Bruxelles – A Bruxelles è sempre più probabile l’ipotesi di un nuovo rinvio sul voto per dire basta allo stop per i motori a benzina e diesel a partire dal 2035. Dopo lo slittamento di mercoledì primo marzo, a quanto si apprende, la Germania non sembra in grado di risolvere entro le prossime 24 ore i suoi dubbi e dunque senza certezza della posizione tedesca, la presidenza di Stoccolma alla guida dell’Ue non ha alcun interesse a portare il dossier domani all’ordine del giorno degli ambasciatori che dovrebbero votarlo, perché rischia di trovarsi di fronte alla bocciatura dei Ventisette. Confermati il ‘no’ dell’Italia e della Polonia e con l’astensione della Bulgaria, l’ago della bilancia in Consiglio è rappresentato dalla Germania, che se anche dovesse astenersi, contribuirebbe a far formare una minoranza di blocco in seno al Consiglio che affosserebbe l’intero dossier.
La presidenza non dovrebbe rischiare e dunque è probabile che il voto slitti ancora. Il dossier doveva tornare in agenda domani alla riunione degli ambasciatori dell’Ue al Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue), chiamati a dare l’ultimo via libera all’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento a fine ottobre. Il voto finale si sarebbe dovuto tenere ieri mattina come primo punto all’ordine del giorno, ma presidenza della Svezia alla guida del Consiglio Ue – una volta preso atto di una maggioranza traballante sul testo finale – ha poi deciso sempre di rimandare a venerdì il voto sul dossier. Con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo otterrebbe comunque il via libera tra gli ambasciatori dei Ventisette con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55 per cento degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65 per cento della popolazione totale dell’Ue. A pesare questa volta è l’indecisione della Germania, che da settimane sta facendo pressioni sulla Commissione europea per presentare nuove norme per consentire la vendita di motori a combustione dopo il 2035 se si potrà dimostrare che sono alimentati con gli e-fuel, ovvero combustibili liquidi o gassosi, di origine sintetica, che vengono prodotti attraverso processi alimentati da energia elettrica.
In realtà, l’accordo politico negoziato dai co-legislatori in ottobre già prevede un riferimento al fatto che la Commissione europea presenti una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035. Berlino preme per il riconoscimento immediato o almeno per un impegno vincolante da parte di Bruxelles che le nuove norme con un voto contrario o un’astensione della Germania (che rappresenta circa il 18,59 per cento della popolazione europea) il risultato sarebbe ribaltato. Questo ha spinto la presidenza di Stoccolma a rimandare il voto, avere più tempo per convincere la Germania a restare a bordo e a non vanificare l’intero piano. Si lavora dunque a un emendamento, o un aggiustamento, al testo finale dell’accordo che rassicuri Berlino e al tempo stesso non si allontani dall’intesa con gli eurodeputati.
L’accordo
L’intesa raggiunta in ottobre prevede inoltre lo stop alla vendita di auto e furgoni con motori a combustione interna, quindi benzina e diesel, entro il 2035 in tutta Ue, con una tappa intermedia di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto nuove e dei nuovi furgoni entro il 2030 (rispettivamente del 55 e 50 per cento, rispetto ai livelli del 2021). Entro il 2025, la Commissione Ue dovrà presentare un metodo di calcolo per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato dell’Ue e l’accordo include una clausola di revisione perché la Commissione valuti nel 2026 i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e possa riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in.
E’ stato mantenuto il meccanismo di incentivi per i veicoli a zero e basse emissioni fino al 2030, per cui se un produttore soddisfa determinati parametri di riferimento per la vendita di veicoli a zero e basse emissioni può essere premiato con obiettivi di CO2 meno severi. Infine, l’accordo include una formulazione sui carburanti CO2 neutrali in base alla quale la Commissione presenterà una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035. Mantenuto il cosiddetto emendamento ‘salva Motor Valley’, che deroga fino al 2035 gli standard di emissione per i produttori di piccoli volumi di produzione (da 1.000 a 10.000 auto nuove o da 1.000 a 22.000 nuovi furgoni). L’esenzione è totale per i produttori di meno di 1.000 nuove immatricolazioni di veicoli all’anno.
Urso a Bruxelles: L’Italia vota contro
L’Italia conferma il ‘no’ ideologico alla proposta per mandare un chiaro all’Unione europea. A sostenerlo oggi è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, confermando il voto contrario del Paese. La transizione passa anche per le auto e per la mobilità, ma per l’attuale governo italiano il futuro non può essere solo elettrico. Per Urso il voto contrario dell’Italia è più un modo per mandare all’Ue un segnale che “l’Italia è tornata”, e intende far sentire la propria voce su tutti i dossier legislativi che sono ancora aperti, non soltanto quelli inerenti all’automotive ma anche quelli che “riguardano ad esempio il packaging piuttosto che l’eco-tessile”, ha citato il ministro.
Un “segnale d’allarme, una sveglia a tutta l’Europa a non dare nulla per scontato”, ha spiegato il ministro. “A dire che l’Italia c’è, è presente e lo saremo in ogni consesso in maniera qualificata e autorevole. Questa battaglia non è del governo di Giorgia Meloni, ma del Paese e dell’Italia”. Sul fronte dell’automotive, i dossier aperti su cui l’Italia punta ad alzare la voce sono quelli delle norme Euro 7 – su cui Roma rivendica il principio di neutralità tecnologica – e quelle relative ai veicoli pesanti. Ma, sintomo che anche il governo italiano è convinto che il provvedimento passerà, sul fascicolo al voto del Coreper domani, invece, Urso assicura che l’Italia non mette in dubbio le date del 2035 o del 2050, “ma chiediamo che ci sia una riflessione sulla base dei dati concreti che sono sotto gli occhi di tutti e che hanno portato le associazioni di imprese europee e i lavoratori europei a chiedere un cambio di passo alla Commissione”.
E’ in prospettiva che l’Italia considera di poter puntare sulla clausola di revisione prevista dall’accordo per il 2026 quando, secondo il ministro, “potremmo rimettere in discussione questo percorso in un clima molto diverso, con un nuovo Parlamento europeo in cui aumenta la consapevolezza che occorre cambiare e in una nuova Commissione che uscirà appunto il prossimo anno come indicazione dei diversi governi dell’Ue”. A maggio 2024 ci saranno le elezioni europee e il Paese pensa di poter fare affidamento su una maggioranza diversa da quella attuale, per riscrivere parte della normativa.