Bruxelles – Dopo oltre cinque ore di discussione, i capi di stato e di governo dell’Ue riuniti per il Consiglio europeo sono riusciti a trovare una quadra comune sulla crisi in Medio Oriente. Tanto ci è voluto per limare – e ammorbidire ancora – il linguaggio scelto per la versione finale delle conclusioni del vertice. Nessuna richiesta di cessate il fuoco, passa la linea dell’appello per “corridoi umanitari e pause per necessità umanitarie” a Gaza. E contemporaneamente sparisce la “ferma condanna nei termini di tutte le violenze e ostilità contro tutti i civili”, sostituita dalla “deplorazione per tutte le perdite di vite civili”.
Sembrano dettagli, ma sono fondamentali per carpire il messaggio politico lanciato dai 27 leader Ue. Messaggio arrivato anche alle diverse centinaia di manifestanti che, in solidarietà al popolo palestinese, si sono dati appuntamento in serata a pochi metri dalla sede del Consiglio europeo, nel cuore del quartiere delle istituzioni europee a Bruxelles. I 27 alla fine hanno scelto di alleggerire le critiche sull’eccessivo uso della forza da parte dell’alleato israeliano. “Il Consiglio europeo enfatizza con fermezza il diritto di Israele a difendersi in linea con la legge umanitaria internazionale” e “condanna nei termini più forti possibili Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati”. I leader ribadiscono inoltre l’appello “per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”.
Troppo poco sulle vittime palestinesi dei bombardamenti israeliani, che secondo le stime del Ministero della Salute di Gaza – controllato da Hamas – sono già oltre 7 mila: i 27 non vanno oltre “l’importanza di assicurare la protezione di tutti i civili in ogni circostanza e in accordo con il diritto internazionale umanitario”. Per quanto riguarda l’accesso dei convogli di aiuti internazionali a Gaza, l’Ue chiede un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli” di “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Garantendo però che “tale assistenza non sia abusata dai terroristi”.
Passa così la linea dei Paesi più vicini a Tel Aviv, tra i quali hanno fatto sentire il proprio peso Germania e Austria. Al suo arrivo a Bruxelles, il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva indicato la sua priorità: “Chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Non solo, Scholz si è detto convinto che nelle sue operazioni militari l’esercito israeliano avesse sempre “rispettato le regole del diritto internazionale”. Chiaro il messaggio anche da parte del suo omologo austriaco, Karl Nehammer, che ha dichiarato che “tutte le fantasie sul cessate il fuoco e sulla cessazione delle ostilità hanno portato al rafforzamento di Hamas”.
Dall’altra parte c’era più di tutti il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha sposato la linea che è poi quella del segretario generale dell’Onu: Madrid voleva un “cessate il fuoco”, anche se realisticamente lo stesso Sanchez questo pomeriggio aveva ammesso che non sussistevano le condizioni per una tale richiesta. Nel gioco degli equilibri tra le 27 anime dell’Unione europea, Sanchez è stato accontentato su un altro punto: nella versione finale delle conclusioni si accenna al “supporto per organizzare presto una conferenza internazionale di pace“, che è la richiesta fatta a gran voce dal leader socialista spagnolo.
Alla conferenza stampa dei presidenti del Consiglio europeo e della Commissione europea, che tradizionalmente chiude il primo giorno di lavori, Charles Michel e Ursula von der Leyen hanno espresso soddisfazione e rivendicato l’unità europea, su cui dall’inizio della crisi in Medio Oriente in molti avevano espresso dubbi. Ma nelle loro parole, ancora una volta, è riemersa la distanza tra due linee che continuano e rimanere solo parallele. La presidente dell’esecutivo Ue, per quanto rientrata nei ranghi dopo due settimane in cui ha provato a tracciare da sola la linea estera dell’Unione, prosegue nella sua retorica di sostegno incondizionato a Israele: “Dobbiamo combattere Hamas, è un’organizzazione terroristica che va distrutta“, ha dichiarato von der Leyen, sottolineando l’importanza “che tanti leader siano in Israele per ascoltare e parlare molto chiaramente della necessità di esercitare il diritto all’autodifesa in linea con il diritto internazionale”.
Michel ha preferito insistere invece su un altro punto: l’assedio totale di Gaza “non è in linea con il diritto internazionale“. Per il leader del Consiglio europeo “c’è un aspetto chiarissimo: il serio deterioramento della situazione umanitaria a Gaza”, e per questo “l’Ue dovrebbe fare tutto il possibile per aiutare a risolvere la questione dell’accesso dell’aiuto umanitario”. Che ne voglia l’unità dei 27, ogni volta che i due leader parlano della crisi in Medio Oriente salta all’occhio la distanza tra le istituzioni europee.