Bruxelles – Alluvioni e inondazioni e banche, in Italia si cambia e in meglio. Il sistema creditizio tricolore appare attrezzato per far fronte ai fenomeni estremi figli del cambiamento climatico in atto. Ne è convinta la Banca centrale europea, che di quello italiano un caso di studio. Nell’ultimo rapporto dedicato ai legami tra banche e cambiamenti climatici, la BCE prende lo Stivale come parametro di rifermento per quanto riguarda la correlazione che c’è tra sportelli e alluvioni. “Il rischio di alluvione è uno dei principali fattori di rischio fisico in Italia, ma non più dello 0,6 per cento dei portafogli di prestiti delle banche è esposto al rischio di inondazione costiera”.
Le banche d’Italia non risultano particolarmente a rischio neppure in caso di straripamenti. “Per le piene dei fiumi, l’esposizione varia dal 2 per cento dei prestiti in un periodo di ritorno di dieci anni a quasi il 3,5 per cento in un periodo di ritorno di 500 anni”, rileva ancora l’Eurotower. Tutto questo vuol dire che “la perdita annua media complessiva prevista a causa del rischio di inondazioni sia fluviali che costiere è di circa lo 0,15 per cento del credito totale“.
In Italia dunque le banche sono al riparo da calamità naturali, almeno per quanto riguarda i due fenomeni presi in considerazione. Complessivamente, “l‘esposizione aggregata al rischio di alluvione costiero e fluviale è molto bassa, con meno del 3,5 per cento dei prestiti in essere a rischio”.
Se questo può far tirare un sospiro di sollievo, per la stabilità bancaria del sistema Paese, dall’altra parte non deve servire ad abbassare la guardia, perché non ci sono soltanto alluvioni e inondazioni. Al contrario, avvertono gli analisti di Francoforte, “rischi naturali interdipendenti, come stress idrico, stress da calore ed incendi boschivi, possono amplificare il rischio per il clima fisico, poiché possono raggrupparsi e aggravarsi a vicenda”. Vuol dire ripercussioni su prezzi di mutui e ancor più inasprimento per le condizioni di prestito alle imprese. Qualcosa da non prendere sotto gamba, poiché “le dinamiche di mercato possono anche amplificare l’impatto finanziario dei rischi fisici”.
Se l’Italia offre un modello fin qui all’insegna del basso rischio, c’è tutto il sistema dell’Eurozona a dover fare i conti con cambiamenti climatici e fenomeni estremi. “Le esposizioni alle perdite legate al clima restano concentrate a livello delle banche, con oltre il 20 per cento delle perdite potenziali che risiedono nelle partecipazioni del 5 per cento delle banche dell’area dell’euro”.