Bruxelles – Nessuna maggioranza in Parlamento europeo per bocciare la proposta di legge per il ripristino della natura. Ma nemmeno una posizione chiara tra gli eurodeputati per sostenerla. Dopo oltre tre ore di sessione di voto, emendamento per emendamento, e complice la necessità di procedere con i voti della plenaria a Strasburgo, la commissione ambiente (Envi) del Parlamento europeo ha deciso di sospendere il voto sul regolamento per il ripristino della natura e rinviare alla prossima seduta in calendario del 27 giugno il voto sulla proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea a giugno di un anno fa.
In pochi si sarebbero aspettati un risultato diverso, ma in ogni caso quanto accaduto oggi in commissione restituisce l’immagine di un Emiciclo che è più spaccato che mai sul Green Deal. La seduta è iniziata questa mattina e gli eurodeputati hanno inizialmente bocciato una proposta di emendamento presentata dal Partito popolare europeo (Ppe) per rigettare la proposta della Commissione europea. Sul filo di lana – con 44 voti favorevoli, 44 contrari e 0 astenuti – l’emendamento di rigetto è stato bocciato, perché al Parlamento di Strasburgo il pareggio conta quanto una bocciatura. E proprio la bocciatura dell’emendamento del Ppe è stata salutata dalla commissione con un sonoro applauso. Se non fosse che poco dopo, anche l’accordo di massima tra gruppi della sinistra e Verdi europei arrivato al voto oggi è stato bocciato.
Da quel momento, la commissione Envi presieduta dall’eurodeputato dei liberali, Pascal Canfin, ha quindi iniziato a votare su centinaia di emendamenti individuali e il voto si è protratto più a lungo di quanto previsto. Alle 12 era previsto anche l’inizio delle votazioni nella plenaria riunita a Strasburgo e dunque, dopo l’iniziale decisione di far slittare l’inizio delle votazioni di un quarto d’ora, la commissione Envi ha deciso di sospendere il voto e continuare alla prossima seduta già in calendario il 27 giugno. “Sappiamo cosa non vogliamo, ma sembra che non sappiamo cosa vogliamo”, ha sintetizzato bene in un tweet l’eurodeputato dei Verdi Ue Bas Eickhout durante il voto.
I gruppi sono ora divisi tra chi esulta per il fatto che la proposta di rigetto del Ppe sia stata bocciata e chi invece ritiene che l’assenza di una solida maggioranza a sostegno della proposta sia un chiaro messaggio politico alla Commissione von der Leyen per ritirare il testo o almeno modificarlo. La Legge sul ripristino della natura è stata proposta dalla Commissione Ue a giugno 2022 e prevede un obiettivo di ripristino degli ecosistemi del 20 per cento delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e in tutte le aree danneggiate dall’inquinamento o dallo sfruttamento intensivo (foreste, pascoli, ecc.) entro il 2050. La bozza di compromesso – il Ppe si è chiamato fuori dai negoziati all’interno del Parlamento per arrivare a questo compromesso – prevede un aumento del target di ripristino del 30 per cento entro il 2030 degli ecosistemi danneggiati, in linea con l’accordo raggiunto alla conferenza sulla biodiversità COP15 di Montreal.
La normativa è da mesi ormai il bersaglio politico del principale gruppo – per numero di seggi, 177 in tutto – al Parlamento europeo, il Partito Popolare Europeo (PPE), che ne chiede il ritiro dal momento che, a suo dire, potrebbe minacciare la produzione agricola e dunque la sicurezza alimentare in un momento delicato, come quello attuale, della guerra di Russia in Ucraina. Il Ppe ha denunciato nelle scorse settimane che gli obiettivi della legislazione mettono a rischio la sicurezza dell’Ue e che la valutazione d’impatto presentata dalla Commissione europea non chiarisce quali potrebbero essere le ricadute della strategia sulla produzione agricola e sul costo della vita.
Per alcuni, una mossa politica in vista delle elezioni europee del 2024, per trovare consenso nell’elettorato agricolo. Per altri, un tentativo di delegittimare l’attuale presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che fa parte della famiglia politica del Ppe e potrebbe ricandidarsi per un secondo mandato ed è la principale artefice del Patto verde per l’Europa, cardine della sua legislatura. Ad ogni modo, la levata di scudi da parte del centrodestra europeo è un fatto reale e il Ppe fa leva sulla minaccia della produzione alimentare e sui mezzi di sussistenza degli agricoltori, per attaccare alcune delle legislazioni chiave del Green Deal, tra cui l’obiettivo di ripristinare un quinto degli habitat danneggiati in tutta l’Europa entro il 2030. L’opposizione del PPE sul dossier del Green Deal ha contribuito a far bocciare il testo già in due commissioni parlamentari – la commissione agricoltura e sviluppo rurale (Agri) e la commissione per la pesca (Pesch) – che però non sono competenti sul dossier. Envi è la commissione competente sul file legislativo e anche la commissione più ‘green’ di tutte. Anche se la proposta dovesse essere bocciata in commissione Envi, il Parlamento conferma che dovrebbe passare ugualmente al voto della plenaria a luglio (in programma 10-13 luglio). Dopo il rinvio del voto, l’eurodeputato del PPE Peter Liese si è detto convinto che il Parlamento europeo in plenaria respingerà la proposta, dal momento che quanto accaduto oggi in commissione ha svelato chiaramente quanto sono divisi i deputati sulla questione. Anche gli Stati membri stanno portando avanti il lavoro in Consiglio per approvare la posizione negoziale al prossimo Consiglio Ambiente in programma il 20 giugno.