Bruxelles – “Un patto di stabilità ritagliato su misura degli Stati e non uguale per tutti“. Questa l’idea dell’Italia per quanto le regole ora sospese causa pandemia dovranno essere riattivate. O per meglio dire “la speranza” dello Stato fondatore dell’UE, per riprendere l’espressione usata da Pietro Benassi nell’intervista a Radio1 Vivavoce. Il rappresentante permanente presso l’Unione europea ripropone il confronto su un tema da sempre molto sentito in Europa, oggetto di contrapposizioni politiche e destinato a ulteriori ragionamenti sulla scia della guerra in Ucraina.
“Le sfide attuali impongono una riflessione che non può permettere un ritorno alle stesse regole di prima”. Vuol dire che i parametri del 60 per cento nel rapporto debito/PIL e del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL non possono essere continuare a essere i modelli di riferimento.
La linea italiana però pone quesiti giuridici, oltre che politici. Gli stessi parametri attorno a cui ruota il patto di stabilità e crescita ora sospeso sono gli stessi incardinati nel Trattato di Maastricht e nel Fiscal compact, il patto di bilancio europeo prodotto dai capi di Stato e di governo sulla scia della crisi economica del 2008 e i suoi effetti.
Con ogni probabilità il patto resterà non applicato anche nel 2023, e dunque oltre le scadenza che l’UE si era data. Ci sarà più tempo a disposizione per tutti i Ventisette per capire come procedere. L’Italia, con Benassi, ribadisce una volta di più la propria posizione, ma potrebbe non ottenere del tutto ciò che vorrebbe. Un patto su misura potrebbe derivare da una nuova comunicazione della Commissione sull’interpretazione delle vecchie regole.