Bruxelles – Si va verso una possibile unificazione di due file del Patto migrazione e asilo, per superare in Consiglio dell’Ue un’impasse che va avanti da dicembre 2022. “Siamo molto vicini a finalizzare l’intero Patto, ma ci sono ancora alcuni passi da fare“, ha messo in chiaro la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, a margine del Consiglio Affari Interni informale di oggi (20 luglio) a Logroño, in Spagna. Sul tavolo dei lavori c’è la questione di come sbloccare lo stallo sull’ultimo dossier rimasto al vaglio dei 27 ministri della tabella di marcia concordata a settembre 2022, il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore, a cui potrebbe essere unito un file (extra-tabella di marcia) messo in minoranza il 9 dicembre 2022 e particolarmente controverso: il Regolamento sulla strumentalizzazione nel campo della migrazione e dell’asilo.
“Dal mio punto di vista gli Stati membri sono molto vicini a trovare un approccio generale e oggi abbiamo cercato di individuare ciò che è necessario”, ha specificato la commissaria Johansson, facendo riferimento al “buono spirito dell’ultimo Consiglio, dove abbiamo raggiunto un accordo decisivo su parti importanti del Patto”, ovvero l’intesa delicata dell’8 giugno sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione e al Regolamento modificato sulle procedure di asilo. È da qui che la presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Ue vuole spingere per portare a termine con successo durante il proprio semestre di competenza il pezzo di legislazione comunitaria che prevede “procedure amministrative più snelle per l’asilo e il rimpatrio”, oltre a “un meccanismo di solidarietà con gli Stati membri e le regioni colpite”, come precisano le priorità della stessa presidenza spagnola.
Secondo il Patto, sarebbe la Commissione a decidere quando far scattare il meccanismo di crisi, per attuare misure a sostegno dei Paesi in prima linea. Ma è proprio su questo punto che si registra lo stallo in Consiglio: i Paesi del Nord Europa e la Germania sono restii a dare il via libera a controlli meno severi alle frontiere e soprattutto alla sospensione dei trasferimenti dei ‘dublinanti’ (persone che secondo il Regolamento di Dublino dovrebbero rimanere nel Paese di primo arrivo) verso Stati membri di frontiera che stanno affrontando la “crisi”. A questo si aggiunge la contrarietà generalizzata all’introduzione dei trasferimenti obbligatori ogni volta che un Paese membro affronta una situazione di crisi: il vertice dei leader Ue del 29-30 giugno si è incagliato su un passo ancora precedente a quello del ricollocamento obbligatorio di persone migranti, che è quello della solidarietà volontaria, duramente osteggiata da Polonia e Ungheria.
Nel riaprire le discussioni sulle “situazioni eccezionali” della gestione della migrazione – cioè quelle non disciplinate dal Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione su cui è stata trovata una posizione comune tra i ministri – il Consiglio proverà a esplorare la possibilità di collegare il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore con uno che finora non ha convinto la maggioranza dei ministri (e che anche in Parlamento è in alto mare), ovvero il Regolamento sulla strumentalizzazione nel campo della migrazione e dell’asilo. Alla riunione dei ministri del 9 dicembre dello scorso anno la proposta della Commissione non ha visto il semaforo verde, ma non è da escludere che con alcuni emendamenti al Regolamento sulle crisi – in particolare sui ricollocamenti obbligatori – il Consiglio non decida di introdurre gli elementi più restrittivi del Regolamento sulla strumentalizzazione, fondendoli insieme. Nella proposta della Commissione del dicembre 2021 è prevista la possibilità di prorogare fino a quattro settimane il termine per la registrazione delle domande di protezione internazionale delle persone migranti sul confine con il Paese terzo accusato di strumentalizzazione (come successo nel 2021 con la Bielorussia). Altre misure estendono la possibilità di stabilire diverse condizioni materiali di accoglienza “a condizione che siano soddisfatte le esigenze di base”, così come di dotare gli Stati membri di strumenti giuridici per “un rapido rimpatrio di coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale“.
Come evidenzia il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (Ecre) sono molte le criticità dello scenario di unificazione dei due Regolamenti, che creerebbe tre regimi di deroghe definiti “vagamente o non affatto”: crisi, forza maggiore e strumentalizzazione. “Se adottata, la proposta avrebbe un significativo effetto negativo sui diritti fondamentali delle persone che cercano protezione in Europa“, per una serie di ragioni che comprendono un accesso “ridotto” all’asilo “a causa dei ritardi nella registrazione”, un aumento del rischio di respingimenti, un maggior utilizzo delle procedure di frontiera al posto di quelle ordinarie e un aumento della detenzione di persone alla frontiera, “compresi i bambini non accompagnati e le famiglie”. Le condizioni di accoglienza potrebbero essere “al di sotto degli standard” e il Regolamento unificato “è sproporzionato in termini di impatto negativo sui diritti fondamentali delle persone interessate”, dal momento in cui “prende di mira le persone in cerca di protezione, esse stesse vittime” della strumentalizzazione della migrazione da parte di Paesi terzi.
Il processo negoziale del Patto migrazione e asilo
Il Patto migrazione e asilo è stato presentato dalla Commissione Europea il 23 settembre 2020 ma, di fronte alle difficoltà del processo negoziale, nel settembre dello scorso anno i co-legislatori hanno concordato una tabella di marcia per adottare nove file entro la fine della legislatura (nella primavera del 2024). In fase di negoziati inter-istituzionali ci sono già quattro file: quello sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (dal 13 giugno), sul Regolamento sullo screening (25 aprile), sul Regolamento modificato sulle procedure di asilo (iniziati il 18 aprile a livello di principi generali e ripresi il 13 giugno) e sul Regolamento Eurodac modificato (dal 15 dicembre). Sempre il 15 dicembre è stato raggiunto un accordo politico su tre dossier (ereditati dai negoziati sulle proposte della Commissione del 2016): la Direttiva sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, il Regolamento sul nuovo quadro di reinsediamento e il Regolamento sulle qualifiche.
Dei nove file del Patto migrazione e asilo secondo la tabella di marcia di settembre 2022 al Consiglio manca ora all’appello proprio il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore (gli eurodeputati hanno adottato la propria posizione lo scorso 20 aprile), mentre il Parlamento Europeo non ha ancora trovato un’intesa sulla Direttiva sui rimpatri (i 27 ministri partono invece dalla posizione parziale negoziata nel giugno 2019).
Al di fuori dei nove dossier previsti dalla tabella di marcia per adottare il Patto migrazione e asilo entro la fine della legislatura (nella primavera 2024) ci sono altre cinque dossier, di cui solo due sono stati adottati: la Direttiva Blue Card nel maggio 2021 e la trasformazione dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) nell’Agenzia europea per l’asilo (Euaa), da gennaio dello scorso anno. I mandati negoziali del Parlamento Ue sulla Direttiva modificata sui soggiorni di lungo termine e quello sulla Direttiva modificata sulla procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico di soggiorno e lavoro devono invece essere ancora adottati dal Consiglio dell’Ue. Nessuno dei due co-legislatori è invece avanzato sul Regolamento sulla strumentalizzazione nel campo della migrazione e dell’asilo, anche se le discussioni sulla possibile unificazione con il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore potrebbero sbloccare l’impasse.