Bruxelles – Sono stati pubblicati oggi (mercoledì 26 maggio) gli orientamenti della Commissione Europea per rafforzare il Codice di buone pratiche contro la disinformazione, nell’ambito della lotta contro le fake news sulle piattaforme online. Sono alte le aspettative dell’esecutivo UE, sia sull’adozione di impegni più rigorosi da parte delle Big Tech che hanno firmato il Codice (Google, Microsoft, Mozilla, Twitter, Facebook e TikTok), ma anche su una maggiore partecipazione di nuovi attori del mondo digitale.
Come spiegato in conferenza stampa dalla vicepresidente della Commissione per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová, l’obiettivo è quello di “intensificare l’azione collettiva per responsabilizzare i cittadini e proteggere lo spazio di informazione democratica”. Si potrà arrivare a un Codice “solido, stabile e flessibile”, se si realizzeranno una serie di azioni che coinvolgono direttamente la Commissione e i firmatari. La stella polare rimane comunque la “piena tutela della libertà di espressione“.
Prima di tutto, attraverso il coinvolgimento delle aziende che operano nell’ambito della pubblicità online e dei servizi di messaggistica privata, tenendo comunque conto delle loro “dimensioni e natura” quando vengono stabiliti gli impegni specifici. Alle piattaforme e aziende digitali si chiede di migliorare la trasparenza e di collaborare per sottrarre fondi alla disinformazione, garantendo una “copertura completa su tutte le forme di manipolazione attuali ed emergenti” (bot, deep fake, account falsi, campagne di disinformazione).
A livello di monitoraggio, rimane centrale il quadro che sta già portando alla segnalazione mensile delle buone pratiche intraprese dalle piattaforme online contro le fake news legate alla pandemia COVID-19. Un quadro che però potrà essere ancora migliorato sulla base di “indicatori di prestazione chiari”, che consentano di misurare i risultati ottenuti e l’impatto del Codice. Allo stesso tempo, diventerà sempre più importante il rapporto con gli utenti: non solo un accesso facilitato ai dati per i ricercatori – agevolando il loro lavoro di verifica in tutti i Paesi e le lingue dell’UE – ma anche la disponibilità di strumenti per chi utilizza i servizi digitali di individuare e segnalare casi di disinformazione. A questo proposito, proprio per tutelare la libertà di espressione e garantire parità di trattamento, dovrà essere garantito un meccanismo di ricorso adeguato e trasparente per gli account colpiti dalle misure contro le fake news.
“Le minacce derivanti dalla disinformazione online si evolvono rapidamente”, ha avvertito la vicepresidente della Commissione, e per questo motivo gli attori del mondo digitale devono impegnarsi ad affrontare i “rischi sistemici inerenti ai loro servizi”. Le ha fatto eco il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton: “La disinformazione non può continuare a essere fonte di reddito”, è stato il monito, dopo aver ricordato che “la legge sui servizi digitali ci fornirà nuovi e potenti strumenti per contrastare la disinformazione”.
In attesa della fine dell’iter di adozione della legislazione in materia, la Commissione ha invitato i firmatari del Codice a “predisporre un Centro per la trasparenza” dove comunicare l’adozione delle politiche. Secondo gli orientamenti, si propone anche l’istituzione di una task force permanente presieduta dalla Commissione e composta dalle aziende coinvolte, da rappresentanti del Servizio europeo per l’azione esterna, del gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi e dell’Osservatorio europeo dei media digitali. Avvalendosi del sostegno di esperti, questa task force contribuirà alla revisione e all’adeguamento del Codice, a seconda degli sviluppi tecnologi e delle nuove tendenze della disinformazione globale.