Bruxelles – Si aprono nuovi scenari antitrust da parte della Commissione Europea sulle Big Tech, dopo la pubblicazione dei risultati preliminari dell’indagine sulla concorrenza nell’Internet delle cose. “È troppo presto per dirlo, ma se alcune pratiche saranno confermate, si potrebbe arrivare all’apertura di nuovi casi in futuro“, ha avvertito la vicepresidente della Commissione UE per il Digitale e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager. Sotto attenta osservazione dell’esecutivo UE è finito l’ambito degli assistenti vocali, sia per quanto riguarda possibili pratiche anti-concorrenziali, sia per quanto riguarda la gestione dell’enorme mole di dati personali degli utenti.
“È proprio perché l’Internet delle cose si sta sviluppando rapidamente che dobbiamo assicurarci che lo faccia in modo competitivo”, è stato il monito della vicepresidente Vestager, richiamandosi ai dati di un mercato in grande espansione: nel 2020 più della metà dei cittadini europei ha utilizzato una smart TV, mentre si prevedere che i ricavi da elettrodomestici intelligenti raggiungeranno quasi 40 miliardi di euro entro il 2025. “Tutte le aziende in questo settore dovrebbero avere le stesse opportunità di innovare e portare nuovi prodotti e servizi sul mercato”, ma ci sono già indicazioni di comportamenti “che conosciamo fin troppo bene e che possono far emergere gatekeeper”.
L’indagine dell’Antitrust UE è iniziata meno di un anno fa e dai primi risultati pubblicati oggi (mercoledì 9 giugno) si possono segnalare quattro preoccupazioni principali sullo sviluppo e sul mercato degli assistenti vocali, dominato sul territorio comunitario da Google Assistant, Alexa di Amazon e Siri di Apple (che forniscono i principali sistemi operativi per smart home e dispositivi indossabili).
Prima di tutto, vanno segnalati i tentativi di limitare il numero di assistenti vocali accessibili sui dispositivi intelligenti: per esempio, “ciò significa che ai produttori può essere impedito di installare un secondo assistente vocale”, ha spiegato Vestager, sottolineando che “se così fosse, la scelta dei consumatori sarebbe limitata“. In secondo luogo, si teme che i fornitori di assistenti vocali possano assumere un rapporto diretto con gli utenti e promuovere propri servizi o di terzi a loro scelta attraverso l’assistente vocale: “Questo può essere fatto con impostazioni predefinite o dando risalto a servizi specifici”.
Bisogna poi ricordare la raccolta di “enormi quantità di dati” e l’apprendimento degli usi e delle preferenze degli utenti: “Avere accesso a questi dati offre grandi vantaggi, soprattutto perché gli assistenti vocali accumulano dati da diversi dispositivi e servizi”, ha commentato la commissaria per la Concorrenza. Infine, “sembra esserci un’interoperabilità limitata tra prodotti, servizi e tecnologie di diversi fornitori“, per la mancanza di standard comuni e per la prevalenza di tecnologie di proprietà. Questo fattore riduce le scelte degli utenti e le “possibilità di cambiare facilmente” i prodotti acquistati.
I risultati preliminari si basano sui contributi ricevuti da più di 200 aziende europee, asiatiche e statunitensi che producono dispositivi intelligenti (altoparlanti, televisioni, caffettiere, dispositivi indossabili) e offrono assistenti vocali o servizi digitali, come streaming di musica e video. “Per il nostro rapporto finale dobbiamo ancora capire meglio la portata delle preoccupazioni” e per questo motivo è stata lanciata oggi anche una consultazione pubblica, che rimarrà aperta fino al primo settembre. “Invitiamo tutte le imprese, i cittadini e le parti interessate a condividere con noi i loro commenti sulla relazione preliminare”, è stato l’invito di Vestager.