un’economia che lavora per le persone.
La pandemia di COVID dunque ha fornito il pretesto per insistere sul programma di lavoro già tracciato. E’ senza dubbio sulla dimensione esterna che la Commissione zoppica. La maldestra visita dell’Alto rappresentante in Russia, il sofagate in Turchia e la ancora troppo forte dipendenza dai legami con gli Stati Uniti condizionano l’operato di von der Leyen e commissari. L’Ue ha preso un ruolo di leadership sulle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, non c’è dubbio, ma non è chiaro quanto i Paesi più inquinanti e più energivori sapranno rispondere ai richiami a dodici stelle. E poi, si rileva ancora, “l’ambiente geopolitico era in gran parte inospitale fino alla sostituzione di Donald Trump con Joe Biden come presidente degli Stati Uniti, e rimane ancora complesso e impegnativo”.
Nell’ambito della quinta priorità, relativa alla promozione dello stile di vita europeo, che include migrazione e salute, l’impatto della crisi sanitaria ha prodotto il paradosso per cui alcuni dossier si sono arrestati (immigrazione) e sono slittati al 2021, ma l’ambizione di costruire un’unione europea della salute si è fatta più forte e concreta. Dalla cabina di regia per la distribuzione di mascherine e ventilatori, all’acquisto di vaccini per conto degli Stati fino proposta di creare l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, la Commissione europea ha impresso un’accelerazione senza precedenti su questo fronte.
L’ultimo punto è legato alla conferenza sul futuro dell’Europa, in ritardo non solo per la colpa dell’esecutivo comunitario. I litigi inter-istituzionali sul formato, la gestione, la logistica, unita alla necessità di adeguare il tutto alla mutata realtà del COVID che impedisce incontri fisici, ha prodotto notevoli ritardi. Ma il 9 maggio si parte.
In sintesi: la caratteristica “interessante” di questo anno e mezzo di lavoro è che la Commissione non ha scelto di abbandonare o modificare in modo significativo le sue priorità. A queste “ha semplicemente aggiunto una settima priorità” al suo portafoglio esistente, vale a dire un’azione per contenere la crisi del coronavirus e promuovere la ripresa economica da essa. In questo non ha neppure riconfigurato in modo significativo il portafogli dei membri del Collegio, in risposta alla crisi, come alcuni si sarebbero potuti aspettare.