Bruxelles – Per ora le lingue ufficiali dell’Unione europea rimangono 24. Perché nella lista entrino anche il catalano, il gallego e il basco ci sarà da aspettare ancora, i tempi e i modi restano incerti, ma se ne può parlare. Madrid, dove tra l’altro il partito indipendentista catalano di Junts è al momento l’ago della bilancia nella formazione di qualsiasi ipotetico nuovo governo, ha presentato la sua proposta ai ministri per gli Affari Europei dei 27, che si sono detti “pronti per continuare a lavorare sulla questione”, rimandando il dialogo alle future riunioni.
“C’è stato un dibattito costruttivo, abbiamo inoltrato la proposta ai gruppi di lavoro del Consiglio e del Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti, ndr) per portare avanti le discussioni”, ha dichiarato Pascual Ignacio Navarro Rios, il segretario di Stato spagnolo per l’Ue, che ha presieduto il vertice di oggi (19 settembre) a Bruxelles. Niente di più, ma l’eventuale approvazione dello status ufficiale delle tre lingue ha sollevato dubbi, soprattutto di natura giuridica e finanziaria, presso diversi Paesi. E la decisione andrebbe presa all’unanimità.
A margine dei lavori, il ministro degli Esteri di Madrid, Josè Manuel Albares, si è sbottonato e ha raccontato la trattativa con qualche dettaglio in più: “Sono stati proposti periodi transitori, abbiamo proposto di iniziare prima con il catalano e poi con le altre due lingue“, ha dichiarato, perché inserire tre lingue simultaneamente comporterebbe un appesantimento importante della babele europea. Secondo Albares nessuno avrebbe “espresso un veto” contro la proposta, ma alcuni Stati membri hanno “chiesto più tempo per analizzare il suo sviluppo e attuazione”.
Madrid avrebbe indicato il catalano come la prima lingua da riconoscere come ufficiale perché è quella “i cui rappresentanti hanno chiesto più insistentemente che venga inclusa nella modifica del regolamento” e soprattutto perché è la più parlata, da “più di dieci milioni di persone“. Contro il gallego che è parlato dai quasi 3 milioni di abitanti della regione e il basco, parlato come madrelingua da circa il 20 per cento dei baschi e conosciuto in totale da non più di 700 mila persone.
La Spagna, ha sottolineato Albares, ha ribadito “il suo impegno ad assumersi i costi derivanti da questa riforma”, come già succede con il Consiglio e con il Comitato delle regioni, che consentono ai partecipanti alle loro riunioni di parlare catalano, basco e gallego se lo richiedono con almeno sette settimane di anticipo. Interpellato al briefing quotidiano con la stampa, il portavoce della Commissione europea Balazs Ujvari ha indicato qualche dato sulle dimensioni e sui costi della macchina linguistica dell’esecutivo comunitario: 2000 persone, di cui circa il 70 per cento traduttori, impiegate nel dipartimento che si occupa delle traduzioni, e 480 membri più 970 interpreti freelancer nel dipartimento interpreti. Il budget stanziato nel 2022 è stato di 355 milioni di euro.
Al tavolo con gli omologhi europei, il ministro degli Esteri spagnolo avrebbe spiegato “la specificità che costituisce il caso spagnolo nell’Unione”. Catalano, gallego e basco non sono infatti lingue minoritarie, ma lingue co-ufficiali riconosciute nella Costituzione spagnola, “a differenza di altri Stati membri dell’Unione in cui esistono anche lingue regionali”. È di oggi la notizia che, nonostante l’opposizione della destra, il Congresso di Madrid ha riconosciuto le tre lingue come lingue co-ufficiali di lavoro parlamentare.