Bruxelles – Lo storico cavallo di battaglia di Giorgia Meloni rischia di trasformarsi in un cavallo di Troia: dopo anni di slogan all’opposizione e promesse di pugno duro da campagna elettorale, nella prima estate a Palazzo Chigi, il fallimento più rumoroso si sta delineando proprio lì, sui migranti.
Un’estate da oltre 60 mila sbarchi, che sommati a quelli dei mesi precedenti fanno già 113.483 persone migranti arrivate in Italia nel 2023. Numeri, quelli pubblicati dal Viminale, come non se ne vedevano dal 2017, e che, complice lo smantellamento progressivo del sistema dell’accoglienza diffusa sulla Penisola, hanno esasperato l’emergenza e costretto diversi sindaci italiani – di destra e di sinistra- a denunciare l’inefficacia dell’azione del governo. Un governo che aveva esaltato i risultati raggiunti in questi primi dieci mesi di legislatura, sia a Bruxelles sia sull’altra sponda del Mediterraneo. Ma il focus sulla dimensione esterna del fenomeno migratorio e il suo primo risvolto pratico, il memorandum d’Intesa firmato a metà luglio tra l’Ue e la Tunisia, non ha finora alleviato la pressione sulle coste dei Paesi di primo approdo. Gli alleati sovranisti di Meloni, Polonia e Ungheria, hanno invece congelato i passi avanti sul Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, opponendosi a qualsiasi forma di redistribuzione obbligatoria dai Paesi che vivono situazioni di crisi.
Così, mentre dal governo italiano si levano nuovi appelli verso Bruxelles per “non lasciare sola l’Italia” e il ministro degli Interni Matteo Piantedosi prepara nuovi decreti sicurezza sulla scia di quelli di Salvini del 2018, è scontro tra gli eurodeputati italiani sulle responsabilità dell’emergenza delle ultime settimane. Ad attaccare l’esecutivo Meloni è in primo luogo Pietro Bartolo (Pd), medico originario di Lampedusa, sottolineando che “tutte le volte che la Destra italiana ha avuto la possibilità di far passare in Parlamento europeo il principio di ricollocazione automatica dei migranti tra tutti gli Stati membri non lo ha fatto”. E anche l’unico strumento operativo, quel meccanismo di redistribuzione volontaria firmato a giugno 2022 da 18 Paesi Ue e 3 Stati associati, è stato messo in sordina dal governo italiano. Un accordo che prevede il ricollocamento di 8 mila richiedenti asilo dagli Stati di primo ingresso, e che si è dimostrato piuttosto farraginoso: finora ne sono stati ricollocati 2548, di cui solo 1076 dall’Italia.
Di tutt’altro avviso l’eurodeputato della Lega Paolo Borchia, secondo cui Bruxelles continua a prendere in giro” l’Italia. Il leghista veronese denuncia un’Unione europea che “si dice consapevole e preoccupata per l’aumento degli arrivi in Italia ma si limita a spostare i migranti da un posto all’altro sempre nei nostri territori”. Oltre ad un meccanismo d’emergenza per il trasferimento aereo dei migranti più vulnerabili da Lampedusa verso gli altri centri della Penisola, l’Ue ha mobilitato in Italia quasi 2 miliardi di euro negli ultimi 8 anni per la gestione dell’immigrazione e fornisce 450 uomini sul campo per gestire le procedure di frontiera.
Allarme dalle Ong: “Con tutti questi ostacoli non ci saranno più navi civili di ricerca e soccorso”
Bartolo, così come il capodelegazione del Pd a Bruxelles, Brando Benifei, puntano il dito contro Palazzo Chigi anche sulla criminalizzazione delle Ong, che “si ritrovano ad affrontare nuovamente le restrizioni governative”, con “il risultato che gli sbarchi sono comunque aumentati”. In particolare, Bartolo accusa il governo Meloni di andare contro la risoluzione approvata dall’Aula di Strasburgo lo scorso 13 luglio, che tra le altre cose “invita gli Stati membri a mantenere i loro porti sicuri più vicini aperti alle navi delle Ong e a non criminalizzare coloro che forniscono assistenza ai migranti in difficoltà”. Gli ultimi fermi amministrativi disposti alle imbarcazioni di Sea Watch, Open Arms e Sea-Eye4 “vanno in direzione opposta rendendo più difficile salvare vite in mare”.
Se la minore presenza di Ong impegnate in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo non ha ridotto il numero delle partenze, ha verosimilmente contribuito al drammatico numero di dispersi registrati in questi primi otto mesi dell’anno. Che, secondo il Missing Migrants Project dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (Iom) nel Mediterraneo Centrale sarebbero già 2021. Proprio oggi, 56 organizzazioni umanitarie hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si scagliano contro il decreto Ong voluto da Piantedosi, e contro “le politiche di chiusura e deterrenza dell’Ue” che “non si traducono in un minor numero di persone che tentano di attraversare il Mediterraneo centrale, ma si traducono in più sofferenze e più morti”. Medici senza Frontiere, Sos Mediterranée, Sea Watch, United4Rescue e tutti gli altri firmatari lanciano un avvertimento a Bruxelles: “Se l’assistenza umanitaria in mare continuerà a essere ostacolata, è probabile che non ci saranno più navi civili di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale“.
Le #ONG in mare si ritrovano ad affrontare nuovamente le restrizioni governative, il risultato?
Gli #sbarchi sono comunque aumentati.
È responsabilità del governo prevenire ulteriori tragedie in mare e non ostacolare chi sta supplendo alle sue mancanze.— Brando Benifei (@brandobenifei) August 24, 2023