Bruxelles – Dopo anni di smentite, no comment e opposizione a qualsiasi denuncia di sponde istituzionali alle ben note operazioni di polizia illegali secondo il diritto dell’Unione Europea contro le persone migranti alla frontiera, il governo della Croazia si ritrova con le spalle al muro di fronte alle prove fotografiche di un coinvolgimento di alti funzionari in una chat Whatsapp adibita appositamente a organizzare pushback nel contesto di operazioni per il contrasto alla migrazione irregolare e alla tratta di esseri umani finanziate anche da fondi comunitari.
La denuncia arriva da un’inchiesta del network di giornalismo investigativo Lighthouse Reports – in collaborazione con testate come Der Spiegel e Nova Tv – che ha avuto accesso alle comunicazioni all’interno del gruppo WhatsApp ‘OA Koridor II- Zapad’, lo stesso nome di una delle diverse operazioni di polizia in Croazia “relative alla lotta contro la migrazione irregolare e i crimini legati al contrabbando di persone”, come riferisce lo stesso governo di Zagabria. Nel gruppo di 33 utenti sono state condivise informazioni sensibili della polizia di frontiera sui fermi di oltre 1.300 persone migranti che hanno oltrepassato la frontiera con la Bosnia ed Erzegovina dal 2019, comprese fotografie che vedono le stesse persone – prevalentemente di nazionalità afghana, pakistana e siriana – ammanettate, senza scarpe o tutte distese in posizione prona. In alcune occasioni sono state anche condivise informazioni sui giornalisti che visitavano il confine, come nel caso del giornalista della radiotelevisione nazionale austriaca ORF Bernt Koshuch, avvistato nell’area di Cetingrad (dove la Bosnia si incunea nella Croazia).
Si tratta di condivisioni di informazioni in totale violazione della privacy e delle norme dei corpi di polizia degli Stati membri Ue. A questo si aggiunge il fatto che l’indagine documenta la corrispondenza tra le immagini raccolte dalla chat Whatsapp e le testimonianze di pushback, i respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Ue nel processo di controllo e gestione delle frontiere. In uno dei messaggi del capo del controllo di frontiera dell’amministrazione di polizia di Zagabria del 13 febbraio 2020 si legge la richiesta di inviare cinque furgoni per effettuare odvraćanje, dopo aver fermato un gruppo di 80 persone migranti. In croato odvraćanje significa ‘deterrenza’ o ‘rifiuto’, la parola in codice per riferirsi ai respingimenti illegali alla frontiera.
Ma quello che davvero cambia gli scenari questa volta è il coinvolgimento di alti funzionari croati, anche direttamente legati al governo di Zagabria presieduto dal 2016 da Andrej Plenković. Il network investigativo è riuscito a risalire all’identità di due terzi dei membri del gruppo Whatsapp ‘OA Koridor II- Zapad’, identificando in particolare il capo della polizia di frontiera, Zoran Ničeno, e la capa del dipartimento per le Pubbliche relazioni del ministero degli Interni, Jelena Bikić, che riferisce direttamente al ministro Davor Božinović. Ecco perché questa volta per l’esecutivo croato sarà difficile smarcarsi dalle accuse di conoscenza di quanto sta accadendo su una delle frontiere esterne più delicate dell’Unione e dove si verificano nel silenzio costanti violazioni del diritto dell’Unione Europea.
Croatia has always denied any knowledge of violent & illegal operations by its own police forcing people seeking asylum back out of the EU
Now we can reveal that top Croatian officials were part of a secret WhatsApp group where such activities were shared & encouraged pic.twitter.com/K8CrBSFN8K
— Lighthouse Reports (@LHreports) April 6, 2023
L’uso oscuro dei fondi Ue sulla migrazione da parte della Croazia
A proposito di Unione Europea, ci sono due fattori che rendono queste rivelazioni ancora più scottanti, sia per Zagabria sia per Bruxelles. Punto primo il fatto che dall’inizio di quest’anno la Croazia è diventata un nuovo membro dello spazio Schengen (l’area che ha abolito le frontiere interne, implementando i controlli a quelle esterne e la cooperazione delle forze di polizia). “Il Consiglio e la Commissione di Schengen hanno l’obbligo di porre fine a queste violazioni“, è l’attacco dell’eurodeputata dei Verdi/Ale e membro della commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento Ue, Tineke Strik, commentando la notizia pubblicata dal network investigativo e ricordando che “nonostante la violazione delle garanzie fondamentali in materia di asilo e di altri diritti umani, alla Croazia è stato concesso l’accesso a Schengen”.
La seconda questione riguarda invece l’uso dei fondi messi a disposizione dal budget pluriennale dell’Unione Europea da parte della Croazia. Le operazioni Koridor della polizia di frontiera croata sono finanziate in parte anche dai fondi stanziati dai Ventisette per la gestione della migrazione, che in tutto ammontano a 238 milioni di euro per Zagabria nel periodo 2021-2027. “L’attuale silenzio, l’impunità e persino l’implicito incoraggiamento da parte della Commissione e di altri Stati membri non fanno che alimentare queste gravi violazioni ai danni di persone vulnerabili in cerca di protezione”, ha proseguito il suo affondo l’eurodeputata olandese Strik.
Eppure, come evidenziato in uno studio del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (Ecre) e dell’organizzazione non governativa Picum, “in caso di mancato rispetto dei diritti fondamentali, la Commissione Europea ha la possibilità di congelare i finanziamenti dell’Ue, con l’obiettivo di porre fine al sostegno dell’Ue alle azioni dannose”. È quello che è successo per esempio a Cipro, Polonia e Ungheria – Eunews ne è venuta a conoscenza da fonti interne alla Commissione Europea – a cui complessivamente è stato congelato quasi un miliardo di euro durante l’erogazione dei rimborsi nell’ambito delle richieste di pagamento di otto programmi dei Fondi per gli Affari Interni, dal momento in cui i tre Paesi membri non soddisfano le condizioni necessarie per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Il Regolamento sulle disposizioni comuni (Cpr) ha introdotto disposizioni rafforzate che rendono il rispetto dei diritti fondamentali un prerequisito per ottenere i finanziamenti Ue e che sono vincolanti anche per il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (Amif), lo Strumento per il Monitoraggio delle Frontiere e i Visti (Bmvi) e il Fondo per la Sicurezza Interna (Isf), i principali strumenti comunitari che finanziano il sostegno ai richiedenti asilo, ai beneficiari di protezione e ai migranti irregolari.