Bruxelles – La tassa sulle banche e i lori profitti, la Bce boccia l’Italia e il suo governo. In una sostanziosa lettera di cinque pagine a firma Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, l’istituto di Francoforte invita la maggioranza a cautela se non addirittura a veri e propri passi indietro. L’idea di un prelievo forzoso sulle banche “può portare a una frammentazione del sistema finanziario europeo a causa della natura eterogenea di tali imposte per il settore bancario”, oltre a indebolirlo.
Viene precisato che è stato il ministero dell’Economia a “chiedere un parere” sul decreto-legge che interviene con l’imposizione fiscale sulle banche. A via XX settembre, e al suo responsabile principale, il ministro Giancarlo Giorgetti, si dice chiaramente che imporre un’imposta straordinaria al settore bancario “potrebbe rendere più complicato per gli enti creditizi accumulare riserve supplementari di capitale in quanto i loro utili non distribuiti si ridurrebbero, e ciò diminuirebbe la loro capacità di tenuta di fronte a shock economici”. In sostanza, la misura varata a palazzo Chigi va contro le politiche condotte sin qui per mettere in sicurezza le banche, con il cuscinetto di riserva di liquidità elemento centrale della strategia di stabilità.
Il parere della Bce è dunque che “occorre prestare cautela” per garantire che l’imposta straordinaria “non incida sulla capacità” dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia. L’invito alla prudenza è accompagnato da una critica per le mancate e mancanti valutazioni del caso. Per un’imposta sui profitti bancari occorre “valutare se la sua applicazione pone dei rischi per la stabilità finanziaria”, e in tal senso si avverte la necessità che “il decreto-legge sia accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario”. Analisi che non c’è, e che a Francoforte si vorrebbe.
Così come si vorrebbero delucidazioni anche su banche che nel frattempo hanno ‘cambiato natura’. “Il decreto-legge non considera né chiarisce il trattamento degli enti creditizi in cui siano avvenute fusioni e acquisizioni durante il periodo di stima per il calcolo dell’imposta e il relativo impatto, in termini di perimetri diversi alle diverse date di riferimento, sul calcolo dell’imposta straordinaria”. In tal senso “la Bce accoglierebbe con favore ulteriori chiarimenti su tale aspetto”.
L’Eurotower dunque ‘smantella’ l’operato del governo, a cui ricorda che non si puà pensare di ridurre deficit e debito attingendo dagli istituti di credito. “Il decreto-legge prevede che l’imposta straordinaria abbia natura di una tantum”, la premessa della Banca centrale eurpea. A tale riguardo la Bce ricorda di aver già raccomandato che “è necessaria una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali di un governo per evitarne l’uso a fini generali di risanamento di bilancio“. I conti pubblici, dunque, dovranno essere messi in ordine in altro modo. Un nuovo invito, neanche troppo velato, a fare le riforme e portare avanti un’agenda politica credibile.