Bruxelles – “L’Unione europea è sempre più coinvolta in conflitti ibridi, che rendono meno netti i confini tra guerra e pace e destabilizzano le democrazie. Tuttavia, non sono abbastanza gravi per far scattare l’art.5 della NATO”. L’UE pertanto, dovrebbe dotarsi di un miglior coordinamento per rispondere alle minacce informatiche. È questa la conclusione della relazione al parlamento europeo sullo stato di capacità di cyberdifesa dell’Unione dell’ex ministro degli Esteri estone e attuale deputato di Renew Europe Urmas Paet. La risoluzione è passata con 591 voti favorevoli, 65 contrari e 26 astenuti.
Il testo evidenzia come, visto l’aumento della minaccia, sia necessaria una maggiore collaborazione tra gli Stati membri. Vista la situazione attuale, questo è il primo e più urgente tassello per una futura difesa comune. Il relatore ha evidenziato come attualmente la frammentazione dei 27 Paesi è un grosso problema. Pertanto, è necessario che gli Stati membri si dotino di uno standard di comunicazione per la cyberdifesa, valido anche per le informazioni classificate. Una maggiore cooperazione non è solo necessaria all’interno dell’UE, ma anche fuori. Oltre alla NATO, nel documento vengono esplicitamente citati Regno Unito, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, India, Australia e Taiwan.
Nonostante non siano esplicitamente menzionate, è evidente che gli “avversari geopolitici” citati nel testo siano Cina e Russia. Quest’ultima in particolare è temuta dai Paesi baltici, che per questo sono anche tra i membri dell’Unione europea più vicini agli Stati Uniti. Due deputati lituani (la popolare Jukneviciene e il socialista Olekas) sono intervenuti nel dibattito (a cui era presente anche la commissaria per le Partnership internazionali Jutta Urpilainen), auspicando che i maggiori investimenti in cyberdifesa vengano estesi a “Paesi del vicinato orientale”. Il riferimento è all’Ucraina, altrettanto preoccupata dai crescenti attacchi informatici di Mosca. I Verdi hanno posto l’accento sulla difesa dei diritti democratici, della privacy e della vita privata dei cittadini. Favorevole alla risoluzione anche il gruppo di Renew Europe, con il deputato olandese Bart Groothuis che ha lanciato una stoccata agli Stati membri: “Sette anni fa in Galles con i nostri alleati NATO abbiamo convenuto che dovessimo spendere almeno il 2 per cento del nostro PIL in difesa. Non l’abbiamo fatto e oggi ne paghiamo le conseguenze”.
Contraria al testo il gruppo della Sinistra, che sostiene che la strategia per la cybersicurezza non serva all’Europa, bensì ai disegni imperialistici degli Stati Uniti. La destra di Identità e Democrazia si è spaccata, con Lega e i tedeschi di Alternative für Deutschland che hanno votato a favore, mentre i francesi del Rassemblement National si sono opposti. Per questi ultimi, la cyberdifesa deve rimanere in capo esclusivamente agli Stati membri.