Scorrono ancora davanti ai nostri occhi le immagini di Marsiglia (a inizio mese) e Catania (pochi giorni fa) sommerse. Eventi tragici, con uomini, automobili e oggetti della nostra quotidianità travolti dalla forza dell’acqua. Sono immagini che ripropongono in modo prepotente e drammatico all’attenzione pubblica il tema del cambiamento climatico. Mai come in questi giorni capiamo l’impatto a volte devastante del clima sulle nostre vite.
Da ciò nasce un appello all’urgenza non più prorogabile di affrontare la questione in modo rapido e deciso. Non si può più perdere tempo in discussioni fini a se stesse, né si possono rinviare a domani interventi che era necessario fare ieri. E’ lo stesso appello che poche settimane fa, a Milano, hanno lanciato i giovani del mondo, riuniti nella Youth for Climate. E’ un appello che ha dei destinatari ben precisi: i Governi.
Proprio quei governi che hanno un appuntamento già fissato in agenda: la COP 26, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. Sono passati sei anni dall’accordo di Parigi ed è arrivato il momento di calibrare meglio le azioni e gli impegni sin qui assunti che non sono già più idonei a dare soluzione al problema. Infatti il limite che gli scienziati di tutto il mondo ritengono invalicabile per il surriscaldamento del pianeta è di 1,5 gradi. Le azioni decise con l’accordo di Parigi porteranno oggi il mondo a subire un innalzamento della temperatura globale superiore ai 2.5 gradi, ben lontano dall’obiettivo necessario a garantire la sopravvivenza di tutti noi.
No, non è più il tempo degli alibi e dei rinvii. Bisogna intervenire subito per garantire l’adeguamento al cambiamento climatico. Tutti siamo coinvolti in questa emergenza, a prescindere dalla parte del mondo in cui ci troviamo. Ognuno ha un ruolo importante e decisivo in questa lotta ed è chiamato a ripensare le proprie abitudini di vita. Non siamo chiamati ad essere più ambiziosi, ma semplicemente più realisti, ad accettare la gravità della situazione e ad agire, anche in modo netto e drastico.
Il problema che arriva sul tavolo di Glasgow è dunque grave e indifferibile. Purtroppo, però, si leggono notizie sempre più frequenti sulle difficoltà di raggiungere un accordo tra i Paesi che vi prenderanno parte. Il negoziato è certamente complicato e gli impegni che ci auguriamo vengano presi avranno fortissime ripercussioni sui modelli economici, produttivi e sociali in tutto il mondo. L’Europa farà sicuramente la sua parte, ha già annunciato diverse proposte per misure sempre più rapide e stringenti sul clima. Ma da sola l’Europa può fare poco.
E invece è da Glasgow che passano il presente e il futuro del nostro pianeta e delle nostre vite. Dobbiamo evitare che il clima diventi la nuova emergenza globale, perché non abbiamo né i mezzi né le conoscenze per tornare indietro da quello che ormai si presenta come un disastro annunciato. Quello sul clima è un punto di non ritorno a cui non dobbiamo arrivare. Solo se la COP 26 avrà successo potremo forse garantire un’occasione concreta di ripresa e sviluppo al mondo intero. In caso contrario, saremo tutti destinati ad essere spettatori impotenti delle nuove catastrofi naturali che stravolgeranno le nostre vite e innescheranno fenomeni di migrazione climatica, portando a un rapido declino di tutto quello che oggi conosciamo. E nessuno di noi è pronto ad uno scenario del genere.