Roma- Parte il countdown per Mario Draghi. Nella vigilia di quello che potrebbe essere il suo ultimo giorno a Palazzo Chigi, il premier sente al telefono il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, al quale ribadisce “pieno sostegno e solidarietà” del governo italiano per il suo Paese. Eppure domani (19 luglio) alle ore 9.30, il presidente del Consiglio sarà al Senato per pronunciare il discorso che metterà fine o rilancerà il suo governo, poi, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, la sessione si interromperà fino alle 11, quando la seduta riprenderà fino alle repliche, previste per le 16.30 con votazioni sulla fiducia dalle 18.40 alle 19.30. Slittano, invece, a giovedì 21 luglio le comunicazioni alla Camera, con discussione generale dalle 9 alle 11.30, poi le eventuali repliche dell’ex Bce e a seguire dichiarazioni di voto dei gruppi parlamentari e dalle 13.45 alle 15.15 lo scrutinio. L’appuntamento di Montecitorio, però, rischia di restare solo formale, sulla carta.
Perché a Palazzo Madama potrebbe già definirsi il quadro della situazione. La confusione che regna sovrana nella maggioranza non aiuta affatto. Il centrodestra chiede di andare avanti, ma senza Giuseppe Conte, i Cinquestelle e due ministri ritenuti unfit, Roberto Speranza (Salute) e Luciana Lamorgese (Interno). Un capitolo a parte merita il M5S, che non riesce a scogliere le sue riserve ma si sta squagliando sotto il sole caldo di luglio, dilaniato tra l’ala governista e chi, invece, non vede l’ora di andare all’opposizione di Draghi. Consapevolmente o inconsapevolmente che questo potrebbe portare alla fine della legislatura per l’impossibilità di ricreare una coalizione di unità nazionale, dunque un nuovo governo. A quel punto il capo dello Stato, Sergio Mattarella (che in mattina ha incontrato proprio il premier al Quirinale, per un colloquio che – fanno notare – rientra nelle consuete interlocuzioni tra le due alte cariche dello Stato, in particolar modo nell’attuale fase politica e all’indomani della missione ad Algeri) non potrebbe far altro che sciogliere le Camere e mandare il Paese alle elezioni anticipate.
Questo scenario farebbe saltare per aria diversi decreti attuativi legati al Pnrr in scadenza a dicembre 2022, bloccherebbe il dl di luglio con i nuovi aiuti contro i rincari dell’energia e i danni della siccità, ma soprattutto creerebbe forti dubbi sulla prossima legge di Bilancio. Con la prospettiva, inquietante, dell’esercizio provvisorio, se le urne non dovessero dare un risultato chiaro e netto. In questo quadro di incertezza, almeno ci sono un paio di buone notizie per cittadini e imprese. Perché i prezzi di benzina e gasolio sono scese sotto i due euro, mentre i ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, firmano e mettono al sicuro almeno il decreto interministeriale di proroga fino al prossimo 21 agosto del taglio di 30 centesimi alle accise su benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione.
Il problema resta, ma con i venti di crisi a preoccupare di più sono gli stoccaggi. Visto che Gazprom continua a ripetere di non avere la certezza di poter riprendere i flussi dal 21 luglio, mentre chiude un nuovo accordo con National Iranian Oil Company, per “lo sviluppo dei giacimenti petroliferi e di gas dell’Iran, operazioni di swap di gas naturale e di prodotti petroliferi, realizzazione di progetti di Gnl su larga e piccola scala, costruzione di gasdotti, cooperazione scientifica, tecnica e tecnologica”. Una notizia che non frena l’entusiasmo per l’accordo firmato da Eni, Sonatrach, Oxy e TotalEnergies che consentirà di potenziare gli investimenti delle aziende, aumentando le riserve di idrocarburi dei giacimenti presenti nei blocchi 404 e 208, nel prolifico bacino del Berkine, nell’Algeria orientale, prolungandone la vita produttiva per ulteriori 25 anni. Questo proprio nel giorno in cui la Procura Generale rinuncia all’appello davanti alla II sezione della Corte d’Appello di Milano, mettendo definitivamente il punto a quella che la società definisce una “immotivata e sconcertante vicenda giudiziaria penale” riferita alla concessione Opl 245 in Nigeria. Ottime notizie, dunque, per Eni e il suo numero uno, Claudio Descalzi. Aspettando che dalla politica arrivino notizie. Possibilmente positive, in un senso o nell’altro.