Roma – Due anni per riuscire a portare a termine un sogno nato di diversi anni fa e che ora è concreto ed è pronto a partire. Il top management di AlfaSigma non nasconde la soddisfazione del nuovo centro di ricerca e sviluppo inaugurato a Pomezia in uno degli stabilimenti più innovativi della società farmaceutica. “Si tratta di un segnale molto importante, facciamo la nostra parte come è nella nostra storia”, ci racconta soddisfatto l’amministratore delegato Pier Vincenzo Colli.
“Un investimento di cui oggi si sente la necessità. Con questo progetto facciamo una cosa che non è usuale in Italia: rinnoviamo e apriamo un nuovo centro di ricerche con investimenti molto importanti (17 milioni di euro ndr). L’idea è stata anche quella di mettere sotto un unico tetto i ricercatori che avevamo sparsi tra Bologna, Pomezia e altre sedi, perché anche in tempi digitali per chi fa ricerca è molto importante il contatto fisico il confronto diretto nei laboratori e nei centri di sviluppo”.
Quindi non solo un investimento di risorse finanziarie?
“Certo e questo con attrezzature di nuovissima generazione. Poi per questi programmi abbiamo portato qui la nostra clinica e la nostra ricerca biotecnologica. Si tratta di programmi molto intensi che i nostri ricercatori porteranno avanti, nella realizzazione di un sogno che è cominciato quando c’è stata la fusione tra Alfa Wassermann e Sigma Tau”.
La ricerca privata insieme alla ricerca pubblica. Dall’Europa hanno indicato la strada
“È così. Oggi nessuna azienda farmaceutica riesce a fare ricerca da sola la parola magica è fare networking lavorare con le istituzioni pubbliche e noi abbiamo moltissimi contatti con università sia italiane sia straniere. Sono molto contento perché recentemente abbiamo avuto riscontri positivi da gruppi di ricerca di base di diversi atenei italiani. Facciamo due mestieri diversi ma complementari: gli studi accademici ci dicono quali target, i potenziali nuovi obiettivi che servono per curare una malattia, una cura oncologica, un vaccino; il nostro compito è quello di sviluppare la molecola corretta ma soprattutto renderla disponibile per i pazienti, tutta la parte dello sviluppo molto rischiosa e costosa e che richiede competenze specifiche”.
La nostra industria farmaceutica vanta crediti importanti a livello internazionale ma dove dobbiamo migliorare?
“Noi siamo grandi produttori, tra i primi due in Europa e tra i primi cinque nel mondo ma devo dire che la ricerca negli ultimi anni ha avuto anche degli alti e bassi. Credo che la pandemia, il Next Generation Eu e il PNRR aiuteranno la ricerca italiana ad avere quelle posizioni di rilievo che ci meritiamo. Abbiamo tutte le competenze, i nostri ricercatori sono tra i migliori ovunque essi vadano, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, sono pieni di italiani che si fanno onore. È venuto il momento di rivalutare questo enorme capitale umano che abbiamo sparso per il mondo. Dobbiamo farlo nelle nostre università e anche nelle aziende. Ci sono le premesse e vedo un entusiasmo nuovo che non vedevo dieci anni fa”.