Roma – Il suo sorriso, gli occhi, la parola. Enrico Letta sceglie i tratti più significativi di David Sassoli per ricordarlo nell’aula di Strasburgo davanti al suo Parlamento lasciato troppo presto. Al segretario del Partito democratico spetta il compito di pronunciare l’intervento ufficiale, di tratteggiare quell’idea di Europa che lo portato a scegliere la politica dopo la carriera giornalistica, il suo approccio ai problemi e alle difficoltà, il coraggio di guardare avanti, la speranza e l’impegno di perseguire sempre il bene comune. Un discorso pronunciato alternativamente in italiano, in francese e inglese, forse a segnare la sua predisposizione al dialogo continuo, all’unità dell’Europa nelle sue diversità.
E dunque “il sorriso interiore che predisponeva al positivo”, gli occhi, “quelli degli altri che David cercava”, quelli privati dell’umanità, di Mauthausen, come gli occhi di Srebrenica, dei rifugiati siriani”. Poi la parola, ancora di chi non ha voce per cui si è speso tutta una vita, “la pratica instancabile dell’ascolto” l’Europa “progetto politico di uno spazio di dialogo tra persone e paesi diversi paesi, costruito su valori comuni di solidarietà e reciprocità”.
Ricordando la cerimonia di Roma per l’ultimo saluto, “un inno all’Europa”, le emozioni, i sorrisi, gli abbracci, per Letta con la bandiera dell’Unione europea che avvolgeva il feretro “abbiamo tutti sentito davvero che l’Europa non è solo direttive, istituzioni e acronimi ma soprattutto le sue persone, le sue anime, i suoi cuori”.
Tanti e da seguire gli insegnamenti che lascia. In Italia, a una settimana dal voto per il presidente della Repubblica, la sua figura è stata citata più volte come adatta. “Parlando di questo con lui stesso un mese fa – ha detto Letta -registrai il suo sorriso e una frase che tengo nel mio cuore”.
Non sappiamo di più anche se il faro che lo illuminava era quello comunitario, la rotta del manifesto di Ventotene “ed è stato particolarmente bello l’annuncio oggi, da parte del Governo italiano, di intitolargli il progetto di recupero del carcere di S. Stefano”. Perché quella di David Sassoli era prima di ogni cosa l’Europa della pace, che “non è un incidente della storia” un cantiere dei tempi lunghi, ispirato dal movimento politico della ‘Rosa bianca’ che in questa giornata oggi invade i banchi e l’aula di Strasburgo.
Un progetto di integrazione che non può fare a meno dei giovani, tornati a chiedere un futuro green e sostenibile per un Unione più forte dove non basta il livello nazionale: “Ogni colpo di piccone che diamo oggi all’integrazione europea allontana la meta della sostenibilità e la promessa di un mondo ancora abitabile tra cento anni”. L’Europa più forte che per Sassoli significava democrazia e diritti che con grande determinazione ha perseguito fino in fondo. “Durante il suo mandato non solo ha solo tenuto accese le luci della democrazia europea, ma l’ha anche innovata facendo una scelta che ha cambiato la storia”. Il leader del Pd ricorda così che grazie a lui il Parlamento è rimasto sempre aperto, nonostante la pandemia, “le istituzioni aperte ai cittadini e le porte alle donne in difficoltà e fornendo pasti caldi ai senzatetto e ai più poveri”. Difesa dei diritti che ha portato avanti in ogni momento, la sua fermezza “contro ogni tentazione autoritaria e i tentativi di mettere a tacere la stampa, di mettere in pericolo l’indipendenza del sistema giudiziario, e contro la discriminazione delle minoranze.
Lezioni lasciate al futuro prossimo dell’Europa, alla Conferenza aperta in questa legislatura e all’impegno affinché “sia un successo, perché questo sarebbe il modo migliore per onorare la memoria di David”.
La speranza è un altro, l’ennesimo, lascito di David Sassoli al suo Parlamento, il motore per tenere viva l’Unione di valori, l’anima che tiene insieme “un’Europa che non può essere una fortezza”. Lo sguardo a chi sta alle porte e “chi ci guarda come terra di speranza”. Letta cita il suo ultimo messaggio di Natale quelle parole pesanti come pietre, “la crudele inflessibilità” come una delle cause principali della “disuguaglianza che non può più essere più tollerata o accettata”.