Roma – Lavorare sullo sviluppo dell’Africa per contenere gli esodi di migranti all’origine. Domani e dopodomani , nel Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni tornerà sul suo Piano Mattei, forte dell'”interesse” e dell'”apprezzamento” che ricorda di aver incassato da parte di altri Paesi dell’Unione. Parla di “partenariati equilibrati, finanziati con risorse adeguate” per non lasciare agli “schiavisti dei nostri giorni”, gli scafisti, il potere di decidere chi entra e chi esce dall’Europa.
Un cambio di passo nella gestione dell’emergenza migratoria, che significa mantenere alta l’attenzione ai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, “coniugando lotta ai trafficanti con politiche di sviluppo”. A questo servirà il Piano che si prepara a presentare formalmente in autunno, con la conferenza Italia-Africa. “Stiamo cercando di avere un approccio diverso con i Paesi africani, un approccio serio, da pari a pari, di cooperazione”, spiega nelle comunicazioni alle Camere, ribadendo che l’obiettivo è “consentire alle popolazioni loro di vivere di ciò che hanno”.
Nel campo energetico gli interessi tra i due Continenti convergono. L’Africa ha le condizioni ideali per ricevere investimenti, produrre in grandi quantità ed esportare energia verde. Il lavoro, ora, è sulle infrastrutture di collegamento perché “la parte di energia che non serve a loro possa servire all’Europa”, scandisce Meloni. Per ora, è stato sbloccato il finanziamento dell’Elmed, l’interconnessione elettrica che collegherà la Tunisia all’Italia. Si lavora sul ‘South Corridor H2’ che serve al collegamento dell’Africa alla Germania per l’idrogeno verde attraverso l’Italia, ma anche a infrastrutture interne al Paese. Roma ha presentato un documento di posizione per il rilancio del partenariato su energia, migrazione e transizione verde con il Vicinato Sud, in attesa di un vertice con i leader dei paesi interessanti sotto la presidenza spagnola. E chiede anche l’inclusione permanente dell’Unione Africana nel G20.
Non tutti però pensano che l’operazione sarà davvero alla pari. “Enrico Mattei, partigiano arrestato da Giorgio Almirante, non avrebbe applaudito il suo intervento o il modo in cui ha scelto di esercitare la sua funzione oggi”, tuona in Aula Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Avs. Per l’esponente ambientalista, il Piano di Meloni servirà solo a “trasformare l’Africa in una servitù energetica dell’Italia e dell’Europa, arricchendo le compagnie del gas, Eni in primis”. Una nuova forma di neocolonialismo “predatorio”, che “stabilisce una dipendenza del nostro Paese dalle fonti fossili”. “Siete ossessionati dalla transizione verde: parlate sempre di posizione ideologica ma la vera posizione ideologica è la vostra! Continuate a ignorate i costi economici e sociali che gli italiani stanno già sostenendo a causa della crisi climatica e che aumenteranno fino a rappresentare, al 2050, il 14,5% di punti di Pil”, punta il dito Bonelli.
Sulla transizione, Meloni tiene a precisare che quella ambientale deve accompagnarsi a quella sociale: “Non vogliamo affatto affossarla, ma non vogliamo neanche affossare l’Italia. Cerchiamo un equilibrio serio e intelligente. La serietà di questo approccio sta piano piano prendendo piede, con noi tanti Paesi difendono il principio della neutralità tecnologica”, sostiene.
Quanto alla sfida climatica globale, la premier italiana domanda il coinvolgimento pieno della Cina: “Non possiamo affrontarla gravando solo ed esclusivamente sulle nostre economia”. Il disaccoppiamento tra l’economia europea e quella cinese “se da un lato non è percorribile, dall’altro è necessario ridurre il rischio, sostenere con forza la competitività del nostro sistema produttivo per non cadere in deleteri legami di dipendenza. La Cina è un interlocutore imprescindibile – rileva – ma il nostro rapporto vuole essere equilibrato”. Per affrontare le sfide della doppia transizione, “che ci impegneranno nei prossimi decenni”, sottolinea la presidente del Consiglio, l’Europa dovrà pensare a un Fondo di Sovranità, controllare le proprie catene di approvvigionamento e “porre fine una volta per tutte alla stagione dell’austerità”.
In altre parole, nel patto di Stabilità e Crescita l’Unione deve tenere conto dei nuovi sviluppi – come la guerra in Ucraina – e guardare più alla crescita, senza la quale, chiosa “non si può garantire stabilità”. L’inflazione morde, è “un’odiosa tassa occulta che colpisce soprattutto i meno abbienti”, riconosce. È giusto combatterla con decisione ma “la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Bce non appare agli occhi di molti la strada più corretta”, fa notare la presidente del Consiglio. “L’aumento dei prezzi non è figlio di un’economia che cresce troppo velocemente, è figlio di fattori endogeni – ricorda -. Primo tra tutti la crisi energetica. Non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi sia una cura più dannosa della malattia”.
Sui fondi del Pnrr la premier fa chiarezza: “In Europa si è scelto di aprire all’utilizzo delle risorse anche per l’acquisto di armi. Il governo italiano ha garantito che non intende utilizzarle per questo scopo. Vogliamo utilizzarle per le scelte strategiche che stiamo sostenendo, vogliamo spenderle velocemente ed efficacemente”, garantisce. Promettendo un confronto le Camere sulle modifiche (“a differenza di quanto accaduto in passato”): “Non ho problemi a discutere del RepowerEu con il Parlamento, sono convinta che un confronto debba esserci”.