Bruxelles – La situazione in Libia sta sfuggendo di mano, e adesso anche la Commissione europea non può non prenderne atto. L’assistenza offerta dall’Ue per potenziare il sistema di guardia costiera ai fini del controllo e della gestione dei flussi migratori è diventata un’arma nelle mani delle autorità di Tripoli. Sandra Pereira, europarlamentare de la Sinistra, punta il dito contro la Commissione. In un’interrogazione cita il recente rapporto delle Nazioni Unite, in cui l’Onu “riferisce una serie di crimini contro l’umanità che sono stati commessi nel Paese: arresti arbitrari, omicidi, torture, stupri, schiavitù, schiavitù sessuale, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni”.
Tutti questi crimini contro l’umanità denunciati “sono stati commessi contro migranti in luoghi di detenzione sotto il controllo effettivo o nominale della direzione libica per la lotta alla migrazione illegale, della guardia costiera libica e dell’apparato di sostegno alla stabilità”. Soggetti ed entità che “hanno ricevuto supporto tecnico, logistico e monetario dall’Unione europea e dai suoi Stati membri per, tra l’altro, l’intercettazione e il rimpatrio dei migranti“. Data la situazione l’europarlamentare chiede se non sia il caso di sospendere ogni tipo di relazione o sostegno, ma il ‘no’ che arriva dalla Commissione è categorico.
“Nelle difficili circostanze del Paese, l’interruzione dell’assistenza dell’Ue non farebbe che peggiorare la situazione sul campo“, sostiene il commissario per l’Allargamento e le politiche di vicinato, Oliver Várhelyi. Il componente del collegio di commissari riconosce dunque una situazione complicata, che Bruxelles fa fatica a gestire, e conferma l’intenzione di non rinunciare a un elemento della dimensione esterna delle politiche per l’immigrazione considerato come fondamentale.
“Il lavoro della Commissione in Libia – continua Várhelyi – segue gli orientamenti strategici del Consiglio europeo, le decisioni del Consiglio e il piano d’azione dell’Ue sul Mediterraneo centrale, approvato dal Consiglio” stesso, vale a dire ministri e leader degli Stati dell’Unione europea. La Commissione, in sostanza esegue un mandato frutto di un accordo politico, ma le parole del commissario sembrano scaricare le responsabilità del deterioramento della situazione sulle capitali.
La risposta fornita dal commissario per l’Allargamento non sembra né chiarire né tanto meno rassicurare. Offre al contrario l’immagine di una situazione che ha preso una piega tanto inattesa quanto ingovernabile a livello Ue. Il massimo delle garanzie offerte da Varhelyi è la promessa che “proseguirà l’impegno costruttivo con le autorità libiche e tutti i pertinenti attori internazionali su come l’Ue possa contribuire al meglio all’obiettivo comune di garantire la protezione dei diritti umani, anche nel contesto della migrazione”.
Potrebbe non bastare a calmare la situazione. Non è la prima volta che dal Parlamento europeo arrivano critiche per le responsabilità dell’Europa nel deterioramento della situazione in Libia con la complicità di una guardia costiere potenziata e finanziata dall’Ue. Ue che non sta facendo una bella figura, e Varhelyi riesce a fare poco per riparare al danno di immagine.