Bruxelles – Mitigazione, adattamento e finanza climatica. Nel suo intervento di questa notte (23 settembre) all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il premier Mario Draghi ha sintetizzato bene quali saranno i temi centrali alla Conferenza sul clima di Glasgow, la COP26, ormai sempre più vicina.
L’appuntamento internazionale in Scozia (dal 31 ottobre al 12 novembre) chiama a raccolta gli oltre 190 Paesi che nel 2015 hanno sottoscritto l’accordo sul clima di Parigi e li esorterà a impegni più stringenti sulla riduzione delle emissioni dei gas serra, ma anche sulla finanza climatica, ovvero l’impegno finanziario per sostenere la transizione di chi non può permettersi di affrontarla in tempi rapidi.
L’Italia come l’Europa punta a “un’intesa globale per interrompere al più presto l’uso del carbone, e per bloccare il finanziamento di nuovi progetti di questo tipo”, ha affermato Draghi ricordando la necessità di un’azione multilaterale anche sul fronte del cambiamento climatico. Il Continente europeo, come spesso si ricorda, vale solo l’8 per cento delle emissioni di gas serra al mondo: agire da soli significa quasi vanificare ogni sforzo per ridurre il surriscaldamento del pianeta.
Bruxelles tende la mano e sembra che venga ascoltata. L’Assemblea Generale dell’ONU – ancora in corso a New York dal 21 settembre – ha dato un primo assaggio di quali saranno gli impegni che le grandi economie più emettitrici al mondo formalizzeranno a Glasgow. La Cina ha detto che smetterà di costruire centrali elettriche a carbone all’estero, pur non indicando un piano dettagliato ben preciso su quando e come. Mentre gli Stati Uniti si sono impegnati a raddoppiare la loro quota di finanziamenti per il clima per i poveri Paesi per ridurre il deficit finanziario che conta oggi migliaia di euro.
Annunci attesi da tempo e presi singolarmente anche poco utili per il cambiamento climatico. Hanno però il valore di dare nuovo slancio ai negoziati e ai colloqui globali sul clima che ci saranno tra cinque settimane a Glasgow. Soprattutto si tratta di annunci che fanno seguito alle richieste di Bruxelles di non essere lasciata sola in questo sforzo. Lo scorso 15 settembre, nel suo secondo Discorso sullo Stato dell’Unione, Ursula von der Leyen ha anticipato che saranno mobilitati altri 4 miliardi di euro fino al 2027 per il clima fuori dall’UE, chiedendo anche agli Stati Uniti e altri partner globali di fare altrettanto per ridurre il divario finanziario sul clima.
Non solo Pechino e Washington, anche la Turchia si dice pronta a ratificare l’accordo sul clima di Parigi. Ad annunciarlo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ricordando che Ankara è stata tra i primi Paesi ad aver firmato l’Accordo di Parigi sul clima nel 2015, senza averlo mai ratificato. “In tutto il mondo continua a crescere lo slancio per un’azione per il clima più ambiziosa. In questa corsa allo zero siamo tutti soci; abitiamo tutti sullo stesso pianeta”, si congratula il vicepresidente Frans Timmermans in un tweet.
https://twitter.com/TimmermansEU/status/1440656741478273027?s=20
Si aprono cinque settimane cruciali per la diplomazia climatica globale. Proprio Timmermans, a margine dell’Assemblea delle Nazioni Unite, ha avuto nel corso della settimana diversi incontri bilaterali con l’inviato speciale per il clima USA John Kerry per parlare di questo cammino fino alla COP26 e identificare “le grandi sfide che dobbiamo affrontare per affrontare insieme efficacemente la crisi climatica”. Ma grandi attese e aspettative ci sono anche sulla figura del premier Draghi, che dal 30 al 31 ottobre – poche ore prima dell’inizio della COP26 – metterà allo stesso tavolo a Roma i leader del G20 chiamandoli a un impegno globale sulla fine dell’era del carbone. Dando al ruolo dell’Italia nella diplomazia climatica tutto un altro valore.