Bruxelles – Con la definizione delle alleanze in vista del voto del 25 settembre la campagna elettorale in Italia è ufficialmente iniziata. Le forze politiche stanno scoprendo le proprie carte sul tavolo e in alcuni casi vengono citati anche l’Unione Europea e i suoi Stati membri, in modo critico o come punto di riferimento, per convincere l’elettorato della bontà e della forza delle proprie proposte. È proprio su questo punto che Eunews si concentrerà nel corso di questo mese e mezzo che precede il giorno delle urne, verificando l’attendibilità delle promesse e delle dichiarazioni – che riguardano esplicitamente l’Ue – rilasciate dai principali leader dei partiti in corsa.
“È un impegno che mi prendo, se noi vinciamo le elezioni, nel 2027 gli insegnanti italiani saranno pagati con una retribuzione nella media con quella degli altri Paesi Ue“. È quanto dichiarato dal segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, nel corso del programma Filorosso su Rai3 martedì 9 agosto, ricordando che gli stipendi dei docenti italiani sono tra i più bassi nell’Unione Europea. “Dopo i molti errori (anche nostri) e dopo le difficoltà della didattica a distanza, dobbiamo ripartire dalla funzione sociale degli insegnanti, aumentando i loro stipendi e portandoli ai livelli europei”, ha rafforzato il concetto il leader del Pd. Una promessa messa nero su bianco anche nel programma elettorale Insieme per un’Italia democratica e progressista: “Vogliamo rimettere al centro la scuola e restituire al mestiere dell’insegnante la dignità e centralità che merita, garantendo una formazione adeguata e continua e allineando, entro i prossimi cinque anni, gli stipendi alla media europea“.
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Gli stipendi dei docenti italiani sono effettivamente inferiori alla media Ue, ma non è esatto affermare che siano tra i più bassi tra tutti i Paesi membri. Questo almeno se si confrontano i dati contenuti nel rapporto Stipendi e indennità di insegnanti e dirigenti scolastici in Europa – 2020/2021, pubblicato a inizio luglio da Eurydice, la rete europea di informazione sull’istruzione. Per comparare il livello medio in ogni Stato membro Ue sono stati considerati i salari lordi annuali degli insegnanti nell’anno scolastico 2020/2021. Escludendo cinque Paesi che non hanno ancora fornito informazioni (Bulgaria, Croazia, Lussemburgo, Polonia, Spagna), l’Italia si trova esattamente a metà classifica (11esima su 22), con una media di 31.564 euro per i docenti delle scuole secondarie di primo grado e 33.810 euro per quelli delle scuole secondarie di secondo grado. Il dato è inferiore in entrambi i casi alla media Ue – rispettivamente di 5.232 e di 5.631 euro (lordi, l’anno) – mentre gli stipendi più alti sono quelli garantiti da Danimarca (76.377 euro), Germania (73.556), Austria (67.207), Paesi Bassi (66.711) e Irlanda (62.573).
Se aumentare gli stipendi dei docenti italiani e portarli in linea con la media europea può essere una proposta non irrealizzabile e alla portata del Paese, è necessario però fare una precisazione. Parlare di “livelli europei” nella retribuzione dei lavoratori dipendenti rischia di essere un discorso approssimativo, che non considera fattori come il costo della vita diverso da Paese a Paese (se non da città a città) e soprattutto del sistema di tassazione sui redditi, competenza dei singoli Stati membri Ue. Per esempio, in Belgio un docente di scuola secondaria di secondo grado che percepisce annualmente uno stipendio medio lordo pari a 54 mila euro (circa 20 mila in più di un collega italiano), è tenuto a versarne la metà come imposta sulle persone fisiche (il 50 per cento sui redditi superiori ai 38 mila euro). In Italia invece l’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) prevede che un docente che guadagna uno stipendio lordo medio di 33.800 euro ne versi il 35 per cento allo Stato. Ne risulta una forbice sullo stipendio medio molto ampia tra i due lavoratori se si considera il lordo, che si riduce però sensibilmente calcolando quello al netto delle imposte: 27 mila euro (in Belgio) contro 22 mila (in Italia) all’anno.
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Va però ricordato che il segretario del Partito Democratico ha anche fatto esplicitamente riferimento all’aumento dello stipendio con l’anzianità di servizio: “All’inizio della carriera è un pochino meno [la differenza con la media Ue, ndr], dopodiché in tutti gli altri Paesi europei cresce lo stipendio, in Italia praticamente rimane quasi uguale“. Confrontando i dati sui salari di inizio carriera e dopo 15 anni di lavoro nei Paesi membri Ue, questa affermazione risulta veritiera ed è probabilmente su questo punto che si dovrebbe insistere con più forza per migliorare il livello delle retribuzioni nella scuola pubblica. Se il primo stipendio di un docente italiano di scuola secondaria di secondo grado è mediamente pari a 26.114 euro lordi l’anno, la media Ue è leggermente più alta (1.095 euro in più), ma la forbice si allarga con il passare del tempo: dopo 15 anni ha già raggiunto i 4.184 euro. Inoltre, per arrivare al massimo dello stipendio in Italia (40.597 euro) ci si impiega mediamente 35 anni, mentre in Danimarca (85.589) appena sette.