Bruxelles – Freno alla spesa, ristrutturazione e tagli del debito, riforme del lavoro e delle pensioni, e soprattutto controllo a livelli europeo. I ministri dell’Economia e delle finanze dei Ventisette stringono le maglie, tornano a politiche più severe sui conti, e iniziano a rimettere l’Italia nell’angolo e nel mirino. Daniele Franco torna a Roma con la consapevolezza di un’Europa che inizia a guardare all’Italia con rinnovata preoccupazione. La dichiarazione di fine lavori dell’Ecofin non cita il Paese in modo diretto, ma lo inchioda ad un’agenda politica su cui non si preannunciano sconti. Il 2023 sarà ancora un anno di relativa flessibilità, accondiscendenza e libertà di manovre, ma poi si dovrà tornare nei ranghi perché attorno al tavolo dei ministri si torna a considerare lo Stivale un rischio contagio per tutti.
L’assunto di base è che, data l’incertezza di una fase congiunturale avversa all’espansione, “gli elevati livelli di debito pubblico possono ostacolare la crescita economica e ridurre la capacità degli Stati membri di fornire una stabilizzazione anticiclica in caso di ulteriore recessione economica”, per questo “possono comportare ricadute negative soprattutto nell’area dell’euro“. Per questo l’Ecofin esorta la Commissione europea a riprendere quel percorso di monitoraggio e di regole ora sospeso, per tenere sotto controllo chi, come l’Italia, ha criticità strutturali e di vecchia data ancora tutte da affrontare e risolvere.
I governi non possono ignorare “le sfide importanti per la sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine imposte dal cambiamento demografico“. L’Italia, con una popolazione anziana, tante pensioni da pagare che pesano sui conti e pochi giovani in condizione di versare contributi sufficienti a questi assegni, è uno dei casi emblematici. Serviranno riforme, vere e credibili, cambi di passo reali. Perché tutto riconduce allo stato di salute tricolore.
“A medio termine, a politiche invariate, la valutazione della Commissione mostra che diversi Stati membri corrono rischi elevati, principalmente a causa di livelli elevati di debito pubblico e traiettorie crescenti del debito”. Condizioni e situazioni che “riflettono una posizione di bilancio iniziale debole e, in alcuni casi, aumenti previsti della spesa pubblica legata all’invecchiamento, compreso un differenziale di crescita degli interessi meno favorevole”.
Pressione pensionistica più alta, competitività stagnante, finanze pubbliche in disequilibrio. Il titolare del Tesoro, come di consuetudine non incline a dichiarazioni pubbliche nei suoi impegni europei, sa perfettamente che questo documento parla italiano, e che vede il sistema Paese nel mirino, soprattutto dei falchi del rigore. Lascia la capitale dell’Unione europea per riferire a Mario Draghi che l’Italia torna un sorvegliato speciale, poiché i partner ravvedono “la necessità di riprendere la pubblicazione anticipata di revisioni approfondite”, fatta di rapporti sul debito e relazioni di allerta. Un richiesta dovuta alla “perdurante elevata rilevanza della valutazione degli effetti contagio tra Paesi”.
Ecco perché “per il periodo successivo al 2023” gli Stati membri, “in particolare quelli che si trovano ad alto rischio per la sostenibilità nel medio termine”, devono tassativamente perseguire posizioni di bilancio “prudenti” e garantire una “riduzione credibile e graduale del debito”. L’Ecofin mette nel mirino l’Italia, troppo grande per poter fallire e troppo grande per poter essere salvata, avvisa il governo attuale e quello che verrà.