Bruxelles – Oltre 20 mila esemplari in tutto il territorio comunitario: una vittoria per la conservazione della specie, un rischio per i bestiami e le comunità rurali. Oggi (20 dicembre) la Commissione europea rompe gli indugi e propone di modificare lo status di protezione del lupo, da specie “strettamente protetta” a solamente “protetta”.
Quello sul lupo è un dibattito che tiene banco da anni, ma su cui Bruxelles ha impresso una decisa accelerazione negli ultimi mesi. A settembre l’esecutivo Ue aveva invitato “le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate” a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi e sui loro impatti: dalla loro analisi, la decisione di passare all’azione. Popolazioni di lupi “notevolmente aumentate negli ultimi due decenni” e che “occupano territori sempre più vasti”, che comportano “crescenti conflitti con le attività umane, in particolare per quanto riguarda i danni al bestiame, con forti pressioni su aree e regioni specifiche”.
Per poter adeguare lo status di protezione del lupo alla fotografia scattata dalla Commissione Ue, il primo passaggio è intervenire sulla Convenzione internazionale di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei, di cui sono parti l’Ue e i suoi Stati membri. Che si basa ancora sui dati scientifici disponibili al momento dei negoziati del trattato, nel 1979. Dovrà essere il Consiglio dell’Ue a chiedere di rivedere la Convenzione, precondizione per qualsiasi modifica simile al suo status a livello europeo.
In Italia l’Ispra ha stimato la popolazione di lupi intorno ai 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola. Alla notizia della proposta Ue ha esultato immediatamente il ministro dell’Agricoltura italiano, Francesco Lollobrigida, che ha definito “auspicabile e doverosa” la revisione dello status di protezione, “per garantire la sopravvivenza di altre specie messe a rischio dalla eccessiva proliferazione di questo animale“. Ha rincarato la dose la Coldiretti, ricordando “le migliaia di pecore e capre sbranate, mucche sgozzate e asinelli uccisi lungo tutta la Penisola”, che hanno portato alla “chiusura delle attività e all’abbandono della montagna”. Di tutt’altro tenore il commento che arriva dal Wwf, che parla di “un annuncio oltraggioso che non ha alcuna giustificazione scientifica ma è motivato esclusivamente da ragioni personali e mina non solo lo status di protezione del lupo, ma con esso tutti gli sforzi di conservazione della natura nell’Ue”.
L’obiettivo della Commissione è in effetti quello di poter introdurre ulteriori flessibilità alla tutela dei lupi. “Per gestire più attivamente le concentrazioni critiche di lupi, le autorità locali hanno chiesto maggiore flessibilità. Il livello europeo dovrebbe facilitare questo processo e il processo avviato oggi rappresenta un passo importante”, ha spiegato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Anche se lo stesso esecutivo Ue “sollecita le autorità nazionali e locali a intraprendere le azioni necessarie nel quadro attuale”. Perché l’attuale direttiva Habitat consente già agli Stati membri di agire in deroga agli obblighi di tutela dei grani carnivori, se non bastano le misure di prevenzione o di riduzione dei rischi di predazione. Gli investimenti in misure di prevenzione “rimangono essenziali”, ha chiarito il Commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, assicurando che “la Commissione continuerà a sostenere le autorità nazionali e locali con finanziamenti e orientamenti per promuovere la coesistenza con il lupo e i grandi carnivori in generale”.
Perché l’adattamento dello status giuridico non significherebbe in ogni caso il via libera ad abbattimenti sistematici: l’obiettivo giuridico generale – sottolinea la Commissione europea – rimane sempre “il raggiungimento e mantenimento di uno stato di conservazione favorevole per la specie”.