Bruxelles – Era il 24 febbraio 2022 quando la Russia di Vladimir Putin iniziava l’invasione armata dell’Ucraina. Con il ritorno della guerra sul continente europeo, le istituzioni e gli Stati membri dell’Unione Europea si sono trovati di fronte a un bivio: sostenere il Paese aggredito con ogni mezzo, o lasciare che l’aggressore facesse di Kiev quanto volesse con le proprie capacità militari. I Ventisette hanno seguito la prima strada, fornendo un sostegno costante e crescente all’Ucraina capace di resistere all’avanzata dell’esercito russo. A livello politico, militare, umanitario, finanziario e anche prendendo decisioni cruciali sul piano economico ed energetico, per tagliare le fonti di finanziamento della guerra illegale del Cremlino.
Il 24 febbraio 2023 l’Ue si ritrova a fare i conti con le conseguenze di un anno di guerra, ma anche con la decisione di rimanere al fianco dell’Ucraina “per tutto il tempo necessario”, come continuano a ribadire i leader delle istituzioni comunitarie. E come dimostrano queste 12 fotografie iconiche, una per ogni mese di supporto dell’Unione Europea al Paese ancora sotto le bombe dell’esercito russo, ma il cui destino è ormai intrecciato a quello di Bruxelles.
La reazione all’invasione russa
Nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio il territorio dell’Ucraina viene invaso dalle truppe russe, con esplosioni in decine di città, tra cui anche la capitale Kiev. Alle parole di dura condanna da parte di tutte le istituzioni comunitarie segue l’azione dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri, che vengono convocati la sera stessa dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, per un vertice straordinario con l’obiettivo di coordinare la risposta europea alla guerra d’aggressione di Mosca.
I Ventisette decidono di dare il via libera a un secondo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino – dopo quello approvato il giorno prima dell’inizio dell’invasione per l’invio di truppe nelle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk – che include anche l’autocrate Putin e il suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. Per la prima volta si sblocca anche un finanziamento da 500 milioni di euro attraverso l’European Peace Facility per permettere a Kiev di acquistare armi per la difesa. A quattro giorni dall’inizio dell’invasione il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, firma la richiesta formale per la candidatura all’adesione all’Unione Europea.
Il messaggio di Zelensky al Parlamento Ue
Il mese di marzo si apre con l’intervento del presidente Zelensky in video-collegamento da Kiev con i membri del Parlamento Europeo, riunitisi per l’occasione a Bruxelles in sessione plenaria straordinaria. Alla richiesta del leader ucraino di sostegno per l’adesione all’Ue, l’Eurocamera risponde con un whatever it takes di draghiana memoria. Anche i leader dei Ventisette iniziano a mobilitarsi, con il viaggio dei premier di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia nella Kiev sotto le bombe russe e l’accalorato intervento della prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, alla plenaria del Parlamento Ue.
I leader Ue si incontrano l’11 marzo a Versailles per ragionare insieme sulle modalità per rendere l’Unione indipendente dalle fonti fossili russe, mentre un terzo e un quarto pacchetto di sanzioni prendono di mira anche gli investimenti nel settore bancario ed energetico del Paese aggressore. Sul piano umanitario è storica la decisione di attivare per la prima volta dalla sua istituzione nel 2001 la Direttiva europea sulla protezione temporanea, stabilendo lo status di protezione di gruppo per tutti i rifugiati ucraini.
Le istituzioni Ue a Kiev
Ad aprile è la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, a rompere gli indugi e sorprendere i Ventisette con un viaggio nella Kiev sotto assedio, per portare il messaggio di vicinanza e di impegno di Bruxelles a sostegno dell’Ucraina. A stretto giro seguono le trasferte anche della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per visitare i luoghi dei massacri russi sui civili ucraini a Bucha e per consegnare il questionario per l’adesione all’Unione. Fino a quella del presidente del Consiglio Ue Michel “nel cuore di un’Europa libera e democratica“.
Parallelamente alla decisione di sospendere i dazi su tutte le esportazioni dall’Ucraina verso l’Unione, a Bruxelles continua il lavoro di pressione su Mosca. Non solo con un quinto pacchetto di sanzioni che colpisce il commercio di carbone russo, ma anche con le prime aperture alla confisca dei beni degli oligarchi implicati in attività criminali.
Tra energia, grano e ricostruzione dell’Ucraina
È maggio il mese in cui si assiste al rischio di divisione tra i Ventisette, non tanto sul supporto all’Ucraina, quanto sul portare avanti le sanzioni contro Mosca. Lo strappo in avanti della presidente della Commissione Ue von der Leyen sul sesto pacchetto – con l’embargo graduale a tutto il petrolio russo – apre un contenzioso diplomatico con l’Ungheria di Viktor Orbán, che si trascina fino al Consiglio Europeo straordinario di fine mese (per le sanzioni è necessaria l’unanimità). Lo stesso vertice in cui però si intravede qualche apertura su un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia. Consapevole che la determinazione nel sostegno di Kiev si baserà sul grado di indipendenza energetica dalle fonti fossili di Mosca, la Commissione presenta il Piano RePowerEu, per diversificare i fornitori, abbattere i consumi e aumentare la capacità di energia rinnovabile.
La diplomazia di Bruxelles continua a muoversi su due fronti. Parallelamente alla proposta di semplificare la confisca dei beni degli oligarchi russi e riutilizzare i fondi per la ricostruzione dell’Ucraina, il tema del supporto finanziario post-bellico al Paese invaso è all’ordine del giorno. Il 5 maggio si svolge a Varsavia la Conferenza internazionale dei donatori, mentre si inizia a ragionare su una Piattaforma di ricostruzione in collaborazione tra Bruxelles e Kiev. Nel frattempo però devono essere sbloccate le scorte di grano ucraino prese in ostaggio dalla flotta russa nei porti del Mar Nero: l’Ue apre così i corridoi di solidarietà per facilitare le esportazioni dall’Ucraina su ruota.
L’adesione dell’Ucraina all’Ue
Dopo gli psico-drammi diplomatici di maggio e dopo 30 giorni ad alta tensione a Bruxelles, il 3 giugno si chiude la partita del sesto pacchetto di sanzioni contro il Cremlino con l’embargo graduale (e deroghe temporanee) al petrolio russo. Mentre a Kiev il premier italiano, Mario Draghi, il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, promettono che non ci sarà nessun negoziato con Mosca “finché l’Ucraina non sarà pronta“, a giugno l’attenzione è tutta sul Consiglio Europeo che deve prendere la decisione sulla concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue (dopo il parere positivo della Commissione).
A chiedere che il 24 giugno passi alla storia come “il giorno della svolta” per l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è il presidente della Verchovna Rada (il Parlamento ucraino), Ruslan Stefančuk, intervenuto alla sessione plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo. L’appuntamento con il destino europeo per Kiev arriva con un giorno d’anticipo, il 23 giugno, quando il Consiglio Europeo dà il via libera alla concessione dello status di Paese candidato.
La bandiera a dodici stelle al Parlamento di Kiev
Il rapporto tra Bruxelles e Kiev continua a stringersi anche sul piano simbolico. Dal primo luglio nell’Aula della Verchovna Rada campeggiano due bandiere gialle e blu: quella con il cerchio di 12 stelle dell’Unione Europea e quella a bande orizzontali dell’Ucraina. A tre mesi esatti dall’intervento della presidente dell’Eurocamera Metsola al Parlamento di Kiev, anche la numero uno della Commissione Ue von der Leyen si rivolge direttamente ai deputati ucraini e promette di rimanere al fianco dell’Ucraina “fino a quando varcherete la porta che conduce alla nostra Unione”.
A Bruxelles bisogna però fare i conti con la reazione del Cremlino. Mentre vengono rafforzate le misure restrittive con una nuova tornata di sanzioni (definita di aggiornamento e allineamento, non settimo pacchetto), il gigante russo Gazprom ferma a più riprese le turbine del gasdotto Nord Stream 1, la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente. La capacità del gasdotto si dimezza stabilmente dal 27 luglio e i Ventisette capiscono che la guerra della Russia all’Ue si è spostata sul piano energetico: Mosca vuole indebolire il sostegno dell’Unione all’Ucraina, facendone pagare ai cittadini le conseguenze durante il prossimo inverno.
Il giorno dell’Indipendenza ucraina
Il tema della bandiera come legame tra Bruxelles e Kiev ritorna il 24 agosto, in occasione del Giorno dell’Indipendenza dell’Ucraina (che commemora la fuoriuscita dall’Unione Sovietica nel 1991). Le istituzioni comunitarie si illuminano di giallo e blu, mentre la presidente della Commissione Ue von der Leyen partecipa alla cerimonia alla Grand-Place di Bruxelles vestita con l’ormai consueta camicia blu e giacca gialla. La difesa della sovranità e integrità territoriale del Paese invaso dall’esercito russo riguarda anche la penisola di Crimea – annessa illegalmente alla Russia dal 2014 – come ribadito dai leader internazionali al secondo summit della Piattaforma per la Crimea.
Per affrontare le conseguenze energetiche della guerra russa, l’Unione spinge sul riempimento degli stoccaggi di gas in vista dell’inverno con l’obiettivo dell’80 per cento di capacità entro il primo novembre (per arrivare poi al 90 a partire dall’inverno 2023). Per affrontare la crisi alimentare globale causata dal blocco delle esportazioni di grano ucraino nel Mar Nero, Bruxelles accoglie con soddisfazione la prima nave salpata dal porto di Odessa nel contesto dell’Iniziativa sul grano nel Mar Nero mediata da Turchia e Nazioni Unite, che si affianca ai corridoi di solidarietà dell’Ue.
Tre leader a Strasburgo, quattro regioni annesse alla Russia
Il 14 settembre a Strasburgo va in scena il discorso sullo Stato dell’Unione di von der Leyen, in cui all’Ucraina viene promesso l’ingresso nel Mercato Unico. A presenziare alla cerimonia, oltre alla presidente del Parlamento Ue Metsola, c’è anche la first lady ucraina, Olena Zelenska. Il giorno seguente la numero uno dell’esecutivo comunitario torna a Kiev, dove assiste all’incisione del suo nome nella ‘Walk of the Brave’, la strada dei valorosi che hanno combattuto contro la Russia. La tensione con il Cremlino aumenta con l’annessione delle quattro regioni occupate in Ucraina – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia – alla Russia e la mobilitazione parziale di 300 mila riservisti. La risposta dell’Unione è durissima: le porte di Schengen si chiudono a tutti i russi, anche a quelli che fuggono dalla chiamata alle armi.
Mentre il flusso di assistenza macro-finanziaria verso l’Ucraina aumenta di portata, tra Bruxelles e Mosca continua la guerra economica ed energetica. Il gasdotto Nord Stream 1 non riparte e Putin minaccia che non succederà fino a quando ci saranno sanzioni contro la Russia (che contano ora otto tornate). Prima del sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 con la fuoriuscita di metano nel Mar Baltico, la presidente della Commissione Ue annuncia – sempre durante il discorso sullo Stato dell’Unione – un pacchetto di misure immediate per affrontare la crisi energetica.
Una nuova Comunità
Con ottobre inizia un nuovo progetto politico sul continente: la Comunità Politica Europea, che porta allo stesso tavolo di dialogo 44 capi di Stato e di governo Ue ed extra-Ue. L’Ucraina partecipa, la Russia è esclusa. Alla prima riunione di Praga partecipa di persona il premier ucraino, Denys Shmyhal, mentre il presidente Zelensky rivolge un messaggio in video-collegamento per discutere di armi e addestramento militare da parte degli altri Paesi europei. Pochi giorni più tardi a Bruxelles viene istituita la missione Eumam per l’assistenza militare e l’addestramento di soldati ucraini.
Parallelamente, sul piano umanitario viene estesa fino a marzo 2024 la protezione temporanea dell’Ue per i rifugiati ucraini. Un tema portante del confronto tra Bruxelles e Kiev è quello dell’assistenza macro-finanziaria: alla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina a Berlino la presidente della Commissione Ue von der Leyen anticipa la volontà di garantire 1,5 miliardi di euro al mese per tutto il 2023. Contro la strumentalizzazione dell’energia da parte del Cremlino continua il lavoro a Bruxelles per affrontare l’impennata dei prezzi, con una nuova proposta su un pacchetto basato su tre pilastri.
Un missile sulla Polonia
Il 15 novembre è il momento in cui l’Europa teme per la prima volta che il conflitto possa estendersi oltre i confini dell’Ucraina e coinvolgere un Paese membro della Nato. Alle ore 15:40 un missile cade nel villaggio di Przewodów (a un centinaio di chilometri da Leopoli) in Polonia, e causa la morte di due persone. Le indagini di Varsavia indicano che non si tratta di un attacco di Mosca ma di un errore dei sistemi di contraerea ucraini per la difesa dai bombardamenti russi: per questo si parla di “responsabilità indiretta” del Cremlino. Il lavoro di Bruxelles si concentra sull’istituzione di un tribunale specializzato contro i crimini di guerra e su una direttiva per facilitare la confisca dei beni e degli asset degli oligarchi.
Di fronte all’intensificarsi degli attacchi missilistici sulle infrastrutture civili ed energetiche ucraine, l’Ue aumenta la fornitura di trasformatori e generatori di elettricità. Ma soprattutto prende forma il futuro pacchetto di sostegno da 18 miliardi di euro di assistenza macro-finanziaria per il 2023 in prestiti agevolati da erogare in rate regolari. Si definiscono anche i dettagli della missione Eumam: la missione di addestramento per 15 mila membri delle Forze Armate ucraine durerà 24 mesi e si baserà su uno stanziamento pari a 16 milioni di euro.
“Convocheremo tutti i Consigli Energia necessari”
La fine dell’anno porta con sé la consapevolezza che va raggiunto l’accordo tra i Ventisette sul tetto al prezzo del gas russo, ultimo tassello per l’autonomia energetica necessaria per continuare a supportare con efficacia l’Ucraina nel 2023 senza ricatti da Mosca. Con il motto We will convene as many Energy Councils as necessary (“convocheremo tutti i Consigli Energia necessari”), la presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue chiude la partita il 19 dicembre.
Per il sostegno energetico a Kiev vengono mobilitati 30 milioni di lampadine al Led (per un risparmio di un gigawatt di elettricità, “equivalente alla produzione annuale di una centrale nucleare”) e in solidarietà con il popolo ucraino il 21 dicembre si spengono tutte le luci negli edifici delle istituzioni Ue. Sul piano militare le risorse dell’European Peace Facility vengono portate a un totale di 2 miliardi di euro per il 2023 (con altrettanti già stanziati nel 2022), mentre il nono pacchetto di sanzioni in soli dieci mesi colpisce nuovamente la Russia.
Tempo di bilanci e carri armati
Il 2023 si apre con le notizie sul prossimo vertice Ue-Ucraina, che sarà ospitato a Kiev il 3 febbraio, e sulla possibile trasferta del Collegio dei commissari nella capitale ucraina. Il 19 gennaio il presidente del Consiglio Ue Michel torna per la terza volta nella capitale ucraina, da dove rivolge un appello alla Germania per mettere fine alle resistenze sull’invio dei carri armati pesanti Leopard 2. Le pressioni internazionali portano Berlino a sbloccare le consegne sei giorni più tardi, mentre a Bruxelles viene raggiunta l’intesa sulla settima tranche di aiuti militari da 500 milioni di euro.
L’anno nuovo porta in eredità anche il primo stanziamento da 3 miliardi di euro (dei 18 complessivi nel 2023) per l’assistenza macro-finanziaria al Paese invaso dall’esercito russo. Mentre ancora si piange la morte del ministro degli Interni, Denys Monastyrskyi, nello schianto dell’elicottero alla periferia di Kiev, in Polonia viene inaugurato il nuovo hub rescEu per la fornitura di assistenza energetica d’emergenza. A Bruxelles è anche tempo di bilanci di quasi un anno di guerra: nel 2022 è stata concessa la protezione temporanea a oltre 3 milioni di rifugiati ucraini. Sul fronte russo, invece, Eurostat evidenzia che gli effetti delle sanzioni sono diventati “particolarmente visibili negli ultimi mesi”.
La storica visita di Zelensky a Bruxelles
Il mese di febbraio del 2023 marca il primo anniversario dall’inizio dell’invasione russa e per Kiev è il momento di intensificare le visite internazionali (comprese quelle con i partner del Regno Unito e degli Stati Uniti). I primi incontri si tengono proprio nella capitale ucraina: la visita del Collegio dei commissari alle controparti del governo Shmyhal e l’incontro tra i presidenti Zelensky, Michel e von der Leyen per il primo vertice Ue-Ucraina dall’inizio della guerra. Ma il momento cruciale è quello della visita di persona del numero uno ucraino Zelensky a Bruxelles, che arriva il 9 febbraio con l’intervento alla sessione plenaria straordinaria del Parlamento Ue e con il confronto diretto con i leader dei Ventisette riuniti al Consiglio Europeo.
Le due settimane che portano alla data simbolica del 24 febbraio sono dedicate alla preparazione della decima tornata di sanzioni contro la Russia di Putin, per dare un segnale non solo simbolico di rinnovata e costante solidarietà a Kiev. Dopo la dura risposta al discorso alla nazione di Putin e il viaggio a Kiev della premier italiana, Giorgia Meloni, il Consiglio lavora senza sosta per dare forma all’ultima tornata di misure restrittive nel giorno dell’anniversario.
Con le bandiere gialle e blu che sventolano davanti alle tre istituzioni comunitarie a Bruxelles, si chiude così il primo anno di guerra in Ucraina. Di fronte a un conflitto che però continua – mietendo ogni giorno vittime su vittime innocenti – rimane saldo il supporto dell’Unione Europea a un Paese sovrano invaso militarmente da un esercito straniero, in violazione di tutti i principi del diritto internazionale.