Bruxelles – Non si ferma la vergogna dei respingimenti illegali al confine tra Polonia e Bielorussia, da dove arrivano notizie sempre più drammatiche sulla situazione dei migranti e richiedenti asilo bloccati alla frontiera. Un bambino siriano di un anno è morto questa notte nella foresta in cui si trovava da un mese e mezzo con i genitori. Lo ha reso noto su Twitter il Centro polacco per l’aiuto internazionale, che ha trovato il bimbo già privo di vita e i due genitori siriani con lesioni alle braccia e alle gambe, mentre un altro uomo è stato soccorso in condizioni di disidratazione e denutrizione. Nel frattempo, le autorità polacche erano impegnate invece ad arrestare e tenere in stato di detenzione un gruppo di cento persone che erano riuscite a superare la barriera di filo spinato.
Ormai per l’Unione Europea è sempre più in gioco la credibilità sul piano dell’umanità che riuscirà a dimostrare nei confronti di queste persone, come traspare anche dalle parole del presidente del Parlamento UE, David Sassoli: “È straziante vedere un bambino di un anno morire al freddo alle porte dell’Unione Europea”, ha espresso il suo cordoglio su Twitter per l’ennesimo dramma alla frontiera polacco-bielorussa. “Lo sfruttamento dei migranti e dei richiedenti asilo deve finire, la disumanità deve finire“, ha sottolineato con forza il presidente Sassoli.
I am following the tragic reports from the Polish-Belarusian border, where a one-year-old was found dead in the forest. It is heartbreaking seeing a child die in the cold at the EU's doorstep.
The exploitation of migrants and asylum seekers must stop, the inhumanity must stop.
— Roberta Metsola (@EP_President) November 18, 2021
Il tema della gestione della crisi migratoria è nell’agenda dell’Eurocamera per la sessione plenaria in programma la prossima settimana (22-25 novembre), quando anche la leader dell’opposizione democratica bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, si confronterà con gli eurodeputati. Ma intanto sul confine tra Polonia e Bielorussia si potrebbe arrivare presto a settemila persone prive di aiuti umanitari. Le cifre sono da prendere con cautela, dal momento in cui sono state fornite all’agenzia di stampa russa Interfax dall’addetta stampa della presidenza bielorussa, Natalya Eismont, ma al momento non ce ne sono di più attendibili.
Di queste settemila persone migranti attualmente presenti sul territorio della Bielorussia, circa duemila si troverebbero già sul confine con la Polonia, in quelli che Minsk definisce “campi di fortuna”. Nessuna menzione alle violenze delle autorità bielorusse per spingere queste persone ad attraversare la barriera di filo spinato alzata dall’esercito polacco. La portavoce del presidente bielorusso ha anche commentato la conversazione telefonica di ieri (mercoledì 17 novembre) tra il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel: “L’Unione Europea aprirà un corridoio umanitario ai duemila rifugiati che si trovano nel campo, mentre noi ci assumeremo l’obbligo di aiutare gli altri cinquemila a tornare a casa, per quanto lo desiderino”.
Nessuna conferma da Berlino, ma dura la replica da Bruxelles: “È normale che gli Stati membri abbiano rapporti bilaterali, ma non c’è alcun negoziato in corso con il regime di Lukashenko“, ha commentato il portavoce della Commissione UE, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa. “Saranno invece condotti negoziati tecnici con le agenzie dell’ONU e le controparti bielorusse”, per sostenere gli aiuti umanitari delle persone che si trovano bloccate sul confine tra Polonia e Bielorussia, ha confermato Mamer. Nel frattempo è arrivata solidarietà a Varsavia e appoggio alle azioni dell’UE da parte dei ministri degli Esteri del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti), che in una nota hanno condannato “l’orchestrazione da parte del regime bielorusso dell’immigrazione irregolare attraverso le sue frontiere”. I sette ministri hanno ribadito la necessità di fornire “accesso immediato e senza ostacoli” alle organizzazioni internazionali “per fornire assistenza umanitaria” alle persone migranti bloccate.
Il problema è che sia Bruxelles sia il Gruppo dei Sette dimenticano che le violenze e l’accesso negato alle organizzazioni internazionali non riguardano solo la parte di confine bielorusso, ma anche quella polacca. Uno Stato membro dell’Unione Europea si nasconde dietro allo stato d’emergenza per negare il monitoraggio a giornalisti, ONG e medici della situazione e delle violazioni dei diritti umani lungo i 399 chilometri di confine con la Bielorussia, in particolare nella regione di Bruzgi-Kuźnica. Le poche informazioni arrivano direttamente dal ministro della Difesa, Mariusz Błaszczak, e dall’account ufficiale del suo ministero su Twitter, che non si fanno riguardo a pubblicare video di evidenti pushback (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea).
Dopo che due giorni fa erano state rese note da Varsavia le modalità di risposta “all’aggressione dei migranti” – come l’aveva definita lo stesso ministro polacco – con idranti e gas lacrimogeni, oggi è arrivata la notizia che cento persone migranti sono state arrestate nella notte e trattenute dalle autorità polacche, dopo essere riuscite ad attraversare la barriera di filo spinato. Il governo guidato da Mateusz Morawiecki sostiene che le proprie azioni sono “legittime e giustificate da una situazione di emergenza”, mentre a Bruxelles si sta iniziando a discutere su come aiutare le persone bloccate sul confine tra Polonia e Bielorussia.
https://twitter.com/MON_GOV_PL/status/1461230025336885252?s=20
Intanto da Minsk è partito il primo volo organizzato dal governo dell’Iraq per riportare nel Paese 431 persone “su base volontaria”. Lo ha reso noto il ministero dei Trasporti di Baghdad, precisando che per il momento non sono stati pianificati altri voli. I cittadini iracheni che erano stati precedentemente trasferiti dalla frontiera con l’UE alla capitale bielorussa sono stati evacuati su un aereo della Iraqi Airways.
L’Iraq, come Dubai, la Siria, il Libano e l’Uzbekistan, ha iniziato anche a limitare le tratte aeree verso la Bielorussia, accogliendo la richiesta del vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, impegnato in un viaggio nelle capitali dei Paesi partner per trovare soluzioni comuni che interrompano i flussi migratori favoriti dal regime del presidente bielorusso Lukashenko.