E dunque la Conferenza sul Futuro dell’Europa è stata inaugurata. Nei prossimi dieci mesi dovrebbe portare a disegnare l’Unione per i prossimi, almeno, dieci anni.
A Strasburgo si è svolta una bella cerimonia che ha però plasticamente mostrato come le cose siano complesse, come proprio l’organizzazione di questi lavori possa risultare un problema. La presidenza, ad esempio, sarà una prova di forza continua. Non si è riusciti, in oltre un anno di preparativi, a crearne una univoca: a presiedere i lavori dovrebbero essere i presidenti delle tre Istituzioni europee, e ieri a Strasburgo c’erano Ursula von der Leyen, David Sassoli e Antonio Costa. Di questi presidenti, in realtà più “cerimoniali” che altro, solo von der Leyen sarà ancora con certezza al suo posto nella prossima primavera, quando i lavori termineranno. Non ci sarà di certo Costa, che avrà finito il suo turno di guida semestrale dell’UE, anche David Sassoli a gennaio terminerà il suo mandato alla guida del Parlamento. Potrebbe essere rieletto, ma in teoria, a bocce ferme, il suo posto toccherebbe ad un popolare. Al posto di Costa ci sarà, alla fine dei lavori, Emmanuel Macron, negli ultimi mesi della sua campagna elettorale per la conferma all’Eliseo, che non si presenta semplice e che non è una buona condizione per ragionare, pacatamente, su come rinnovare l’Unione nell’interesse di tutti.
Ci sono poi i presidenti esecutivi, quelli che gestiranno il lavoro quotidiano, tra i quali spicca il primo tra loro, il belga Guy Vehofstadt, cui si affianca la commissaria Dubravka Šuica e Ana Paula Zacarias, sottosegretaria di Stato per gli Affari europei per la presidenza portoghese del Consiglio “la donna più paziente che abbiamo in Europa”, come l’ha definita Sassoli, e anche lei, come Costa, il primo luglio lascerà il posto alla nuova presidenza di turno slovena.
La struttura dunque non parte benissimo, anche se si vede chiaramente un ruolo di guida che tenterà di avere Verhofstadt, un vecchio federalista, che crede davvero nell’Unione europea, ed avrà un potere reale, perché questo Comitato esecutivo dovrà “trarre le conclusioni” del dibattito in plenaria.
Il problema è però cosa si può fare in dieci mesi, senza un canovaccio su cui ragionare e con presenze così diverse con interessi anche così diversi: Parlamento europeo, Parlamenti nazionali, Commissione europea, Consiglio europeo, istituzioni europee varie, e i cittadini. Interessi, ruoli, pesi politici evidentemente diversi.
Di certo la politica “organizzata” avrà il ruolo maggiore, non possiamo certo aspettarci che i cittadini, ampiamente evocati nell’organizzazione e nella cerimonia di Strasburgo, riescano a fa sentire la propria voce più di tanto. E’ vero, ci sono la piattaforma accessibile a tutti, gli eventi decentrati, i Panel dei cittadini e poi la Plenaria. Ma basta guardare ai numeri di oggi, a poche ore dal lancio, per capire che i cittadini saranno persi in un mare immenso di proposte che difficilmente potranno avere la forza di imporsi (certo, a meno che per incanto tutti propongano le stesse cose): 10.699 partecipanti, 2.437 idee sui 10 Argomenti di dibattito proposti. Chi potrà mai davvero leggere ed organizzare un mare di proposte che arriveranno a flusso continuo? E come saranno scelte, quali saranno i criteri che seguirà il Comitato esecutivo?
Le ambizioni dichiarate sono molte, anche belle, alte (“abbiamo ancora il diritto ad avere grandi ambizioni” ha detto Macron) ma forse troppo generiche. Dieci temi sui quali rilanciare l’Unione sono forse troppi, perché troppe sono le posizioni.
I governi hanno già detto con chiarezza che non vogliono arrivare alla modifica dei Trattati, il che vuol dire che poche fondamentali modifiche potranno essere apportate al sistema.
Allora, probabilmente, il lavoro da fare è tentare di ridurre i temi di dibattito a soli due o tre, quelli che i cittadini (per i quali questa è un’occasione unica di farsi sentire, mentre tutti gli altri membri ogni giorno fanno la politica europea) sentiranno come più urgenti, prendere nota delle soluzioni proposte e su queste far “seguire le azioni concrete”, come ha raccomandato Sassoli nel suo discorso di apertura. Perché è questo che i cittadini si aspettano: magari pochi temi, selezionati, ma che poi si realizzino nella pratica.
Per quel poco che, temiamo, sarà possibile.