Bruxelles – “Siamo consapevoli che il 30 per cento delle famiglie ha tassi di interesse ipotecari variabili, ma il nostro obiettivo è riportare l’inflazione al 2 per cento“. La presidente della Bce, Christine Lagarde, tira dritto. Neanche di fronte al problema mutui, sollevato nel corso dell’audizione in commissione Affari economici del Parlamento europeo, fa autocritica. Anzi. Ribalta le logiche di un dibattito politico incalzando gli Stati, e chiedendo al Parlamento europeo di fare tutto il possibile, in termini di pressioni e iter legislativo, per un nuovo patto di stabilità “entro la fine dell’anno” per poter dare ordine e forma alla crescita sostenibile, da un punto di vista climatico-ambientale e di conti pubblici.
Quello che doveva la politica monetaria è stato fatto, e non si torna indietro. “Il taglio dei tassi non è stato discusso nel comitato esecutivo” della Banca centrale europea, taglia corto Lagarde, che arriva a chiedere stessa determinazione e decisione anche agli altri attori dell’eurozona, a cominciare dai suoi Stati membri.
Ci arriva per gradi a questo invito. Inizia offrendo le prospettive dell’inflazione che, dopo l’intervento deciso sui tassi di interesse, “dovrebbe raggiungere il nostro obiettivo entro la fine del 2025”. Nello specifico si prevede che scenderà dal 5,6 per cento nel 2023 al 3,2 per cento nel 2024 e al 2,1 per cento nel 2025. Numeri a sostegno delle scelte che pure valgono a Lagarde critiche e malumori. Ammette che se l’inflazione è scesa da oltre il 10 per cento a ottobre al 5,2 per cento ad agosto “non è tutto merito della politica monetaria”, poiché “il calo dei prezzi dell’energia ha inciso sul calo generale dell’inflazione”. E’ qui che sposta l’attenzione dalla Bce ai governi nazionali.
“Siamo consapevoli che il costo dell’energia e dei carburanti ha un impatto sulle famiglie, ma con l’attenuarsi della crisi energetica, i governi dovrebbero continuare a ridurre le relative misure di sostegno per evitare di aumentare le pressioni inflazionistiche a medio termine”. Allo stesso tempo, le politiche di bilancio “dovrebbero essere progettate per rendere l’economia dell’area euro più produttiva e ridurre gradualmente l’elevato debito pubblico”. Vuol dire un patto di stabilità a misura di green economy.
“C’è una grande necessità di investimenti, soprattutto verdi e digitali, per allinearsi agli obiettivi degli accordi di Parigi sul clima ed essere certi che la crescita si basi sul modello verde più che su modelli vecchi come i combustibili fossili”. Anche per questo avere un accordo “è nell’interesse di tutti”. Ma Lagarde va oltre la valutazione politica e di agenda, e si avventura sulla natura delle riforme. Difende l’impianto della Commissione europea, che vorrebbe un patto di stabilità a immagine e somiglianza del piano per la ripresa, dove l’esborso dei fondo del Recovery Fund avviene solo dopo programma di misure concordate ed effettivamente attuate. “In questo modo nessuno Stato membro potrebbe dire ‘l’ha deciso Bruxelles…’”. Che vuol dire niente alibi.
Lei non ne cerca e non ne vuole. Ripete a più riprese che “il nostro obiettivo principale è la stabilità dei prezzi ed il ritorno tempestivo” ad un’inflazione al 2 per cento. Si va avanti così, dunque. Il livello di tassi verrà lasciato invariato per un po’, almeno queste le intenzioni. Comunque lasciate alla prova dei fatti, perché l’approccio continuerà a basarsi sui dati a disposizione. Quelli a disposizione fin qui dicono “che non vediamo recessione nel nostro scenario di base”, ma allo stesso tempo “l’inflazione energetica si è ripresa ad agosto rispetto al suo percorso discendente”. E’ ancora negativa, rimasta negativa al -3,3 per cento. Ma pur sempre un segnale.