Aggiornamento del 31 marzo: La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sarà a Pechino giovedì prossimo (6 aprile) per partecipare a una riunione trilaterale con il presidente della Cina, Xi Jinping, e il presidente francese, Emmanuel Macron.
Bruxelles – La sfida più complessa, per un rapporto “tra i più intricati e importanti al mondo”. Di fronte alle politiche commerciali e diplomatiche sempre più assertive e preoccupanti per Bruxelles, l’Unione Europea cerca un nuovo equilibrio con la Cina, che “determinerà la nostra futura prosperità economica e la nostra sicurezza”. A metterlo in chiaro è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso di questa mattina (30 marzo) sulle relazioni Ue-Cina al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre. Un lungo intervento, di oltre mezz’ora, in cui la numero uno dell’esecutivo comunitario ha cercato lei stessa un delicato equilibrio tra prudenza e intraprendenza nel definire la strategia per il presente e il prossimo futuro, per non mostrare l’Unione né come un avversario intransigente di Pechino, ma nemmeno come un attore succube della politica intimidatoria cinese.
Se in meno di cinquant’anni la Cina “è passata da una povertà diffusa e dall’isolamento economico a essere la seconda economia mondiale e leader in molte tecnologie all’avanguardia”, non si può nascondere a Bruxelles la preoccupazione per “ciò che sta alla base di questo ritorno sulla scena globale”, ha avvertito la presidente von der Leyen. È per questo motivo che la strategia europea nei confronti di Pechino “deve partire da una valutazione delle nostre attuali relazioni e delle intenzioni strategiche della Cina”, considerato il fatto che i rapporti tra i due attori geopolitici “sono troppo importanti per essere messi a rischio, se non si stabiliscono chiaramente i termini di un impegno sano”.
È sempre più evidente che le relazioni reciproche “sono diventate più distanti e più difficili negli ultimi anni”, in particolare per quanto riguarda la questione della guerra russa in Ucraina, come dimostrato dalla visita del presidente cinese, Xi Jinping, a Mosca la scorsa settimana: “Lungi dall’essere scoraggiato dall’atroce e illegale invasione, sta mantenendo la sua ‘amicizia senza limiti’ con la Russia”, è l’attacco diretto di von der Leyen. Da una parte c’è una valutazione della situazione geopolitica – “la Cina vede nella debolezza di Putin un modo per aumentare la propria influenza” su Mosca – ma dall’altra non viene meno la convinzione che il modo in cui Pechino si rapporterà su questo fronte “sarà un fattore determinante per le relazioni con l’Ue in futuro”. E allo stesso modo non cambia nemmeno il fatto che Bruxelles si aspetta dal membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu la responsabilità di “salvaguardare i principi e i valori che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite” e di “svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere una pace giusta”. Rimane tra le righe l’analisi scettica del documento cinese in 12 punti: “Qualsiasi piano di pace che consolidi di fatto le annessioni russe semplicemente non è un piano praticabile“.
Tra le azioni che indicano “una Cina che sta diventando più repressiva all’interno e più assertiva all’estero”, come tratteggiato dalla numero uno della Commissione, sono incluse le “dimostrazioni di forza militare nel Mar Cinese Meridionale e Orientale e al confine con l’India”, ma anche le “gravi” violazioni dei diritti umani nello Xinjiang: “Il modo in cui la Cina rispetterà gli obblighi internazionali sarà un altro banco di prova per capire come e quanto potremo cooperare” con un Paese che “ha ormai voltato pagina rispetto all’era della ‘riforma e dell’apertura’ e sta entrando in una nuova era di sicurezza e controllo”. Le attese sono di “una chiara spinta” da Pechino per “rendere la Cina meno dipendente dal mondo e il mondo più dipendente dalla Cina”, sul piano della sicurezza militare, tecnologica e commerciale. Questo potrebbe implicare un impatto sul libero mercato a livello globale, ma soprattutto sulla determinazione cinese a “promuovere una visione alternativa dell’ordine mondiale”, in cui i diritti individuali “sono subordinati alla sovranità nazionale”, e la sicurezza e l’economia “hanno la precedenza sui diritti politici e civili”. La dimostrazione già oggi è “l’amicizia con Mosca, che dice più di mille parole su questa nuova visione dell’ordine internazionale”.
Come riequilibrare i rapporti Ue-Cina
Al netto di tutta questa analisi sulle difficoltà nel rapporto con Pechino, “non è fattibile, né nell’interesse dell’Europa sganciarsi dalla Cina, le nostre relazioni non sono né bianche né nere e nemmeno la nostra risposta può esserlo”, ha messo in chiaro la presidente von der Leyen, alla vigilia del suo viaggio con il presidente francese, Emmanuel Macron, proprio a Pechino. Anche se “non saremo mai timidi nel sollevare le questioni profondamente preoccupanti”, la leader dell’esecutivo comunitario ha ricordato la necessità di “lasciare spazio a una discussione su un partenariato più ambizioso e su come rendere la concorrenza più equa e disciplinata”. Il riferimento è ad “alcune isole di opportunità su cui possiamo basarci”, come per esempio “il cambiamento climatico e la protezione della natura”. Un riferimento esplicito al “ruolo di primo piano” svolto dalla Cina sia nell’accordo globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal del dicembre 2022, sia in quello recente per la protezione della biodiversità nelle acque internazionali. “Risultati diplomatici notevoli, a cui la Cina e l’Ue hanno lavorato insieme” e che devono portare a nuovi risultati ambiziosi anche alla Cop28 del 12 dicembre a Dubai.
Nei campi in cui non è possibile spingere per una collaborazione attiva, per von der Leyen è necessaria una “strategia di de-risking economico in quattro aree“: più competitività dell’industria europea, migliore uso degli strumenti commerciali esistenti, sviluppo di nuovi strumenti difensivi per i settori critici e più allineamento con altri partner internazionali. Pechino è “un partner commerciale fondamentale, che rappresenta il 9 per cento delle nostre esportazioni di beni e oltre il 20 per cento delle nostre importazioni”, ma “le nostre relazioni sono squilibrate e sempre più influenzate dalle distorsioni create dal sistema capitalistico statale cinese“.
Ecco perché la prima priorità deve essere “rendere la nostra economia e la nostra industria più competitive e resilienti“, in particolare per quanto riguarda il mercato globale delle tecnologie a zero emissioni”. A questo servirà il Net-Zero Industry Act, il regolamento per sviluppare un’industria a emissioni zero che sarà “parte fondamentale del nostro piano industriale per il Green Deal”. L’obiettivo è di produrre “almeno il 40 per cento delle tecnologie pulite di cui abbiamo bisogno per la transizione verde”, perché “la nostra capacità di rimanere all’avanguardia in questo settore condizionerà la nostra economia per i decenni a venire”, ha messo in chiaro la presidente della Commissione. Tuttavia, non si può nascondere che l’Ue dipende dalla Cina “per il 98 per cento delle nostre forniture di terre rare, il 93 del magnesio e il 97 del litio” e questo significa che non c’è al momento indipendenza per costruire la competitività industriale. Di qui la centralità del Critical Raw Materials Act, il regolamento disegnato “per contribuire a diversificare e garantire l’approvvigionamento”.
I tentativi di spingere sull’indipendenza industriale non basteranno, ma dovranno essere utilizzati “al meglio gli strumenti commerciali esistenti”. Il riferimento è a contromisure come il regolamento sulle sovvenzioni estere, un “nuovo strumento per scoraggiare la coercizione economica” e una revisione dell’Accordo globale sugli investimenti: “Dobbiamo riconoscere che il mondo e la Cina sono cambiati negli ultimi tre anni [dopo la fine dei negoziati nel 2020, ndr] e dobbiamo rivalutarlo alla luce della nostra più ampia strategia” in relazione con Pechino. Potrebbero essere necessari anche “nuovi strumenti difensivi per alcuni settori critici”, come la microelettronica, l’informatica quantistica, la robotica, l’intelligenza artificiale e le biotecnologie: “La Commissione presenterà alcune idee iniziali nell’ambito di una nuova strategia per la sicurezza economica“, è l’anticipazione di von der Leyen, che ha parlato di “verificare quali sono le lacune che consentono la fuga di tecnologie emergenti o sensibili attraverso investimenti in altri Paesi” e di “tecnologie sensibili che possono portare allo sviluppo di capacità militari che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale”. L’ultimo punto riguarda l’allineamento “con altri partner” – con un focus particolare su Asean, Mercosur, Consiglio per il commercio e la tecnologia con l’India e l’Alleanza verde Ue-Giappone – e investimenti globali attraverso la strategia Global Gateway.
Fredda la reazione delle imprese europee, in particolare da parte del direttore generale di BusinessEurope, Markus Beyrer: “Qualsiasi nuovo strumento che possa avere un impatto significativo sui flussi commerciali o di investimento Ue-Cina deve essere valutato attentamente e discusso con le imprese“. Riconoscendo la “complessità e le sfide delle relazioni” tra Unione Europea e Pechino, viene ribadita la necessità di impegnarsi in “aree di interesse comune, come il cambiamento climatico e la standardizzazione”, ma anche “costruire catene di approvvigionamento più resistenti e mitigare i rischi”, ha specificato il direttore generale del gruppo che rappresenta le imprese europee.