Bruxelles – Andare avanti, mettere in sicurezza il sistema bancario nel suo complesso. Ci sono ancora troppe istituti di credito non coperto da regole comuni, e la Commissione europea corre ai ripari. Per garantire stabilità finanziaria, dare certezze e fiducia a mercati e soprattutto correntisti, si chiede di estendere a banche di piccola e media natura quelle regole di sorveglianza e liquidazione al momento applicate solo ai grandi gruppi. Le proposte di modifica dei regolamenti già in vigore intendono superare quella frammentazione ancora esistente, per fare in modo che “tutte le banche in dissesto possano essere gestite in modo più efficace e coerente in caso di necessità”, sottolinea Valdis Dombrovskis, commissario per un’Economia al servizio delle persone.
C’è una differenza tra fallimento e messa in liquidazione. Nel primo caso si ha l’uscita dal mercato di un ente per l’incapacità di continuare a operare, e l’impossibilità di far fronte alle perdite. La liquidazione è un’alternativa al fallimento. Presuppone la fine dell’attività economica, e la conversione della stessa in capitale, attraverso la messa in vendita di asset, beni, e ripagare i debitori.
In caso di difficoltà resta fermo il principio per cui le perdite delle banche devono essere assorbite dalla banche stesse. Vuol dire che rispondono gli azionisti, e si attiva il fondo di riserva interna, lo scudo anti-crisi che la banca deve avere costituito al proprio interno. Quello che cambia, al fine di proteggere i correntisti e i risparmiatori, è la possibilità di trasferire i conti correnti da una banca in difficoltà a una sana.
Scaricare sui correntisti l’onere di riparazione mina la fiducia degli stessi. E’ questo il ragionamento a Bruxelles, che si è fatto strada dopo le crisi bancarie delle ultime settimane. Addetti ai lavori tendono a precisare che la proposta di estendere a tutte le banche, piccole e medie, le regole comuni di intervento, “non è una reazione” al fallimento di Silicon Valley Bank e alle sofferenze di Credit Suisse. Assicurano che la proposta di riforma “era in programma da tempo, per proseguire quel percorso avviato anni fa” sulla scia della crisi dell’eurozona e l’avvio dell’unione bancaria. Ma, si ammette, nel caso statunitense, la crisi appare legata a una crisi di fiducia dei risparmiatori, e si vuole evitare un caso analogo nell’Ue.
Il cambio radicale di questa riforma è dunque spostare il carico della risoluzione della crisi. Da un parte c’è il fondo di risoluzione unico, dall’altra ci sono gli schemi nazionali di garanzia dei depositi, concepiti per essere utilizzati quando necessario. In questo modo i correntisti vengono risparmiati, evitando corse agli sportelli. Certo, ragionano a Bruxelles, “uno schema europeo aiuterebbe ancora di più, un Edis rafforzerebbe ancora di più questa riforma”. In attesa di un accordo su uno degli elementi portanti del progetto di unione bancaria, come chiesto recentemente dal presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, si esorta ad agire a livello nazionale.
Si procede dunque a investire le banche di ogni dimensione di stesse regole e procedure. Questo non significa perdita di competenze e prerogative nazionali. La proposta di riforma non modifica la ripartizione dei compiti tra il Comitato di risoluzione unico e le autorità nazionali di risoluzione nell’Unione bancaria. Tutti gli enti significativi e gli enti transfrontalieri meno significativi restano sotto la diretta responsabilità del Comitato di risoluzione unico, mentre tutti gli altri enti meno significativi rimangono di competenza delle autorità nazionali di risoluzione.
L’esecutivo comunitario è convinto di necessità e validità della proposta, che si vorrebbe approvata dal Parlamento entro la fine della legislatura. “Questa riforma migliorerà la nostra capacità di garantire che qualsiasi banca possa uscire agevolmente dal mercato, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal suo modello di business”, rivendica Mairead McGuinness, commissaria per i Servizi finanziari, la stabilità finanziaria e l’Unione dei mercati dei capitali. “Questo è il modo più efficiente per gestire i fallimenti bancari per la nostra economia, i contribuenti e, in ultima analisi, la stabilità finanziaria”.
Condivide il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe. “Si tratta di un importante passo avanti nel nostro lavoro per il completamento dell’unione bancaria”. L’Eurogruppo, ricorda, da tempo “ha individuato il rafforzamento del quadro comune per la gestione delle crisi bancarie e dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi come il prossimo passo immediato nel nostro lavoro per il completamento dell’Unione bancaria”. La proposta della Commissione va dunque nella giusta direzione, soprattutto se considerato quanto avvenuto con Silicon Valley Bank e Credit Suisse. “Gli eventi recenti ci hanno ricordato che gli shock nel sistema bancario possono emergere in qualsiasi momento”.
Anche a Francoforte l’intervento di modifica delle regole comuni “è più che benvenuto”, commenta Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza della Bce. “Le proposte legislative consentiranno alle autorità di gestire le crisi bancarie in modo più efficiente e armonizzato”.