Bruxelles – La crisi in Medio Oriente travalica i confini terrestri e arriva in mare, mettendo in discussione e a rischio i flussi commerciali. Da quando Hamas ha lanciato la propria offensiva contro lo Stato ebraico, un altro soggetto ha scelto di prendere parte al conflitto: si tratta degli Houthi, gruppo islamico radicale yemenita che sta conducendo atti di pirateria nel mar Rosso. L’obiettivo sono tutte le navi dirette verso Israele, ma sono in molti ad aver iniziato a riconsiderare le proprie rotte commerciali. Il transito lungo il canale di Suez si sta riducendo, con tutte le incognite e le ricadute del caso.
La Commissione europea è consapevole dei rischi per l’economia. Il collegamento Europa-Asia attraverso la circumnavigazione del continente africano è un problema in termini di approvvigionamenti e consegne, da un punto di vista di tempi e, soprattutto, di costi. Le navi portacontainer iniziano a essere dirottate verso il Capo di Buona Speranza, sulla punta meridionale dell’Africa, aggiungendo migliaia di miglia ai viaggi, aumentando il costo delle spedizioni dall’Asia all’Europa e accrescendo la prospettiva di un rinnovato shock inflazionistico. Anche perché, con l’aumento dei rischi di pirateria e le incertezze del commercio via mare, anche il costo della assicurazioni per le compagnie potrebbe essere aggiornato al rialzo.
“Stiamo monitorando la situazione molto da vicino, anche per il suo potenziale impatto sui flussi commerciali e sui prezzi dei prodotti alimentari, ma non abbiamo dati specifici da fornire a questo riguardo”, fa sapere un portavoce dell’esecutivo comunitario interpellato da Eunews. Difficile dunque, per il momento, avere una panoramica degli impatti, che rischiano però di essere ‘salati’.
La sola Italia ha in ballo valori per 154 miliardi di euro. A tanto ammonta il valore dell’import-export italiano marittimo che transita per il canale di Suez. Dover ‘dirottare’ le navi implica certamente ritardi in carico e scarico anche da e per i porti italiani, soprattutto quelli di Genova, La Spezia, Trieste e Gioia Tauro, principali scali nazionali per container e carichi energetici. Uno degli scenari che si profila per il breve periodo, secondo il centro studi SRM, è che le navi potrebbero non entrare nel Mediterraneo sbarcando nel Nord-Europa. Nel medio termine non dovrebbero esservi ripercussioni sui volumi totali dell’Italia, poiché le spedizioni per la maggior parte, giungeranno comunque a destinazione seppur con ritardi diffusi.
Ma lo stretto egiziano ha un peso sull’economia globale, non solo tricolore. Rappresenta il 12 per cento del commercio mondiale in termini di transiti di merci in commercio internazionale, un dato che aumenta fino al 30 per cento se si considerano i container. Da qui passa ciò che serve per il settore primario: il 14,6 per cento dell’import mondiale di prodotti cerealicoli passa da Suez, al pari del 14,5 per cento dei fertilizzanti usati in agricoltura.
Dopo i rischi di crisi alimentari sulla scia del conflitto russo-ucraino per il grano fermo nel porto di Odessa, il 2024 sembra aprirsi con scenari di rinnovate crisi della stessa natura, con le ricadute del caso per l’economia, in Italia, come nell’Unione europea.
Le incertezze di oggi appaiono come il frutto dei fallimenti dell’UE in politica estera. Gli Houti, sciiti e sostenuti dall’Iran, noti anche come ‘partigiani di Dio’ (Ansar Allah), hanno preso il potere nel 2015 con la forza, e controllano oggi gran parte dello Yemen occidentale più la capitale Sana’a. Da quando lo Yemen è caduto in guerra civile, l’UE ha cercato una mediazione politica che non ha prodotto alcun risultato, nonostante gli appelli di attori della regione, quali la Giordania, che pure aveva chiesto una politica estera seria per il Medio Oriente. Gli aiuti umanitari che pure l’UE ha garantito allo Yemen non sono bastati a risolvere una situazione di instabilità che oggi presenta il conto.