Bruxelles – Finché c’è guerra c’è speranza. Non è il noto film interpretato dal mai dimenticato Alberto Sordi, ma il messaggio intrinseco contenuto nelle parole della presidente della Banca centrale europea, che vede nell’aumento della spesa militare un’opportunità per l’economia a dodici stelle. Christine Lagarde ricorda che da, soli, “gli investimenti di Next Generation EU potrebbero aumentare il PIL reale dell’UE dell’1,5 per cento entro il 2024″. Ma, alla luce della guerra in Ucraina e le manovre di Putin, “se i leader dell’UE dovessero aumentare la spesa militare al 2 per cento del PIL in risposta alla minaccia russa, ciò comporterebbe un aumento della spesa pubblica dello 0,7% del PIL, che potrebbe aggiungere altri 0,2 punti percentuali alla crescita della zona euro entro il 2024″.
Investire in spese militari, in sostanza, può essere un volano ad una crescita e una ripresa rimesse in discussione dalla stessa guerra iniziata dal Cremlino. E’ un suggerimento, uno dei diversi offerti in occasione della tavola rotondo del Peterson Institute for International Economics sulla ‘resilienza dell’UE nel mondo che cambia’. Qui Lagarde mette in guardia non tanto la platea quanto i governi europei. “Se l’Europa vuole cogliere questo momento, non possiamo permetterci di restare fermi. Nuove sfide possono richiederci di progettare nuovi strumenti o riutilizzare quelli vecchi“. Procedere verso un nuova politica sulla difesa potrebbe essere qualcosa da inserire nella lista delle nuove opzioni, visto che da sola potrebbe valere uno 0,2 di crescita in più in un momento in cui la crescita si fa sempre più affannosa. Poi ci sono anche “progetti di integrazione esistenti che sono in qualche modo in stallo ma sono vitali in questo nuovo ambiente”. Riferimento ad un mercato unico ancora tutto da completare.
“Ci manca ancora un mercato unico completo per i servizi, che diventerà un ostacolo ancora maggiore alla crescita in un mondo di lavoro a distanza”, ora che la pandemia ha aperto nuovi scenari per il mercato del lavoro e il modello produttivo. Inoltre, lamenta, i mercati dei capitali europei “rimangono segmentati, limitando la condivisione del rischio tramite titoli di debito e partecipazioni transfrontaliere”. Attualmente, critica, “solo il 20 per cento circa degli shock nell’area dell’euro viene mitigato in questo modo, rispetto ad almeno il 60 per cento negli Stati Uniti”.