Bruxelles – Con l’aggressione della Russia in Ucraina, il 24 febbraio 2022, Mosca ha invaso il granaio d’Europa, esasperando una crisi alimentare mondiale che già si percepiva da qualche anno. Perché Ucraina e Russia rappresentano circa il 30 per cento del commercio mondiale di grano, il 32 per cento di orzo, il 17 per cento di mais e oltre il 50 per cento di olio di girasole e semi. Perché negli ultimi anni prima del conflitto, tra il 2016 e il 2021, circa il 90 per cento delle esportazioni ucraine di frumento è stato destinato all’Africa e all’Asia, raggiungendo alcune delle regioni più svantaggiate del pianeta.
Con l’inizio della guerra, questo flusso di prodotti alimentari si è bruscamente interrotto: il blocco dei porti ucraini, che ha fermato circa 40 milioni di tonnellate di cereali nei magazzini di stoccaggio sulle coste del Mar Nero, gli attacchi contro le infrastrutture per la trasformazione e l’esportazione dei prodotti alimentari, i bombardamenti e l’occupazione dei terreni agricoli, sono stati definiti dai 27 leader Ue come una strategia bellica. “Usando i prodotti alimentari come arma nella sua guerra contro l’Ucraina, la Russia è l’unica responsabile della crisi della sicurezza alimentare globale che ha provocato”, si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo del 23 giugno 2022. Mosca ha imposto anche un divieto di esportazione dei suoi fertilizzanti, che sono tra i più utilizzati a livello mondiale: l’impennata dei prezzi dei fertilizzanti, dell’energia, delle materie prime agricole, hanno causato un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che a marzo 2022 ha toccato il picco di oltre il 60 per cento rispetto al 2020.
“La sicurezza alimentare è attualmente la maggiore sfida a livello mondiale: la crisi in corso è esacerbata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina”, ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, al vertice sulla sicurezza alimentare globale, nel settembre 2022. L’Unione, preoccupata da uno scenario drammatico, si era mossa già dai primi giorni del conflitto: l’11 e 12 marzo, al vertice di Versailles, i capi di Stato e di governo avevano riconosciuto la necessità di “migliorare la sicurezza alimentare” dell’Ue “riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni di prodotti agricoli e aumentando la produzione europea di proteine di origine vegetale”. L’allarme suonato a Versailles si è tramutato immediatamente in azione: da un lato misure a sostegno degli agricoltori europei per far fronte all’aumento dei prezzi di produzione, dall’altro aiuti finanziari per i produttori di Kiev. Il 23 marzo la Commissione Europea varava il suo piano per la sicurezza alimentare europea, mettendo sul tavolo un pacchetto di sostegno da quasi 500 milioni di euro ricorrendo alla riserva di crisi della Pac e liberando dai vincoli di produzione quasi quattro milioni di ettari per aumentare la produzione in Europa e far fronte al calo delle importazioni agroalimentari da Kiev.
Lo sblocco dei cereali ucraini: Corridoi di solidarietà e Black Sea Grain Initiative
Ma a Bruxelles ci si è resi presto conto quanto, per far fronte alla crescente insicurezza alimentare, fosse fondamentale aiutare l’Ucraina a esportare la sua produzione agroalimentare, con 40 milioni di tonnellate di grano rimaste bloccate nel Paese: da maggio, con la creazione dei corridoi di solidarietà su strade e ferrovie per aggirare il blocco dei porti sul Mar Nero, l’Ue ha facilitato l’esportazione di oltre 23 milioni di tonnellate di cereali, semi oleosi e altri prodotti ucraini.
La svolta per far salpare le navi è poi arrivata il 22 luglio, con la mediazione della Turchia e dell’Onu: grazie agli interventi del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, e del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan , il ministro della Difesa Shoigu per la Russia e il ministro delle infrastrutture Kubrakov per l’Ucraina hanno sottoscritto la Black Sea Grain Initiative (Iniziativa sui cereali del Mar Nero), che ha posto fine al blocco dei porti ucraini e ha permesso di spedire oltre 18 milioni di prodotti agricoli fuori dal Paese. Dopo gli attacchi alla sua flotta a Sebastopoli, la Russia aveva sospeso unilateralmente l’accordo, ma ancora una volta grazie alla mediazione di Istanbul, il 2 novembre Mosca ha annunciato la ripresa delle esportazioni. Secondo le stime Ue, oltre il 60 per cento del frumento trasportato attraverso l’iniziativa ha raggiunto i Paesi in via di sviluppo.
8 miliardi a sostegno della sicurezza alimentare nel mondo
Mentre “i Paesi dell’Ue non sono esposti al rischio di penurie alimentari“, la scarsità di cibo è una preoccupazione sempre più seria per milioni di persone, in particolare in Africa e in Asia, e soprattutto nei Paesi già colpiti dalla fame, come Somalia, Yemen e Afghanistan. Secondo il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, 205 milioni di persone nel mondo hanno bisogno di assistenza alimentare urgente, rispetto a 193 milioni del 2021, il doppio rispetto al 2016. Per far fronte a questa drammatica tendenza e fornire una risposta “comune, rapida, efficace e sostenibile”, i ministri dello Sviluppo dei Paesi del G7 (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) hanno dato vita nel maggio 2022 all’Alleanza globale per la sicurezza alimentare che, attraverso il coinvolgimento della Banca Mondiale, vuole garantire “un impatto duraturo” nei Paesi in via di sviluppo, in modo che siano maggiormente in grado di essere autosufficienti in futuro.
“La guerra della Russia in Ucraina sta avendo un importante effetto sull’approvvigionamento alimentare globale, Paesi che erano già vulnerabili agli shock alimentari si sono trovati in una situazione drammatica: dobbiamo agire per evitare la carestia in alcune delle aree più povere del mondo”, ha dichiarato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al vertice del G20 a Bali lo scorso novembre, annunciando che il sostegno complessivo dell’Ue per affrontare la crisi alimentare globale ammonta a 8 miliardi di euro tra il 2020 e il 2024. Nel 2022, i finanziamenti umanitari dell’Ue sono cresciuti del 32 per cento rispetto al 2021: fondi utilizzati per “garantire ai più vulnerabili l’accesso ai prodotti alimentari e per sostenere la produzione alimentare locale mediante assistenza in denaro e altri strumenti”. Esemplare in questo senso l’impegno di Bruxelles in Nord Africa: il 15 giugno 2022, al Cairo, i leader della Commissione Ue e dell’Egitto hanno siglato un accordo per 3 miliardi di euro a sostegno di programmi agricoli, sia i sistemi alimentari sia gli sviluppi tecnologici, come quelli di precisione, l’intelligenza artificiale e le nuove colture in risposta ai cambiamenti climatici. “Per noi è importante che la produzione di cibo sia migliorata e aumentata, riducendo la dipendenza da altre regioni”, aveva sottolineato in quell’occasione von der Leyen, riconoscendo “l’interesse comune” di garantire “forniture stabili di cibo di qualità e a prezzi accessibili per tutti”.
La risposta delle istituzioni europee contro la minaccia dell’insicurezza alimentare è stata fino ad ora determinata, robusta, ma rischia di non bastare. L’anno nuovo è cominciato con un grido di allarme lanciato da diverse agenzie delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il World Food Programme (Wfp) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che in una nota congiunta hanno ammesso che “la crisi tende ad aggravarsi”, e che senza “un’azione decisa e tempestiva” questa crisi diventerà “una tragedia per i bambini più vulnerabili del mondo”. Sarebbero già 30 milioni, i bambini che soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8 milioni in forma grave.