Bruxelles – “Restiamo uniti. Manteniamo le promesse di oggi e prepariamo il domani”. Ursula von der Leyen difende il passato recente, il suo passato, con il suo operato e la sua agenda. Che rivendica e rilancia. La presidente della Commissione europea, nel tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione, traccia il bilancio di una legislatura sempre più prossima al termine, e traccia la rotta per il futuro. Un futuro fatto di sfide che sono economiche, sociali, geo-politiche. “Abbiamo trasformato l’agenda climatica in un’agenda economica“, ha spiegato, con tutte le implicazioni del caso.
C’è una dimensione industriale, tecnologica e innovativa a cui dover rispondere in un contesto contraddistinto da “tre sfide, lavoro, inflazione e ambiente commerciale, che arrivano in un momento in cui chiediamo anche all’industria di guidare la transizione pulita”. Per il futuro, in Europa “dobbiamo quindi guardare avanti e stabilire come rimanere competitivi”. Ecco perché, annuncia di fronte all’Aula del Parlamento europeo, “ho chiesto a Mario Draghi, una delle grandi menti economiche europee, di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea“. Non si può fare altrimenti, perché “l’Europa farà ‘tutto il necessario’ per mantenere il suo vantaggio competitivo”. E chi meglio di Draghi, per un ‘whatever it takes’ (“tutto il necessario”, appunto), nell’economia che verrà?
Anche perché l’Unione europea decide di andare all’attacco della Repubblica popolare cinese. Nell’Ue a dimensione di Green Deal, che è espressione della Commissione von der Leyen, la mobilità sostenibile e pulita risente di un attore considerato sempre più scomodo. “I mercati globali sono ora invasi da auto elettriche cinesi più economiche”, il cui prezzo “è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali”, denuncia la presidente dell’esecutivo comunitario. “Questo distorce il nostro mercato”, mettendo a repentaglio ambizioni e obiettivi a dodici stelle. Per tutta risposta, rivela von der Leyen, “la Commissione sta avviando un’indagine anti-sovvenzioni sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina“.
Un annuncio che non farà piacere a Pechino, e che rischia di scrivere nuove, più complicate pagine di transizione per un’Europa schiacciata da una concorrenza considerata sleale e materie prime critiche appannaggio cinese. Senza dimenticare un peso industriale tutto ‘made in PRC’ di cui difficilmente l’Ue potrebbe fare a meno.
Von der Leyen però tira dritto. In questi anni “abbiamo assistito alla nascita di un’Unione geopolitica, sostenendo l’Ucraina, opponendoci all’aggressione della Russia e rispondendo a una Cina assertiva”. Difende e rivendica quanto fatto, perché numeri e non solo numeri sono dalla propria parte. Di fronte alla pandemia di Coronavirus “abbiamo riavviato subito il nostro motore economico grazie a NextGenerationEU”, il programma per la ripresa. “Oggi ne vediamo i risultati: l’Europa è vicina alla piena occupazione. Invece di milioni di persone in cerca di lavoro, milioni di posti di lavoro cercano persone”.
Merito anche del programma SURE, la prima iniziativa europea in materia di lavoro a orario ridotto, con cui “abbiamo salvato 40 milioni di posti di lavoro”, rivendica con orgoglio von der Leyen. “Questa è l’economia sociale di mercato europea in azione”. E poi “abbiamo posto le basi per un’Unione della Salute“, non scontato visto che si tratta di materia di competenza nazionale.
Accanto al lavoro svolto c’è ancora quello tutto da fare. Se è vero che, come sostiene la presidente dell’esecutivo comunitario, “grazie a questo Parlamento, agli Stati membri e al mio team di Commissari, abbiamo realizzato oltre il 90 per cento degli orientamenti politici che ho presentato nel 2019”, c’è un 10 per cento non meno impegnativo. “Dobbiamo migliorare l’accesso al mercato del lavoro, soprattutto per i giovani e per le donne“. Qui l’Europa può poco, perché la materia è nazionale. Ma von der Leyen promette per il prossimo anno, sotto presidenza belga, un vertice delle parti sociali per ragionare su tutto questo.
Un‘azione che sa di mossa elettorale, un’offerta per i socialisti in vista delle elezioni europee alle porte. Perché del suo futuro non parla né si sbilancia, ma può tornare utile per un eventuale secondo mandato. Nel suo discorso tende una mano anche a quella parre dell’Aula con visioni più nazionalistiche e meno europeiste, quelle forze conservatrici che vorrebbero più parlamenti nazionali e meno istituzioni europee: “La Commissione organizzerà una conferenza internazionale sulla lotta al traffico di esseri umani“. Un annuncio, quello di von der Leyen, che ben ricalca sentimenti e orientamenti di leader quali Giorgia Meloni, che vuole meno partenze. Oggi la presidente dell’esecutivo comunitario torna a darle ragione. “È ora di porre fine a questo business insensibile e criminale”.
Annuncia partenariati in chiave anti-partenze e rimpatri. “Abbiamo firmato un partenariato con la Tunisia che porta vantaggi reciproci al di là della migrazione, e ora vogliamo lavorare su accordi simili con altri Paesi”. Lo dice nonostante all’Aula del Parlamento questo accordo piaccia poco, molto poco. Ma ragiona in termini elettorali, anche quando, dice che “abbiamo bisogno di immigrazione qualificata”. Strizza l’occhiolino alla sinistra e alla destra, e non solo per prendersi gli applausi che pure l’emiciclo non fa mancare.
Quindi sferza Consiglio e Parlamento Ue. Per il futuro, “sosterrò sempre quest’Assemblea e tutti coloro che vogliono riformare l’Ue per farla funzionare meglio per i cittadini”. Questo significa “anche attraverso una Convenzione europea e una modifica del Trattato, se e dove è necessario“. Ad ogni modo “non possiamo, e non dobbiamo, aspettare il cambiamento del Trattato per procedere con l’allargamento. L’adattamento dell’Unione all’allargamento può essere ottenuto più rapidamente”.