Roma – L’Unione europea della salute appare irrinunciabile. Se prima era di competenza degli Stati membri – e da trattati lo è ancora – “questa pandemia ci ha riconsegnato un’Europa diversa”, nel senso che “il tema della salute è diventato davvero prioritario per l’agenda politica dell’UE”. Come uscirà il club a dodici stelle dalla crisi sanitaria prodotta dal COVID-19 non è ancora chiaro, ma la ridefinizione delle politiche comune appare inevitabile, sostiene il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, intervenendo al panel “EU4Health ed HERA: I 27 verso l’Unione europea della salute?”, organizzato in occasione dell’ottava edizione di How Can We Govern Europe (HGE8), il più importante evento sull’attualità europea organizzato da Eunews.
L’Unioen europea “ha svolto un ruolo fondamentale per questa pandemia”, aggiunge Costa, orgoglioso del fatto che “l’Italia ha portato, sta portando e continuerà a portare il suo contributo per un sistema sanitario migliore”, a livello nazionale ma ancor più comune. “Oggi la politica ha la consapevolezza che dedicare risorse alla salute non è più una spesa ma un investimento. Siamo di fronte ad una grande occasione, e mi pare ci sia una grande convidisione della politica” su questo, e proprio per questo, dice, “abbiamo tutti i requisiti per ridisegnare un’altra Europa”, con un sistema sanitario diverso al servizio dei cittadini.
Ne è convinta anche Sandra Gallina, direttrice generale della direzione generale per la Salute (DG SANTE) della Commissione europea. Il problema, precisa, non è il siero anti-Coronavirus. Per quello, assicura, “abbiamo tutti i vaccini che vogliamo, in termini di qualità e quantità”. C’è la versione Omicron? “Le varianti le possiamo coprire, in 100 giorni le case farmaceutiche possono produrre un vaccino, se necessario. Abbiamo un piano, non improvviseremo”. Semmai la vera sfida è un’altra. “Dobbiamo riuscire a dare ai cittadini tutti i medicinali innovativi. Per il futuro l’obiettivo è dare cura per tutti e per tutte le malattie, anche quelle rare“.
Da questo punto di vista Commissione e Parlamento UE sono sulla stessa lunghezza d’onda. “C’è bisogno di rafforzare i programmi sanitari come nell’oncologia”, evidenzia Cristian-Silviu Busoi (PPE), presidente della commissione Industria dell’Eurocamera. Per fare questo occorre completare e rilanciare l’Unione della salute. Non lo chiede l’Europa, lo chiedono gli europei all’Europa, che è diverso. “Oltre il 70 per cento dei cittadini dell’UE vorrebbe che si facesse di più sulla sanità”, qualcosa che non può essere ignorato. “L’UE non può decidere per rutti ma la pandemia ci ha dimostrato che bisogno di maggiore coordinamento”. L’Autorità europea per la salute, HERA, “è importante averla, ma è solo una parte del pacchetto dell’unione sanitaria”. Come Parlamento “intendiamo lavorare per un aumento delle prerogative delle agenzie nazionali ed europee che sono state coinvolte”, come il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC), e le varie AIFA.
Si rende irrinunciabile un processo che richiederà politica industriale, con le imprese al centro di questo orientamento. “Quello che occorre una definizione a priori dei ruoli delle varie entità che affrontano le crisi sanitarie, quelle di ricerca e regolatorie, così da produrre una risposta rapida”, incalza Emilio Merlo Pich, direttore esecutivo Ricerca e sviluppo di Alfasigma. “Abbiamo bisogno di una interoperabilità definita per agire con grande velocità”, dice facendosi portavoce del mondo delle imprese. “In Europa c’è già la capacità di fare bene”, quindi occorre migliorare e sfruttare il potenziale esistente. Quindi propone un’apertura del mercato farmaceutico, una vera e propria liberalizzazione. “Quando si parla di sospensione di brevetti io suggerisco di farne tanti”.
Bisogna ragionare a tutto questo. “L’integrazione europea della Salute è fondamentale, e l’industria sarà un partner importante” da questo punto di vista, avverte Robb Butler, direttore esecutivo dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). “Negli ultimi due anni è diventato evidente che il modo per rispondere alla pandemia è rispondere insieme”, e nel mondo ridisegnato dalla pandemia “il concetto di un’Unione europea della salute sta diventando centrale nella politica, non solo europea”. Per questo un passo avanti nella salute e nella sanità aiuterebbe l’UE ad accrescere il suo ruolo a livello globale. Il motivo è anche economico e, di conseguenza, geopolitico. “Senza salute non c’è benessere, senza salute non c’è crescita“. Senza crescita, non c’è il peso economico che servo sullo scacchiere internazionale.