Roma – Ucraina, competitività delle imprese, energia, migrazione. Al Consiglio europeo del 23 e 24 marzo la carne al fuoco è tanta. Roma ci arriva con una “voce forte” e l’ambizione di giocare un “ruolo da protagonista” perché in ballo c’è la sicurezza del Continente. Giorgia Meloni spiega all’Aula del Senato che il risultato ottenuto sul price cap al gas non sarà più una tantum.
Solo ieri, ha avuto una conversazione telefonica con il cancelliere federale tedesco, Olaf Scholz, in cui i due leader hanno discusso anche di una rapida attuazione delle decisioni del Consiglio Europeo di febbraio per una gestione europea dei flussi. La tragedia di Cutro fa ancora male. Ecco perché il primo, vero, banco di prova per i 27 è quello dell’immigrazione. L’emergenza non è più un fatto eccezionale, osserva la premier: “Sta diventando strutturale, questa definizione è la più realistica fotografia”.
Attendere inermi non può più essere una soluzione, anche perché, ribadisce, le frontiere marittime dell’Italia sono anche quelle dell’Europa e l’Europa è chiamata a difenderle. Meloni Parla di contrasto ai trafficanti di essere umani, di fermare le partenze e aumentare i rimpatri. Di avere, in sostanza, una “immigrazione legale e fondi adeguati per l’accoglienza”. Ma non solo: per la rotta Mediterranea, chiede all’Europa la stessa attenzione avuta negli stanziamenti assegnati alla Turchia per contrastare i flussi attraverso la rotta balcanica.
A cambiare, a suo avviso, dev’essere l’intero modello di gestione del fenomeno. “L’Italia intende ribadire che non c’è più un solo minuto da perdere, questo è il momento di agire – tuona la leader di Fdi -. Non possiamo attendere un nuovo naufragio. Non vogliamo più piangere vittime innocenti nel Mediterraneo”. Lo ha scritto in una lettera anche ai leader europei, fa sapere.
Ora, il piano dell’Europa contiene punti che fino a poco tempo fa erano “inimmaginabili”, osserva. Uno su tutti: il principio del coinvolgimento degli Stati di bandiera delle Ong nelle operazioni Sar. “Gli Stati bandiera delle Ong devono assumersi le responsabilità”, insiste. Per questo, c’è un rafforzamento del ruolo di Frontex per rendere efficaci le procedure. Il cambio di passo c’è, ma, sottolinea, dev’essere concreto.
Quanto all’Ucraina, sul sostegno a Kiev non cambia posizione e si smarca dalle polemiche sull’invio di armi : “Basta menzogne. È necessario per garantire legittima difesa di una nazione aggredita”. L’invio di armi, spiega, è funzionale ad allontanare la guerra dal resto d’Europa e non sottrae risorse economiche, perché “L’Italia invia materiale già in suo possesso”, ricorda. L’aggressione russa ha avuto anche ripercussioni sulla sicurezza alimentare mondiale, contribuendo alla fragilità dello scacchiere africano e mediterraneo, e anche sui flussi migratori illegali. La premier italiana ribadisce il sostegno dell’accordo sull’export di grano nel Mar Nero che è appena stato rinnovato.
Sulla transizione, la premier romana torna a invocare tempi più lenti, sostenibilità economica e sociale, flessibilità sui fondi esistenti, Pnrr incluso: “Per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto o la revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. Perché così come concepite si traducono in una penalizzazione di cittadini e imprese e rischiano di tradursi in nuove dipendenze energetiche proprio quando stanno andando in porto gli sforzi per liberarci dalla dipendenza da gas russo”, spiega. E quanto più i tempi si accelerano, con target di difficile raggiungimento, “tanto più si aumenta la nostra dipendenza verso fornitori che oggi detengono quasi un monopolio sulle risorse necessarie ad alimentare questa transizione”, ribadisce.
In tema di dipendenze, la Commissione ha presentato in questi giorni un piano articolato e ambizioso sulle materie prime critiche, che si pone l’obiettivo di ridurre la dipendenza europea, particolarmente dalla Cina, diversificando i fornitori e rilanciando le capacità estrattive proprie. Meloni cita Thierry Breton: “‘In Europa abbiamo il 30-40 per cento dei minerali necessari al nostro fabbisogno interno ed evidentemente è arrivato il momento di estrarli e non accettare più che in Europa si consumi e basta, lasciando la produzione agli altri’. Sono parole che sottoscrivo dalla prima all’ultima”.