Bruxelles – Le parole ‘povertà’ e ‘impoverimento’ non vengono mai pronunciate, ma sono comunque sullo sfondo della situazione che Christine Lagarde dipinge intervenendo alla conferenza ‘La BCE e i suoi osservatori’. La presidente della Banca centrale europea affronta l’attualità, quella più delicata e spinosa, e non può esimersi da passare in rassegna alle conseguenze che il deterioramento del contesto geopolitico porta con sé: intacco dei risparmi, impennata del costo dei beni di prima necessità, calo degli investimenti, crisi dei consumi.
C’è una guerra in corso, che produce effetti analoghi a quelli di uno scenario post-conflitto. Con la differenza che le operazioni militari in Ucraina sono ancora in corso. “Per molti versi, l’analogia migliore per ciò che abbiamo visto è l’impennata dell’inflazione che in genere accompagna la fine delle guerre, quando la domanda di beni di consumo precede l’offerta fiacca poiché le aziende sono lente ad adattarsi a condizioni “normali””. L’offerta arranca, e la domanda, fatta di consumatori e famiglie, è destinata a fare fatica. “E’ probabile che l’aumento dei prezzi dell’energia intacchi i risparmi accumulati dalle famiglie durante la pandemia, distogliendole dal consumo non energetico”.
C’è perdita di ricchezza, che non si traduce necessariamente in povertà. Ma i cittadini europei vedono ridursi il proprio potere di acquisto, e dovendo concentrarsi sul caro-bollette, la domanda interna rischia di vedere una frenata. I consumi ne risentono. Anche perché, “è probabile che la pressione sull’inflazione alimentare aumenterà”. A Francoforte ci si interroga sulle dinamiche economiche di mercato. I beni di prima necessità, come cibo, riscaldamento ed elettricità, passano in primo piano e le famiglie e i consumatori rischiano di mettere in secondo piano il resto. Sono soprattutto questi elementi del paniere che potrebbero determinare “lo scenario più severo del nostro staff che prevede un’inflazione superiore al 7 per cento nel 2022”, e gli ultimi dati mostrano che questa previsione potrebbe anche avverarsi.
Il quadro che offre Lagarde dipinge come meglio non potrebbe il momento. “I prezzi dell’energia dovrebbero rimanere più alti più a lungo, con i prezzi del gas in aumento del 73 per cento dall’inizio dell’anno e i prezzi del petrolio in aumento del 44 per cento”. Senza dimenticare Russia e Ucraina insieme “rappresentano quasi il 30 per cento” delle esportazioni mondiali di grano e i prezzi del grano “sono aumentati di oltre il 30 per cento dall’inizio dell’anno”. Mentre Bielorussia e Russia, oggetto delle sanzioni economiche e commerciali, “producono circa un terzo della potassa mondiale”, un ingrediente chiave, insieme al gas naturale, nella produzione di fertilizzanti, “che già scarseggiavano” prima della situazione di adesso.
Agricoltura e forniture per il settore, insieme alle derrate alimentari, sono rimesse in discussione. Il costo della vita nelle sue componenti essenziali metteranno a dura prova la gente comune, che si comporterà di conseguenza. Ma la ripresa dell’eurozona non è solo legata ai comportamenti delle famiglie e alla disponibilità di risparmi da poter rimettere nell’economia. Nel momento in cui occorre accelerare la transizione verde e digitale, queste rischiano un rallentamento. Di questa situazione di incertezza “gli investimenti delle imprese potrebbero risentirne”. Perché, spiega Lagarde, “si scopre che i principali eventi geopolitici che hanno aumentato l’incertezza economica in passato, come le due guerre del Golfo e gli attacchi dell’11 settembre, hanno prefigurato un calo degli investimenti nelle economie avanzate”.
Chi si attendeva messaggi di ottimismo rischia di rimanere deluso, ma la presidente della BCE non può né ignorare né nascondere quello che si cela dietro l’angolo. Assicura che l’Eurotower è pronta a fare tutto quanto in suo potere per attenuare gli effetti della guerra. “Siamo consapevoli dei rischi che ci attendono”, ed è bene che lo sappiano tutti.