Bruxelles – Strategie, piani, raccomandazioni e quadri strategici. Ma il Patto del 2020 è ancora fermo ai tavoli dei negoziati dei co-legislatori a Bruxelles, mentre decine di persone migranti continuano a perdere la vita in mezzo al Mar Mediterraneo. Basterebbero queste poche righe per riassumere un clima sempre più pesante nelle istituzioni europee quando si affrontano le nuove soluzioni-tampone a una questione strutturale come la gestione della migrazione e delle frontiere esterne dell’Unione Europea. Proprio come successo oggi (14 marzo) con la presentazione delle due iniziative da parte della Commissione Ue sulla gestione delle frontiere comuni e i rimpatri.
“Le proposte non possono risolvere del tutto la crisi, finché ci saranno partenze su barche in pessime condizioni meteo, ci saranno sempre perdite di vite“, ha commentato in conferenza stampa la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, spiegando che “l’unico modo sostenibile di salvare vite è impedire ai trafficanti di organizzare viaggi pericolosi e molto costosi e investire in via legali”. Il riferimento è non solo al naufragio di Cutro, in Calabria, ma anche quello nelle acque internazionali al largo delle coste libiche di questo fine settimana. “L’Europa siamo tutti noi, tutti i Paesi membri”, ha incalzato il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas: “Tutti quelli che parlano delle responsabilità dell’Europa, devono anche spingere per un vero sistema europeo”.
È per questo motivo che, per rispondere alle richieste del Consiglio Europeo straordinario dello scorso 9 febbraio, il gabinetto von der Leyen ha deciso di adottare una comunicazione per un quadro strategico quinquennale sulla gestione integrata delle frontiere europee e una raccomandazione (atto non vincolante) agli Stati membri sul riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio, che si affianca alla strategia ad hoc delineata a fine gennaio. “È chiaro che è una responsabilità europea, tutto il Patto [migrazione e asilo del 2020, ndr] è un sistema europeo, perché l’Ue deve dare una risposta alla crisi”, è però l’esortazione della commissaria agli Stati membri e agli eurodeputati per finalizzare il lavoro sui nove file legislativi entro la fine della legislatura. “Quando andremo a votare l’anno prossimo, bisognerà farlo con la consapevolezza che l’Ue è riuscita a trovare un importante accordo”, le ha fatto eco il vicepresidente Schinas.
Gestione delle frontiere e rimpatri di persone migranti
Attraverso la comunicazione sulla gestione integrata delle frontiere europee per i prossimi cinque anni la Commissione Ue cerca di fornire un “quadro coordinato” per le autorità nazionali e gli oltre 120 mila agenti dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Si tratta principalmente di attività di controllo dei confini esterni attraverso “telecamere e droni” e l’attuazione del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur), affiancati dai sistemi informativi comunitari (Sistema d’informazione Schengen, Sistema di ingresso e uscita, Sistema di informazione visti e Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi) per “facilitare l’attraversamento delle frontiere”.
Nella comunicazione spiccano i riferimenti alla “strumentalizzazione dei migranti” – che implica una “messa in sicurezza dei tratti di frontiera interessati” con “maggiore attenzione e sforzi” da parte degli Stati membri – e alle attività di ricerca e soccorso, definite una “componente fondamentale della gestione integrata delle frontiere europee”. Proprio nei giorni in cui la tragedia nell’area Sar della Libia ha messo l’Europa con le spalle al muro per le responsabilità nel mancato coordinamento delle operazioni di soccorso in mare, la Commissione Ue rileva proprio che “la necessità di coordinamento tra gli Stati di bandiera e gli Stati costieri è prioritaria, così come la necessità di sviluppare le migliori pratiche per una tempestiva e completa condivisione delle informazioni”.
Sul piano dei rimpatri il gabinetto von der Leyen spinge per un rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri sul riconoscimento reciproco delle decisioni a riguardo, considerato dallo stesso esecutivo comunitario un possibile “effetto deterrente sulla migrazione irregolare e non sicura”. Le modalità per perseguire questo obiettivo sono l’utilizzo del Sistema d’informazione Schengen aggiornato il 7 marzo – che mette a disposizione le segnalazioni sulle decisioni di un membro Ue sul rimpatrio di un cittadino di un Paese terzo – l’implementazione di “legami più stretti” tra le autorità che gestiscono l’asilo e i rimpatri e gli incentivi al rimpatrio volontario, “anche durante la procedura di asilo” attraverso strutture di consulenza.
Oltre a ciò la Commissione Ue spinge anche per un “migliore coordinamento” tra le autorità nazionali e le agenzie europee, sottolineando nella sua comunicazione che delle 340.515 decisioni di rimpatrio emesse nel 2021 ne sono state effettivamente eseguite il 21 per cento e “solo cinque Stati membri sono responsabili dell’80 per cento dei rimpatri facilitati da Frontex“. Come precisano fonti Ue, questi cinque Paesi sono Italia, Francia, Germania, Cipro e Svezia. Di qui la necessità di un sistema comune che sfrutti “appieno” il supporto dell’agenzia Ue “per tutte le fasi del processo”, dalla digitalizzazione dei sistemi all’impiego di specialisti. Le aree di intervento sono quelle definite nella strategia operativa per i rimpatri del 24 gennaio scorso, compresa la cooperazione con i Paesi terzi del Vicinato orientale e meridionale – sia di origine sia di transito delle rotte migratorie – in materia di controllo delle frontiere, analisi dei rischi, rimpatrio e riammissione e lotta al contrabbando.