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Home » Politica » Riforma etica dell’Eurocamera post-Qatargate: la coperta è corta

Riforma etica dell’Eurocamera post-Qatargate: la coperta è corta

La mediatrice Ue Emily O'Reilly preoccupata per l'effettiva attuazione e applicazione delle norme approvate a settembre dal Parlamento europeo. Pronto il pacchetto della Commissione Ue per limitare l'influenza di Paesi terzi

Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
11 Dicembre 2023
in Politica
corruzione riforma etica

Bruxelles – Un anno fa, in un’Aula di Strasburgo stordita dalle notizie che arrivavano dalla procura belga su casi di presunta corruzione all’interno dell’Eurocamera, la presidente Roberta Metsola prometteva un piano di riforme per scongiurare nuovi Qatargate. A tempo record, le modifiche al regolamento interno al Parlamento europeo sono entrate in vigore lo scorso 1 novembre. Ma anche nelle istituzioni Ue c’è chi solleva alcuni dubbi.

L’allarme arriva da Strasburgo, dove risiede il Mediatore europeo (Ombudsman), figura indipendente che indaga sulle denunce relative a casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni o di altri organi dell’Ue. Emily O’Reilly, che ha seguito da vicino il processo di riforma incentrato sui 14 punti proposti da Metsola, si è detta “preoccupata circa l’attuazione e l’applicazione” delle norme approvate dall’emiciclo Ue lo scorso 13 settembre.

“Un quadro etico credibile richiede risorse adeguate, un’attuazione e un’applicazione rigorosa, ma non è ancora chiaro se questi elementi siano presenti”, ha dichiarato O’Reilly. Il nodo principale – fa notare la mediatrice Ue – è che “il quadro di base per la regolamentazione della condotta etica da parte degli eurodeputati è rimasto invariato”. Prevede cioè ancora che l’interpretazione e l’applicazione del codice di condotta rimanga di competenza dei membri stessi dell’Aula, così come le eventuali sanzioni per violazioni del Codice, che si basano su raccomandazioni fornite da un comitato consultivo composto interamente da eurodeputati.

Sono in particolare tre le questioni che destano maggiore preoccupazione. O’Reilly accende i riflettori sul rischio di una riforma di facciata: “Non è chiaro – sottolinea – come il Parlamento monitorerà e applicherà le nuove regole”, ad esempio il periodo di cooling off previsto per gli eurodeputati a fine mandato e l’obbligo di registrare gli incontri con i lobbisti. In secondo luogo, pur evidenziando il ruolo più “proattivo” conferito al comitato interno che controlla il rispetto del codice di condotta, “alcuni dettagli rimangono poco chiari, incluso il modo in cui nella pratica il comitato riceverà e agirà in base alle segnalazioni riguardanti presunti illeciti”.

O’Reilly porta a galla infine una sorta di contraddizione in termini, cioè “l’inadeguata trasparenza” del processo di riforma per assicurare una maggiore trasparenza. Lente d’ingrandimento puntata soprattutto sulle decisioni adottate dall’Ufficio di presidenza dell’Eurocamera: “In futuro – suggerisce la Mediatrice Ue – il pubblico dovrebbe essere in grado di controllare le decisioni interne di significativo interesse pubblico”.

La Commissione Ue stringe le maglie sulle ingerenze di Paesi terzi

Nel frattempo, la Commissione europea è pronta ad aggiungere un altro mattoncino al muro che le istituzioni Ue stanno cercando di erigere contro ingerenze esterne e fenomeni di corruzione. Dopo il Comitato etico interistituzionale, criticato da diversi gruppi politici per la mancanza di poteri investigativi e sanzionatori, domani (12 dicembre) la vicepresidente dell’esecutivo Ue, Vera Jourová, presenterà un nuovo pacchetto legislativo sulla “Difesa della democrazia”: oltre a varie misure per promuovere elezioni libere ed eque, intensificare la lotta contro la disinformazione e sostenere la libertà e il pluralismo dei media, la parte del leone dovrebbe farla il capitolo dedicato alle nuove norme per aumentare la trasparenza delle attività di lobbying nei processi decisionali comunitari. Con un esplicito riferimento alle “attività portate avanti per conto di Paesi terzi”.

Il tentativo delle istituzioni europee di ripulirsi l’immagine, sporcata dall’eco mediatica che ha avuto il Qatargate, è una corsa contro il tempo. Perché a giugno i cittadini dell’Ue sono chiamati alle urne per rinnovare l’Aula comunitaria. “Lo scandalo Qatargate ha minato la reputazione del Parlamento europeo agli occhi di molti cittadini dell’Ue. In vista delle elezioni europee del prossimo anno, il Parlamento deve ora dimostrare che sta facendo tutto ciò che è in suo potere per tutelare la propria integrità e credibilità”, ha ammonito ancora Emily O’Reilly.

Tags: corruzioneombudmanparlamento europeoqatargate

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