Bruxelles – Europa porto cinese. La Repubblica popolare cinese entra nel mercato unico controllandone i punti di accesso marittimi, e garantendosi così il controllo delle merci in entrata e uscita. Da anni Pechino sta investendo sempre più nelle principali infrastrutture europee, in modo sempre più capillare da non passare più inosservata. Soprattutto nei porti. L’Ue e i suoi Stati membri solo adesso iniziano a fare i conti con politiche troppo permissive che inducono a riflettere circa la dipendenza strategica dalla Cina e il modo in cui influisce sugli interessi economici dell’UE.
Solo nel 2021 l’Ue ha esportato merci in Cina per 223 miliardi di euro e ha importato merci per un valore di 472 miliardi di euro. Una bilancia commerciale in passivo, a vantaggio del Paese asiatico, che si configura come il principale partner commerciale dell’Europa per quanto riguarda le importazioni di merci. “Una parte sostanziale passa attraverso i porti dell’Ue, in particolare i porti marittimi”, rileva un documento di lavoro del Parlamento europeo. Porti sempre pià cinesi e sempre meno europei. Perché ormai “le imprese cinesi hanno sviluppato interessi economici nei porti dei paesi europei, tra cui Grecia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Spagna e Italia“.
In Europa si inizia a fare una prima mappatura della nuova situazione portuale. In Germania nel 2022, COSCO (China Ocean Shipping Company), la compagnia mercantile cinese di Stato, ha acquistato il 24,9 per cento di Tolleport, la società che gestisce il terminal container di Amburgo, ha infine acquistato una partecipazione del 24,9%, a seguito delle proteste segnalate nel governo di coalizione. Inoltre, Hutchison Port Holdings, con quartier generale a Hong Kong, regione autonoma cinese, gestisce un terminal multimodale interno a Duisburg.
In Grecia sempre COSCO possiede una quota di maggioranza nei terminal del porto del Pireo, gestendo due terminal tramite una controllata, e ha il controllo operativo tramite una quota di maggioranza nell’autorità portuale del Pireo. Inoltre, China Merchants Port Holdings detiene una partecipazione di minoranza a Salonicco. Una penetrazione resa possibile anche dal programma di assistenza finanziaria alla Grecia. Per salvare la Repubblica ellenica dal rischio default e conseguente crisi per l’intera eurozona, i creditori hanno imposto una serie di riforme, incluso un piano di privatizzazioni che ha agevolato acquisti anche da parte cinese.
COSCO è presente anche in Belgio. Possiede una partecipazione di controllo in un terminal per container a Zeebrugge e una quota di minoranza in un terminal per container ad Anversa. China Merchants Port Holdings detiene una quota di minoranza ad Anversa e Hutchison Port Holdings gestisce un terminal interno a Willebroek.
Nei Paesi Bassi, sia COSCO Shipping che Hutchison Ports hanno partecipazioni in terminal per container nel porto di Rotterdam. Hutchison Port Holdings gestisce due terminal, Euromax ed Delta, il che lo rende il più grande operatore di terminal per container di Rotterdam. Gestisce anche terminali interni a Venlo, Amsterdam e Moerdijk.
Non finisce qui. In Spagna COSCO detiene partecipazioni di controllo nei più grandi terminal dei porti di Valencia e Bilbao. Hutchison Port Holdings ha anche una partecipazione a Barcellona. Mentre in Francia, China Merchants Port Holdings detiene quote di minoranza nei terminal di Montoir, Dunkerque, Le Havre e Fos. A Malta, China Merchants Port Holdings detiene una partecipazione di minoranza in Marsaloxlokk. In Svezia e Polonia, Hutchison Port Holdings detiene partecipazioni rispettivamente a Stoccolma e Gdynia.
In Italia nel 2016 COSCO ha acquistato il 40 per cento del porto di Vado Ligure. L’operazione ha coinvolto anche la Qingdao Port International Development di Hong Kong, che ha acquistato un ulteriore 9,9 per cento del nuovo terminal container. Ma sembra che la Cina nutra interessi anche nei porti italiani di Taranto e Palermo.
Germania, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Malta, Svezia, Polonia, Paesi Bassi e Belgio. La Cina è presente in dieci Stati membri dell’Ue, di cui controlla snodi commerciali marittimi importanti e di cui l’Europa sembra aver perso il controllo. Un problema, secondo gli analisti del Parlamento europeo. I rischi evidenziati in relazione alla proprietà cinese dei porti europei includono “l’alterazione del flusso di merci da un porto europeo all’altro e l’accesso al funzionamento interno dei terminal container europei”. C’è anche uno scenario in cui la Cina arriverebbe a svolgere “un ruolo importante nella logistica europea o diventare influente al punto da diventare una dipendenza strategica dalla Cina.
“Gli investimenti portuali potrebbero essere una fonte indiretta di leva politica“, nella misura in cui “più l’economia del Paese beneficia della presenza di operatori portuali cinesi, più dipende dai buoni rapporti con la Cina”. Anche perché i terminal marittimi controllati da Pechino – Rotterdam, Amburgo, Amsterdam, Zeebrugge, Le Havre, Pireo – sono tutti punti centrali della strategia dell’Ue Ten-T per le grandi reti.
L’Europa solo recentemente si è resa conto della questione cinese per sé stessa e il suo futuro. Si vuole riequilibrare il rapporto di forze per le materie prime critiche, necessarie per la transizione verde e sostenibile. Materie prime che, anche se acquistate, passano anche per i porti europei. Controllati dalla Cina e le sue imprese.