Bruxelles – In un mondo sempre più incerto adesso l’Ue punta al rilancio della difesa navale. Un programma di cooperazione non solo militare, ma pure industriale, “se necessario”, per poter essere pronto a reagire a ogni tipo di minaccia. Il consiglio Affari generali riunito a Lussemburgo disegna un’agenda politica che intende rispondere alle priorità strategiche a dodici stelle e al tempo stesso mandare un messaggio al resto del mondo. La nuova strategia europea intende “proteggere i suoi interessi in mare e per proteggere i suoi cittadini, i suoi valori e l’economia, anche alla luce dell’aggressione militare Russia contro l’Ucraina”.
Sei gli obiettivi strategici attorno a cui si tende lavorare di qui in avanti. La prima è intensificare le operazioni mare. Vuol dire “organizzare esercitazioni di sicurezza marittima, comprese le esercitazioni navali annuali” tra Stati membri dell’Unione europea nelle aree marittime dell’Ue come in acque internazionali. Perchè l’obiettivo “è anche quello di coordinare la presenza di beni navali e aerei degli Stati membri in nuove aree marittime di interesse, sulla base del concetto di ‘Presenze marittime coordinate'”.
Secondo obiettivo: maggiore cooperazione con attori regionali e internazionali. In tal senso, recitano le conclusioni di fine lavori, “l’Ue intensificherà inoltre la sua cooperazione con la NATO in materia di sicurezza marittima, basandosi sui risultati conseguiti fino ad oggi e in linea” con la terza dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO del 10 gennaio 2023.
Più comunicazione e scambio di informazioni in materia di sorveglianza marittima è un altro tassello della nuova agenda dell’Ue. I ventisette, comunicando in un ambito di competenza nazionale come la difesa, compiono un ulteriore sforzo verso il superamento di logiche Paese, almeno a livello di impegno assunto e messo nero su bianco.
Ma è dalla priorità numero quattro che si inizia a intravedere la voglia di una difesa navale europea. La gestione di rischi e minacce pone una forte attenzione al miglioramento della capacità collettiva di risposta e e preparazione dell’Ue e dei suoi Stati membri per “gestire i diversi rischi e minacce per la sicurezza marittima“. Rischi che non sono di natura squisitamente militare.
Una linea d’azione chiave nell’ambito di questo quarto obiettivo è aumentare protezione delle infrastrutture marittime critiche quali gasdotti, cavi sottomarini, porti, impianti energetici offshore e terminali di gas naturale liquefatto (GNL) in tutti i bacini marittimi dell’Unione europea. Da questo punto di vista i Ventisette ministri si dicono d’accordo a “intensificare la cooperazione sullo sviluppo di un piano di sorveglianza regionale per le infrastrutture subacquee e offshore“. Ma c’è di più, perché “ulteriori azioni chiave – fa sapere il Consiglio dell’Ue – includono la conduzione di regolari esercitazioni marittime in tempo reale a livello dell’Ue, incentrate su settori quali la protezione degli atti e le minacce cibernetiche e ibride“.
Ma la difesa navale comune passa anche per l’industria. Il quinto obiettivo strategico della strategia europea riguarda “lo sviluppo delle capacità civili e militari nel campo della sicurezza marittima, coinvolgendo l’industria, se del caso“. Scenario per il momento ipotetico, ma pur menzionato e considerato dai Ventisette, pronti a “intensificare i lavori su diversi progetti di cooperazione strutturata permanente (PESCO) relativi alla sicurezza marittima”.
Per tutto questo serviranno preparazione e competenze tutte da acquisire. La priorità strategica numero sei è dunque “garantire un elevato livello di istruzione, competenze e formazione specializzate, indispensabile per l’Ue per affrontare le sfide attuali e future in materia di sicurezza marittima”. Questi sono i compiti per casa che i governi assegnano a loro stessi, con l’obiettivo di lavorarci insieme. In nome di una difesa navale comune.
L’approvazione di una strategia per la difesa navale comune è l’ultimo tassello di un percorso avviato nel 2017, quando la Cooperazione strutturata e permanente (PESCO) ha di fatto gettato le basi per l’Unione europea della difesa. Sempre nel 2017 l’Ue si è dotata, per la prima volta, di un fondo europeo specifico per la difesa, le cui dotazioni sono state anche aumentate, a riprova delle rinnovate intenzioni europee in materia.