Bruxelles – Diritto all’aborto. Il tema è tornato di attualità per via delle posizioni della nuova presidente del Parlamento europeo, la maltese Roberta Metsola. La sua contrarietà all’interruzione di gravidanza è stato tra i principali motivi di dubbio di una certa parte dell’emiciclo, che comunque alla fine l’ha eletta nonostante queste sue vedute. Ma la questione non è si è esaurita nel voto di pochi giorni fa (18 gennaio). Il presidente francese, Emmanuel Macron, è tornato sull’argomento, a distanza di poco. “Vorrei che potessimo aggiornare la Carta dei diritti fondamentali, in particolare per essere più espliciti sul riconoscimento del diritto all’aborto”, ha detto in un passaggio del suo discorso rivolto all’Aula per esporre il programma di lavoro della presidenza francese del Consiglio dell’UE.
Le parole di Macron stanno iniziando a rilanciare il dibattito politico sul tema. L’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Dino Giarrusso, si dice “d’accordo” con il presidente francese, al cui suggerimento conferisce l’indice di “priorità”. Ma tra il dire e il fare c’è un problema procedurale che rischia seriamente di lasciare tutto così com’è.
Modificare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non è cosa semplice. E’ un allegato ai Trattati sul funzionamento dell’UE, e per questo motivo ne ha identico valore giuridico con tutto ciò che ne deriva, incluso il processo di revisione. Al pari dei Trattati, anche la Carta dei diritti fondamentali richiede un lavoro tutto inter-governativo e l’unanimità degli Stati membri. Allo stato attuale nell’UE 25 Paesi su 27 riconoscono pieno diritto all’aborto, la Polonia lo prevede solo in caso di gravidanza frutto di stupro e seri pericoli per la salute della donna, mentre Malta non lo contempla affatto.
Sulla base di questa situazione, appare evidente che le dichiarazioni di Macron, che siano condivisibili o meno, non sembrano destinate a sfociare in alcun cambiamento. Oltretutto la posizione della Polonia è completamente cambiata. La nuova legge che impone serie limitazioni e divieti all’interruzione di gravidanze è molto recente e frutto di una maggioranza politica fin qui salda al comando.
C’è poi da ricordare che ai sensi dei trattati la tutela della salute umana, inclusa quella donna, non rientra tra le competenze esclusive della Commissione europea. Al contrario, rientra tra quelle esclusive degli Stati membri. Dunque il dibattito sul diritto all’aborto rischia di perdersi con le parole di chi lo rilancia, perché a livello di governi nazionali non c’è, al momento, quella voglia e soprattutto quella unanimità richiesta per incastonarlo nella carta dei diritti fondamentali dell’UE.