(ha collaborato Emanuele Bonini)
Bruxelles – L’Ungheria perde il ricorso. La Corte di giustizia dell’UE conferma la validità del voto del Parlamento che ha aperto la strada a possibili sanzioni in seno al Consiglio, tra cui l’eventuale sospensione del diritto di voto. “Nel calcolare i voti espressi in occasione dell’adozione della risoluzione stessa, giustamente il Parlamento ha escluso di prendere in considerazione le astensioni“, dicono i giudici di Lussemburgo.
E’ proprio sulla procedura di voto che il governo di Viktor Orban ha costruito la sua difesa contro il voto che condanna l’Ungheria per la violazione dello Stato di diritto. Il 12 settembre 2018, quando l’Eurocamera ha messo in stato d’accusa Orban per le sue politiche considerate lesive dei principi fondamentali dell’UE, le astensioni non vennero conteggiate, mentre l’Ungheria riteneva che dovessero essere aggiunte ai voti contrari.
La Corte di giustizia nella sua sentenza offre un’interpretazione delle regole. L’articolo 354 del Trattato sul funzionamento dell’UE, comma 4, che stabilisce che il Parlamento deve procedere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti per avviare procedure contro gli Stati membri in materia di Stato di diritto, “deve essere interpretata nel senso che esclude che siano prese in considerazione le astensioni“. Da questo ne deriva il respingimento del ricorso di Orban.
“Questa è soltanto la prima vittoria per lo Stato di diritto, non certo l’ultima”, commenta l’europarlamentare di Renew Europe, Sandro Gozi. “La nostra azione per il rispetto dello Stato di diritto continuerà, contro le gravi violazioni dei diritti fondamentali ma anche contro le ipocrisie grossolane e le inazioni di alcuni in Europa”. Anche un altro italiano del gruppo dei liberali europei, Nicola Danti, esulta. “E’ ora che il Consiglio dell’UE porti finalmente avanti la procedura dell’Articolo7” contro Budapest.
Anche i Verdi promettono battaglia. “La sentenza della Corte di giustizia europea è chiara: il Parlamento europeo aveva il diritto di attivare l’Articolo7 contro l’Ungheria”, commenta Gwendoline Delbos-Corfield. “Spetta ora al Consiglio agire e salvaguardare lo Stato di diritto. L’audizione di Ungheria e Polonia prevista per il 22 giugno sarà una cartina di tornasole”.
Anche dal PPE si mette pressione sugli Stati. “Con la decisione della Corte di giustizia è un buon giorno per lo Stato di diritto nell’UE”, sostiene Jeroen Lenaers. “Ora il Consiglio dovrebbe smettere di bloccare l’avvio della procedura Articolo7 in caso di violazione dei valori dell’UE”.