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Home » Cronaca » Sono un ragazzo disabile: vorrei lavorare, e vorrei che l’Unione intervenisse sui ritardi dell’Italia

Sono un ragazzo disabile: vorrei lavorare, e vorrei che l’Unione intervenisse sui ritardi dell’Italia

In una lettera alla Commissione europea Lorenzo Torto spiega che una direttiva del 2000 è disattesa " e ci sentiamo offrire lavori da gruisti o elettricisti di cantiere..."

Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
27 Settembre 2021
in Cronaca

Pubblichiamo qui volentieri estratti di una lettera che Lorenzo Torto, un giovane disabile di Chieti, ha scritto ai commissari europei Helena Dalli e Nicolas Schmit e la risposta che gli uffici gli hanno inviato. Non sappiamo se la risposta sia indice di una sollecitazione che da Bruxelles arriverà a Roma, ma certo sappiamo che la denuncia di Tordo ha bisogno di più voce, e noi proviamo a dargliela.

Sono un ragazzo disabile, costretto a vivere su una sedia a rotelle dalla nascita. Oggi ho 33 anni e sono disoccupato, iscritto negli elenchi degli appartenenti alle categorie protette legge 68/99.

È indubbio che la difficile condizione dovuta alla pandemia sta creando disagi e difficoltà a tutti, anche per via delle necessarie ma dolorose restrizioni nella mobilità e nei contatti sociali. Ma queste diventano un impedimento assai più grave per persone che si trovano già a convivere con difficoltà di movimento o di relazione. Il sistema del Collocamento Disabili in Italia che non funziona è farà fatica a ripartire e non sarà in grado di affrontare le nuove sfide occupazionali.

È ora, quindi, di costruire un’alternativa, una strategia, un soggetto in grado di rilanciare la cultura inclusiva e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

Le rivendicazioni collettive hanno lasciato spazio a un ribellismo sterile e a spesso all’invettiva narcisistica sui social, creando così un vuoto sociale d’interesse e di partecipazione. Riprova evidente di questo atteggiamento sociale e politico è il declino del Collocamento Disabili pubblico, il calo occupazionale dei disabili, l’assenza di dati statistici e così via. Quindi tutto proseguirà in continuità e coerenza con il motto, non dichiarato, di molti uffici pubblici: “Non fare per non dover cambiare, non cambiate per non dover fare”.

La realtà evidenzia una serie di contraddizioni che hanno complicato il processo inclusivo delle persone con disabilità. Problema centrale è il personale degli Uffici Provinciali preposti, spesso scarsamente preparato e aggiornato, non è al passo con i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro e nel mercato del lavoro.

Anche per queste ragioni è stato vanificato il concetto di collocamento mirato che era alla base della riforma del collocamento obbligatorio. Per questo ci sentiamo offrire, come disabili, posti di lavoro come gruista o elettricista di cantiere, proposte che definire offensive è il minimo.

E ancora, il sistema di collocamento disabili è privo di una gerarchia competente regionale e nazionale. Si sono quindi sviluppati servizi provinciali di tipo “feudale”, dove gli usi e i costumi locali prendono il sopravvento, fino ad operare in contrapposizione alle leggi e alle norme ministeriali. Si tratta infatti di procedure che variano da Regione a Regione e da Provincia a Provincia, all’insegna di un operare senza controlli superiori e senza possibilità di appello per il cittadino con disabilità e per gli imprenditori insoddisfatti.

Non disponiamo ancora di una banca dati nazionale e di un aggiornamento statistico dell’operato del Collocamento Disabili (l’ultimo si rifà ai dati del 2015), né si hanno informazioni sulle risorse economiche disponibili rispetto al Fondo Nazionale Disabili della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e ai Fondi Regionali. C’è voluta quindi una sollecitazione dal basso per avere un’Interrogazione Parlamentare, che ha fatto scoprire come gli avviamenti al lavoro siano mediamente pari al 3,4% (circa 20-30.000 persone) dei circa 800.000 iscritti, ovvero una percentuale a dir poco bassa, una delle più basse d’Europa. E ora, come detto inizialmente, la pandemia farà lievitare ulteriormente il numero degli iscritti.

In base alla direttiva europea 2000/78/, il datore di lavoro deve prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, al fine di consentire alla persona con disabilità di avere accesso al lavoro e di crescere professionalmente. Tale direttiva europea in Italia non viene di fatto applicata generando notevoli discriminazioni.

Come ha spiegato in una recente audizione parlamentare Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT, malgrado la “lungimirante normativa, resta rilevante lo svantaggio, nel mercato del lavoro, delle persone con disabilità. Infatti, nel 2019, considerando la popolazione tra i 15 e i 64 anni, risulta occupato solo il 32,2% di coloro che soffrono di limitazioni gravi contro il 59,8% delle persone senza limitazioni”.

Se l’isolamento per le esigenze sanitarie è di per sé una condizione pesante, ha detto Blangiardo, può diventare un vero dramma se a provarlo sono persone con disabilità fisica o psichica e preoccupano le difficoltà e i rischi per ottenere l’assistenza e le cure ordinarie presso i presidi medici e ospedalieri, impegnati faticosamente a fronteggiare l’emergenza Covid.

Come ha affermato il presidente dell’ISTAT occorre un intervento europeo forte per tutelare i diritti dei disabili nella ricerca di una occupazione lavorativa, e non si può accettare i che in Italia la direttiva 2000/78 semplicemente non sia applicata. Ai sensi della direttiva, il datore di lavoro deve prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, al fine di consentire alla persona con disabilità di avere accesso al lavoro e di crescere professionalmente. Tale direttiva europea in Italia non viene di fatto applicata generando notevoli discriminazioni.

Il livello di civiltà di un popolo e di uno Stato si misura anche dalla capacità di assicurare alle persone con disabilità inclusione, pari opportunità, diritti e partecipazione a tutte le aree della vita pubblica, sociale ed economica.

Spero illustrissima commissaria europeo all’uguaglianza in un suo intervento a livello europeo forte e deciso in relazione al problema da me esposto.

Ed ecco la risposta della Commissione:

Comprendiamo la Sua situazione e desideriamo assicurarLe che la Commissione europea si impegna a fondo per migliorare la situazione delle persone con disabilità nell’UE in generale e la loro partecipazione al mercato del lavoro in particolare.

Per questo motivo abbiamo adottato la nuova strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, che presta grande attenzione all’occupazione. Nel 2022 la Commissione presenterà un pacchetto per migliorare i risultati sul mercato del lavoro delle persone con disabilità, cercando la cooperazione con la rete europea dei servizi pubblici per l’impiego, con le parti sociali e con le organizzazioni delle persone con disabilità. Il pacchetto sosterrà gli Stati membri nell’attuazione dei pertinenti orientamenti in materia di occupazione attraverso il semestre europeo. Fornirà orientamenti e sosterrà l’apprendimento reciproco sul rafforzamento delle capacità dei servizi per l’occupazione e l’integrazione, promuovendo le prospettive di assunzione attraverso azioni positive e la lotta agli stereotipi, garantendo accomodamenti ragionevoli, assicurando la salute e la sicurezza sul lavoro e programmi di riabilitazione professionale in caso di malattie croniche o incidenti, esplorando posti di lavoro di qualità nel quadro dell’occupazione protetta e percorsi verso un mercato del lavoro aperto.

Desidero ringraziarLa delle Sue preziose informazioni e della relazione allegata. Saranno utili per i nostri lavori futuri.

Tags: disabililavoroLorenzo Torto

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