Bruxelles – Non c’è pace tra la premier Giorgia Meloni e il presidente francese Emmanuel Macron. Dopo gli screzi sull’immigrazione per il caso Ocean Viking, e dopo il mancato coinvolgimento nell’esclusivo vertice a tre di ieri sera a Parigi con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, questa mattina (9 febbraio) al suo arrivo al Consiglio europeo, il capo di governo italiano non ha perso l’occasione per punzecchiare l’Eliseo e definire “inopportuno” l’invito al leader ucraino.
“Credo che la nostra forza in questa vicenda sia l’unità e la compattezza. Capisco le questioni di politica interna, il fatto di privilegiare la propria opinione pubblica, ma ci sono momenti in cui farlo rischia di andare a discapito della causa. E questo mi pare fosse uno di quei casi”, ha sentenziato la presidente del Consiglio. Immediata la risposta di Macron, pochi minuti dopo, che senza alcuna remora ha dichiarato: “Desideravo incontrare il presidente Zelensky con il cancelliere Scholz, ci sarà tempo tutto il giorno per gli incontri con altri Paesi o gruppi di Paesi”. Punto.
Dietro alla scelta dell’Eliseo c’è in realtà ben altro che un semplice sgarbo a Roma: come ricordato dallo stesso Macron, “Francia e Germania hanno una posizione particolare sull’Ucraina da otto anni”. Il presidente francese si riferisce ai tempi della guerra del Donbass, nel 2014, quando, con l’allora cancelliera Angela Merkel, l’asse franco-tedesco guidò le trattative di pace tra Russia e Ucraina, che portarono agli accordi di Minsk II nel febbraio 2015. Macron, ieri sera, ha riproposto quel “Formato Normandia” – dall’incontro ristretto del 6 giugno 2014 con rappresentanti di Berlino, Mosca e Kiev-, che solo talvolta ha incluso le altre due potenze continentali, Regno Unito e Italia. “Penso che anche il presidente Zelensky abbia apprezzato il formato dell’incontro che ho scelto”, ha commentato ancora il presidente francese.
Inoltre l’asse franco-tedesco opera già, in virtù del trattato di Aquisgrana del 2019, come una sorta di “diplomazia unica” nel settore della difesa e dello sviluppo militare. Trattato che Giorgia Meloni, al tempo leader di Fratelli d’Italia, aveva già duramente criticato, definendolo “un super Stato all’interno dell’Unione europea”.