Bruxelles – “La legge sui servizi digitali [Digital Service Act, ndr] è un accordo epocale, che renderà i social media meno tossici per gli utenti”. A parlare, in una nuova audizione davanti alla commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento Europeo, è Frances Haugen, l’ex-dipendente di Facebook conosciuta in tutto il mondo per aver consegnato una serie di documenti che provavano che la compagnia di Mark Zuckerberg fosse consapevole dell’impatto negativo dei suoi algoritmi sulla società e avesse scelto di non intervenire. Informazioni rese pubbliche nel settembre 2021 dal Wall Street Journal nei ‘Facebook Files’, che hanno scosso la Big Tech fino al rebranding nell’attuale Meta.
Haugen è tornata al Parlamento Europeo per un dialogo sull’impatto extra-UE del DSA, la legge sui servizi digitali che regola la gestione e la rimozione dei contenuti illegali online, con l’obiettivo di proteggere la democrazia e la tutela degli utenti nella sfera digitale, prima della visita della commissione alle compagnie della Silicon Valley tra il 23 e 27 maggio. La data engineer l’ha definito “l’atto legislativo per i social media più significativo della storia”, aggiungendo che “può essere un modello per gli altri Paesi del mondo”.
Una volta messo in atto renderà le piattaforme responsabili dei rischi che i loro servizi potrebbero comportare per la società e i cittadini. Secondo Haugen, ciò rappresenterebbe un’alternativa all’approccio reattivo della moderazione dei contenuti: “Il Digital Service Act si focalizza sulla sorveglianza della progettazione e dell’implementazione dei sistemi piuttosto che determinare cosa è giusto e cosa è sbagliato dire”, un approccio per “rendere i social media migliori, senza violare la libertà di parola”.
“Il Digital Service Act sarà il primo sistema olistico con obblighi verso le compagnie tech, che le costringerà a valutare e trattare i danni che possono causare”, ha proseguito Haugen. La legge prevede per le Big Tech multe fino al 6 per cento del fatturato mondiale dell’azienda. “Ciò significa che avranno incentivi per mettere le persone prima dei profitti quando dovranno scegliere se massimizzarli o se puntare sull’interesse pubblico”, ha continuato: “Sembra rivoluzionario, ma è una pratica standard in altri settori delle nostre economie, con la differenza che ci sono già delle leggi che li ritengono responsabili”. Per fare ciò saranno però necessari investimenti, ha ammonito.
“L’Europa ha dato il via a una strada che possiamo adattare alla maniera americana, da cui imparare”, ha scandito Haugen, secondo cui per le Big Tech le conseguenze a lungo termine saranno in realtà positive. La segretezza sui dati che ha finora tutelato Facebook, secondo l’ex dipendente, avrebbe comportato anche una minore disponibilità di personale qualificato e maggiore formazione aziendale. Una situazione che, secondo la whistleblower, cambierà a breve: “Scommetto che tra tre anni, quasi tutti i dipartimenti di informatica avranno un corso su come funzionano i sistemi dei social media”.