Bruxelles – La proposta di riforma del patto di stabilità come messa sul tavolo dalla Commissione europea non va. Affronta solo parzialmente le storture che il processo di coordinamento delle regole di bilancio porta con sé, e le novità avanzate, sia pur comprensibili, rischiano di dividere ancora di più gli Stati membri. La Corte dei conti dell’Ue irrompe nel dibattito sulla governance economica a dodici stelle con un rapporto che rischia di influire sul confronto.
Uno dei punti di maggiore criticità riguarda i percorsi di aggiustamento dei conti pubblici personalizzati. La Commissione ha proposto di stabilire percorsi di riduzione del debito specifici per Paese utilizzando solo la spesa netta, un indicatore osservabile che è sotto il controllo del governo, al momento di definire i percorsi di risanamento di bilancio e di effettuare una sorveglianza annuale delle finanze pubbliche. E’ qui che si annida il problema. I revisori di Lussemburgo rilevano che “sebbene la Commissione calcoli la traiettoria tecnica per la spesa netta, in ogni caso il percorso di risanamento con riferimento a quest’ultima è stabilito dallo Stato membro e può deviare dalla traiettoria tecnica se è basato su ipotesi diverse da quelle utilizzate dalla Commissione“.
Non solo. Proprio per questo diverso modo di vedere e calcolare le cose, tra il dire e il fare lo scostamento rischia di essere la regola. “Anche se qualsiasi scostamento deve essere motivato, il risanamento di bilancio rischia di essere rinviato”, continua la relazione. Detto in altri termini, con la riforma del patto di stabilità così come proposta dall’esecutivo comunitario i governi nazionali potrebbero non attuare il necessario risanamento di bilancio. Basta che gli Stati membri utilizzino ipotesi di crescita più ottimistiche rispetto a quelle della Commissione, spiegano i revisori. In questo modo “il rapporto debito/PIL risulterebbe inferiore e ne conseguirebbe un risanamento di bilancio insufficiente“.
Questi rilievi danno forza al fronte dei Paesi nordici che tradizionalmente prestano maggiore attenzione al rigore che alla flessibilità. In modo diverso Germania e Paesi Bassi insistono sulla necessità di avere riduzione del debito credibile, misurabile e reale. E’ questa la condizione che a Berlino e Amsterdam si vuole per il nuovo patto di stabilità. Con il silente appoggio dei soliti noti (Danimarca, Svezia, Austria).
Si riconoscono certamente i passi avanti. “La riforma proposta cerca di affrontare molti nodi presenti nell’attuale quadro di governance economica che noi, in quanto autorità di audit per l’Ue, segnaliamo da anni”, ammette François-Roger Cazala, il Membro della Corte responsabile dell’analisi. “Ma la sfida principale sarà assicurare un risanamento di bilancio tempestivo ed efficace che promuova la sostenibilità del debito e sostenga, al contempo, la crescita e gli investimenti”. Esattamente quello su cui insistono i Paesi più intransigenti.
L’analisi della Corte dei conti Ue rischia di risultare poco utile al confronto anche per le tempistiche. Arriva in un momento in cui il tempo utile per l’accordo definitivo per il nuovo patto di stabilità è agli sgoccioli. Si vorrebbe un’intesa entro fine anno, così da dotare l’Unione di nuovo quadro comune e dare fiducia a mercati e investitori. Le considerazioni che arrivano da Lussemburgo non aiutano la tabella di marcia.